LOFFREDI E DINTORNI

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I tre giorni delle battagli di Giuliano di Roma - Copia

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Il 28 maggio 1944 alle ore 8,30 le truppe franco marocchine del battaglione Girard provenienti da Villa Santo Stefano e lungo un fronte che va da Valcatora a Santa Lucia, risalgono verso nord per conquistare il comune di Giuliano di Roma. Questa facile avanzata viene però interrotta da mitraglieri tedeschi posti sulla collina di San Martino che in numero limitato di uomini e mezzi cercano di fronteggiare l’impeto dei militari alleati. Durante tale breve scontro viene ucciso il caporale maggiore Ludwig Henze, due vengono feriti e fatti prigionieri mentre altri due tedeschi riescono a fuggire. L’attacco al paese lepino non avviene solo lungo la direttrice sopra indicata, ma anche dal Siserno. Lungo la cresta della montagna si muovono, infatti, soldati del 6° Reggimento Tiratori Marocchino. Costoro il giorno prima sono stati i vincitori della battaglia di Campo Lupino. In mattinata alcuni di questi dal Macchione scendono a Villa Santo Stefano ricongiungendosi a quelli provenienti da Amaseno, mentre altri proseguono per la Punta dell’Orticello.
Una parte di questi ultimi alle ore 10,10 scende a Giuliano, si unisce ai franco marocchini provenienti da Colle San Martino e insieme provano a entrare in paese, ma l’operazione si dimostra molto più complessa. I combattimenti nel territorio avvengono quasi contemporaneamente: sul Siserno alle ore 14 alla Punta dell’Orticello, alle ore 16 al Pozzo di Giorgio e nel centro abitato alle ore 14.
Ma seguiamo gli incerti avvenimenti.
Lo scontro alla Punta dell’Orticello era atteso dai tedeschi, appostati in buche di pietra circolari, già dall’alba. Attaccheranno i marocchini di sorpresa ma questi riusciranno a resistere fino alle sedici quando un potente fuoco dei tiratori del 6° RTM risulterà decisivo a conquistare la Punta. In questo stesso luogo verrà ucciso da un marocchino, senza alcun motivo, il giovane Umberto Luzi.  Alle ore 14 arrivano nel paese carri armati e altri tiratori franco marocchini mentre i tedeschi cannoneggiano il paese, bersagliando case dell’abitato, di campagna e la strada della Fontana. Inoltre viene colpita la strada che dalla Madonna delle Grazie arriva alla Palombara.
Alle ore 15, senza un motivo valido, alle forze alleate viene dato l’ordine di arretrare pertanto alle 15,30 i tedeschi rioccupano il paese.
Ma gli scontri non sono terminati perché ai carristi della 756° alle ore16 viene ordinato di attaccare e i carri americani Sherman ritornano. Ma l’altalena di indecisioni prosegue ancora. Infatti  alle ore 19,30 alle forze alleate viene dato di nuovo l’ordine di arretrare, e alle ore 22 il paese è di nuovo in mano tedesca.
E’ sconcertante la sequela di ordini e contrordini impartiti ed è impossibile capirne le motivazioni.

Alle prime luci del 29 maggio l’artiglieria tedesca continua a cannoneggiare le aree  occupate dagli alleati. Questi ultimi piazzati in località Colli, Collespina e Fontanelle, rispondono con maggiore intensità. Alle ore 8,42 i tedeschi si installano nel Santuario della Speranza e dietro i muri del Cimitero. Nel frattempo i colpi dell’artiglieria alleata sono sempre più mirati e colpiscono il Santuario danneggiando i tetti, le mura del pianterreno, una parte del campanile e la scala interna che crollano. Il possente cannone  posto nelle vicinanze rotola nel prato sottostante. Viene anche danneggiato il cimitero.  Alle 10,40 gli alleati dopo aver avuto il sostegno di uno Sherman, di un cingolato francese e di un plotone del 1°battaglione  RTM occupano il Santuario difeso da un blindato tedesco posto dietro le mura del Cimitero, che con facilità viene messo fuori combattimento. I tedeschi fuggono verso la Palombara e nell’interno della chiesa viene trovato il corpo senza vita di Werner Huxolt.
I combattimenti si spostano alla Palombara e sul monte Calciano.

Il  30 maggio al colle della Palombara, considerato punto strategico, la battaglia si inasprisce e a Calciano alcuni tedeschi come ultimo atto di difesa, affrontano con la baionetta il nemico. Nello scontro muoiono sei marocchini e 14 tedeschi.
Nella località " Fontana del prete" muore Cataldo Farallo colpito da schegge.
I marocchini continuano a saccheggiare, rubare o stuprare sia al centro del paese che in campagna. Tale scempio proseguirà anche nei giorni successivi. Si aggireranno nelle case in cerca di oro e di donne ma si approprieranno di qualunque cosa colpisca la loro attenzione: biancheria, prodotti alimentari e animali, dalle galline alle capre alle mucche.
Per quanto riguarda il lato più triste e malvagio del loro comportamento, ovvero gli stupri, alcune persone con determinazione organizzano la difesa delle donne. Da testimonianze raccolte ci risulta che in paese la cantina del podestà Anticoli Borsa e lo scantinato della "Fabrica" servono allo scopo e così anche la cantina della famiglia Maselli difesa coraggiosamente da un gruppo di uomini che accerchiando i marocchini che si presentano a chiedere le donne riescono con veemenza a farli desistere.  
Va ricordata anche l’esperienza avvenuta nella Valle di monte Acuto dove si organizza la difesa delle donne rifugiandole non solo nella casa colonica dei Farallo, ma organizzandosi fra famiglie opponendo cosi un’unica resistenza.
Nella valle sono presenti tanti sfollati provenienti oltre che da Giuliano di Roma anche da Frosinone e da altri comuni, ospitati presso le poche case esistenti o rintanati in grotte. In quell’angolo remoto  si riteneva essere fuori dai pericoli della guerra, ma è li che i marocchini transitano per superare la montagna e riunirsi agli  altri che sulla via carpinetana si stanno dirigendo verso Montelanico.
Il dottore Dario de Santis ideatore della iniziativa per difendere le donne,  nel libro di Don Alvaro Pietrantoni " La seconda guerra mondiale a Giuliano di Roma" parla di un centinaio di donne ospitate nel caseggiato e di un cinquantina di uomini  a difesa del caseggiato stesso. Lo stesso medico recatosi al comando francese, da poco insediatosi presso la zona Casali, racconta gli stupri commessi e chiede  al colonnello  una adeguata scorta armata che garantisca a tutti il rientro nel paese senza incidenti. La richiesta viene accolta e il comandante dispone che un drappello armato comandato da un maresciallo originario della città di Antibes, protegga il ritorno degli sfollati.
Il dottore, infatti  racconta che il 31 maggio "…. si formò cosi una lunga colonna di uomini, donne, vecchi e bambini, con pecore, capre e galline che si snodò lungo la valle di Monte Acuto, Pietralata e della Madonna delle Rose, passando attraverso continue postazioni di truppe alleate". Alcune donne facenti parte della colonna umana ricordano infine di aver visto due  soldati marocchini, colpevoli di stupri, legati ad un albero dai loro superiori e completamente denudati. Prima di terminare riportiamo quello che Marco Felici scrive nel suo libro " Quando passò la battaglia " a proposito degli atti di violenza perpetrati dai soldati del Corpo di Spedizione Francese "…. ma non tutti i francesi ebbero lo stesso ignobile comportamento, in località Montano Narducci, sempre in Giuliano di Roma un sottufficiale francese si sparò un colpo di moschetto sotto il mento suicidandosi. Accanto a lui fu trovato un messaggio che descriveva le bestialità verso la popolazione a cui aveva dovuto assistere e che lo avevano portato al disperato gesto".
In questo anno di rievocazioni e approfondimenti è giusto ricordare non solo quei casi in cui  la popolazione si difese con i pochi strumenti a disposizione ma anche quelle poche volte in cui gli ufficiali francesi seppero reagire alle violenze o prevenirle.

Lucia Fabi Angelino Loffredi   


 
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