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Il forte arretramento del DS nella provincia di Frosinone, in occasione delle elezioni del 13 maggio, sollecita un urgente e doveroso approfondimento sulle cause che lo hanno determinato poiché si tratta di una sconfitta molto più grave rispetto all’andamento nazionale.
Una discussione ed un adeguamento sarebbero stati ugualmente necessari pur in presenza di un successo. Anche a Roma, Napoli, Torino e la dove l’Ulivo ha ottenuto un risultato positivo alle elezioni amministrative un esame, sullo stato del partito, è necessario ugualmente perché il voto ed il ruolo del DS non appaiono decisivi e trainanti. Tutti i problemi, pertanto, anche in queste realtà rimangono aperti ed insoluti di fronte a nuove scadenze e dei nuovi impegni.
Conoscere per capire ed intervenire
Non possiamo prescindere da un esame attento ed oculato di quello che è cambiato nella ns. provincia dal 96 ad oggi.
Declino industriale e riduzione dell’occupazione nelle grandi fabbriche e di converso quello che è stato fatto e si sta facendo per i piani di area e di settore insediamento e crescita delle piccole industrie, artigianato. Necessità di conoscere come si trasforma l’agricoltura, nasce l’industria turistica, si espande l’agriturismo. Verificare i risultati ottenuti con le leggi che finanziano l’impresa femminile e il prestito d’onore. Quali caratteristiche hanno le nuove imprese e la nuova ditta individuale: servizi finanziari, tecnologia disamina dei nuovi proletari, quelli che lavorano nei supermercati e più in generale nei lavori flessibili. Non tanto per mettere in discussione i relativi contratti quanto per l’applicazione degli stessi: rispetto degli orari e dei ritmi, pagamento degli straordinari, festività, ferie.
Più in generale va guardata con grande preoccupazione l’assenza in questi settori di sindacalizzazione e come crescano aree di lavoro senza tutela e senza diritti.
La mancata attenzione alle nuove realtà ed alle nuove forma dell’impresa con le varie dinamiche innescate oltre la non conoscenza di idee emergenti e di nuovi stili di vita che si stanno affermando costituiscono il vero grande dramma che grava sul partito dei DS. Non può esserci la pur minima possibilità di lavoro politico se non si conosce la realtà, le aspettative, gli interessi che si debbono tutelare.
Autonomia non vuol dire separatezza ed estraneità
Va verificata l’assenza di collegamenti e rapporti di qualsiasi tipo con il nuovo associazionismo, con il movimento democratico e la sinistra giovanile.
Nel rispetto delle reciproche autonomie vanno sollecitati collegamenti per innescare sinergie, utilizzare saperi e conoscenze, alzare il livello della difesa dei diritti del lavoro della difesa dell’ambiente, dei consumatori e dei malati. Evitare che l’autonomia diventi separatezza, indifferenza , estraneità.
Un diverso rapporto fra Sindaci-
La legge ha affidato compiti nuovi ed impegnativi ai Sindaci; sono stati svincolati dalla supremazia del Consiglio Comunale. Oggi non esiste più un condizionamento, infatti, sono usciti da una situazione di " sovranità limitata".
La legge è stata utile e salutare perché con l’alto grado di polverizzazione dei gruppi nelle assemblee elettive, tendenze anarchiche e conflittualità diffusa avremmo avuto instabiltà, crisi a ripetizione ed inevitabili convocazioni di elezioni. Niente rimpianti, dunque, verso la vecchia legge ma necessità di adeguare il partito rispetto alla nuova realtà legislativa.
Se andiamo ad esaminare quello che sta succedendo ci accorgiamo, comunque, che i riflessi nella vita interna di partito sotto alcuni aspetti non sono positivi e meritano immediati interventi.
Da una parte si è portati a pensare che le adesioni espresse ai Sindaci il giorno delle elezioni possano essere durature ed esaustive. Ma un conto è la legittimità dei Sindaci ad utilizzare la legge fino in fondo altro è il governo dell’opinione pubblica e la realizzazione di programmi di innovazione e cambiamento. La realizzazione di un programma di innovazione e di cambiamento non è una marcia trionfale, non può essere considerata una passeggiata fuori porta perché rimangono sempre aperti gli interessi che confliggono, le scelte da fare con il consenso ed i rapporti di forza veri e propri. A volte invece il voto induce i Sindaci a ritenere che si possa fare a meno del Partito o del consenso organizzato, che per governare sia sufficiente stare "nella cabina di comando".
Ma c’è un ritardo di tutti ad adeguarsi alla nuova realtà, sia dei gruppi consiliari che delle sezioni, pertanto, prima si interviene e si corregge e prima eviteremo l’insorgere di altre difficoltà.
Non è stato raggiunto, finora, nell’agire quotidiano, un nuovo equilibrio di competenze, responsabilità, reciproca comprensione. Si ragiona ancora con la testa rivolta al passato. Il Consiglio Comunale non ha più la prerogativa di eleggere il Sindaco e di condizionarlo ma non ha pienamente esercitato il potere che gli spetta: programmazione, indirizzo, controllo, politiche di bilancio e regolamentazione in genere. Ruolo ed atti che appaiono, alla luce di questa prima esperienza, difficili e complessi da esercitare perchè inducono a politiche di rigore e non a elargizioni di piaceri. A tutto ciò bisogna aggiungere il fatto che la legge assegna ai funzionari del comune nuovi compiti e maggiore autonomia. Mentre la legge assicura al Sindaco ed ai funzionari prerogative certe e definite, i Consiglieri ancora tardano ad espletare un proprio ruolo tale da essere definito alto e ben produttivo, pertanto, sentono di vivere una vita amministrativa grama e marginale. La vecchia legge assicurava ai Consiglieri un sostanziale potere d’interdizione, interventi per gli incarichi, scelte anche quotidiane. Il nuovo ruolo non viene esercitato con comprensione e decisione ma esso è accompagnato da uno stato d’animo mortificato e di esclusione.
Non dissimile è il ruolo della sezione, spesso non in grado di partecipare al governo delle grandi scelte.
Difficilmente nella sezione si concludono i lavori con prese di posizione legate alla politica delle grandi questioni e la vita della comunità locali.
Molto spesso i conflitti fra Sezione e Sindaci avvengono su questioni di potere, perché manca un vero punto di equilibrio politico. Non si risolve questo dualismo facendo riferimento alla legge ma con la politica, partendo dal fatto che si ha bisogno di tutti e due i soggetti per realizzare i programmi e per vincere le elezioni..
Il peso delle corporazioni
Esiste una concausa fra il mancato ruolo nazionale, egemone, nella concezione gramsciana, della borghesia e la diffusione delle forme corporative in Italia?. Se il fascismo del corporativismo fece una ideologia e ne costruì le forme reali, la DC pur senza arrivare a teorizzazioni e imposizioni, lo prosegui e lo alimentò in forme non istituzionali ma ugualmente pregnanti e decisive.
La presenza di forme corporative crea lacci e freni nell’economia, non ne permette lo sviluppo, non favorisce il libero mercato nè di ben competere a livello internazionale.
L’adesione alla moneta unica ed all’idea di Europa è un sentimento più diffuso fra i cittadini che fra settori e pezzi importanti dell’economia che hanno guardato con diffidenza alle scelte europeiste. Ancora oggi esistono numeri chiusi per l’attività di notai e per le farmacie; sono ancora esistenti ordini e vari albi professionali; le stesse parcelle di alcuni professionisti vengono firmate dagli ordini, non permettendo cosi una stimolante concorrenza. Unica esperienza nel mondo ancor oggi esiste un doppio registro automobilistico (PRA e Motorizzazione). Permane ancora l’assurdo l’obbligo per le Agenzie di Viaggio di avere un Direttore Tecnico iscritto all’albo. Ecc.ecc.
Queste situazioni di indiscutibile arretratezza e irrazionalità insieme alla inefficienza della pubblica amministrazione ed al pessimo stato dei servizi penalizzano l’insieme del sistema economico, non ne permettono il pieno dispiegamento.
Aver istituito l’Autocertificazione è stato un grande fatto per la riduzione dei tempi d’attesa, la scomparsa di file e di costi. Un evento ancora più eccezionale potrebbe essere lo Sportello Unico funzionante nell’interno di ogni realtà comunale per la semplificazione che si offre a chi vuole fare impresa, per le eliminazioni di esami e istruttorie e di vari passaggi fra enti ed istituzioni che si ostacolano per affermare loro poteri e mortificare quelli del cittadino-
Riformare il capitalismo, dunque, eliminare le parti parassitarie ed improduttive che ancora permangono. Riformare contestualmente il Welfare facendo in modo che esso stesso sia elemento di crescita e sviluppo e non un peso; sviluppare altresì politiche sociali che riducano l’area della povertà ed accorcino le distanze fra ricchi e poveri: questa dovrebbe essere la missione del nuovo partito della sinistra.
Al centro bisogna mettere l’interesse dei cittadini, affermazione molto spesso enunciata ma poco perseguita nell’agire politico quotidiano.
Bisogna quindi essere attenti ai servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione: trasporti, ambiente con tutto quello che significa nella difesa delle risorse idriche , discariche, raccolta differenziata. Migliorare l’efficienza della sanità e della scuola, in particolare modo ora alla luce di tutti i tentativi ufficiali e di fatto per privatizzare questi settori.
Mantenere aperta la prospettiva riformatrice
Le privatizzazioni, la riduzione della spesa pubblica, le poche assunzioni nel comparto pubblico e le tante nel mondo privato, modificano notevolmente lo scenario ed il ruolo dei politici, molte volte nel passato impegnati a trovare posti di lavoro, ad elargire pensioni, a favorire promozioni e raccomandazioni, a distribuire elargizioni. Se si riduce l’area dell’intervento pubblico i nuovi politici dovranno inevitabilmente adeguarsi alle nuove situazioni ed al nuovo contesto. Dovranno adeguarsi: studiare di più, prima di tutto, essere capaci di programmare, indirizzare, essere attenti all’organizzazione dei servizi e alla loro efficienza, porre attenzione ad nuovi legami che passano nelle politiche di bilancio fra Stato-
L’osservazione che si può sollevare, anche se apparirà sgradevole e contro corrente, è che le leggi, pur essendo ancora inadeguate, sono comunque più avanti della cultura del nuovo personale politico e dell’insieme dei partiti.
Radicare un nuovo soggetto politico
L’esperienza positiva di cinque anni di centro sinistra, i risultanti importanti realizzati, il nuovo dinamismo dato all’economia, il superamento di tante incrostazioni, ha coinvolto pienamente, in profondità il partito dei DS nel suo insieme oppure solo una élite culturale?
Non c’è dubbio che è mancato un disegno riformatore pieno, completo. La vicenda della mancata riforma della RAI d’altra parte è la più emblematica. I risultati pur essendo tendenzialmente positivi non si espandono a macchia d’olio ma a macchia di leopardo. Frutto anche di resistenze non combattute decisamente ma subite ed in certi casi forse anche accettate.
Abbiamo nuove realtà che hanno avuto una tumultuosa innovazione, esistono nuove attese ma anche nuove e diffuse aree di precarietà, incertezza e di paura. Anche le aree di nuovo benessere vivono le nuove situazioni in condizioni di preoccupazione. Queste situazioni vecchie e nuove, i bisogni, le contraddizioni che si aprono e le risoluzioni di cambiamento dovrebbero costituire quello che tanti giustamente richiedono: il progetto.
Ma una volta elaborato un perfetto disegno, pur privo di contraddizioni, può tutto questo bastare per un rilancio automatico del movimento, per un dispiegamento pieno di forze riformatrici?
E’ necessaria contestualmente anche una disamina attenta e non diplomatica dello stato del partito della sinistra, perché pur con un buon cervello l’impianto rischia di cadere a pezzi se non è sostenuto dal cuore e da gambe robuste. Discussione severa, critica ma anche attenta ad evitare strumentazioni e semplificazioni, che si confondano gli effetti con le cause.
Non c’è dubbio che la vita interna è dominata, oltre che da una sostanziale inattività, da personalismi e conflitti che molto spesso risultano incomponibili.
Quelli che con molto eufemismo vengono chiamati gruppi dirigenti nella sostanza sono ridotti a dei gruppi sovrastanti, in competizione su argomenti ed interessi che non coincidono con le grandi questioni di interesse generale.
La delegittimazione sistematica di tutti contro tutti, la decadenza del linguaggio e dello stile di lavoro, lo stesso uso della prima persona al posto del "noi" sono la diretta conseguenza della mancanza di un programma concordato su cui lavorare. E’ il programma di lavoro da portare avanti quotidianamente che alleggerisce le differenze di carattere dei compagni, le differenze di linea e le sane ambizioni. E’ l’agire politico con i valori che lo sottengono che rende rispettosi e coesi gli uomini.
Sconfiggere tentazioni minoritarie
Nel passato, nella quotidianità della vita del partito della sinistra si incontravano e si scontravano gruppi consolidati e gruppi nuovi. Nell’interno di una dialettica pur conflittuale, ma dove la lotta aveva come epicentro sia il programma, sia valori fondanti e condivisi, c’era comunque un ampio personale politico da mettere alla prova, selezionare e scegliere. Oggi non è più cosi; questa è la drammatica verità, il dato vero. Non esistono gruppi nuovi e giovanili che premono, che incalzano. Non esista alcuna pressione interna nuova che spinge, anzi, esistono pezzi di partito ancora disponibili all’impegno ed all’attività portatori di un bagaglio di esperienze che per motivi diversi si sono trovati fuori dal circuito delle decisioni che vengono guardati con sospetto e diffidenza e costretti ad un ruolo marginale.
C’è inoltre da fermare un malcostume che sempre più si sta estendendo: gli attacchi di avversari o di alleati di coalizione verso nostri rappresentanti che anche quando hanno caratteristiche sprezzanti e rivoltanti non vengono decisamente respinti. Una presunta disponibilità a sentire le ragioni degli altri di fatto è diventata omissione se non vera e propria complicità. Esempi gravi non riguardano solo la Federazione di Frosinone ma segnali negativi arrivano anche dall’alto.
Non può esserci futuro per un partito che fa decapitare i propri dirigenti!
Oltre a ciò c’è da rilevare il permanere di una blindatura dei gruppi in carica che si difendono anzi difendono un potere residuale, temono nuove adesioni, non spingono per aperture esterne, ne sollecitano confronti di qualsiasi tipo. La stessa vicenda della "COSA 2 ", naufragata in corso d’opera, è spiegata da questo contesto e da questo pensiero dominante. Oltre ad alcuni ritocchi , infatti, ed ad alcuni aggiustamenti a livello nazionale e provinciale, uno sforzo importante veramente prioritario è mancato nelle periferie, in ogni singola realtà per cui il disegno originario è abortito. Forze incerte che si avvicinavano alla politica o forti di esperienze e saperi acquisiti in altre esperienze partitiche non sono mai stati contattati o sollecitati a partecipare. Quella breve stagione si è appassita perché tutto quello che si presentava come un utile apporto è stato visto come intrusione vera e propria.
Non si evidenzia con decisione la necessità di allargare l’area della nostra influenza, la voglia e la necessità di essere una forza di attrazione, un soggetto politico che si impegna per allargare l’area degli interessi da tutelare. C’è la necessità di far in modo che non si instauri una concezione intesa ha difendere solo quello che già " possediamo". E’ urgente la necessità di avere una proiezione esterna e di sconfiggere un modo minoritario di fare politica.
E’ urgente, pertanto, avere la conoscenza delle nuove realtà, costruire il progetto che ne deriva e la realizzazione quotidiana dello stesso in ogni singola realtà ma anche un partito nuovo, aperto, pronto ad utilizzare competenze e saperi, con una dialettica fra maggioranze e minoranze, in cui l’inclusione e la solidarietà interna costituiscano valori fondanti e convissuti.
Programma e passione
Tante volte abbiamo sentito dire che è finito il partito ideologico, che bisogna esser concreti, pragmatici. Ma chi dice queste cose non afferma cose nuove anzi sicuramente non ha partecipato in prima persona la vita di partito. Il vecchio partito della sinistra aveva adesioni, aveva attrattiva perché si batteva ed assicurava la realizzazione di interessi veri, concreti, corposi. Non è stato un partito di filosofi astratti e di pensatori evanescenti. Era concreta la battaglia per il salario, per l’occupazione, per i contratti per le grandi realizzazioni di civiltà, per le grandi opere, la casa i rifornimenti idrici, la scuola ecc.ecc. Forse, anzi certamente erano sottovalutate le attese e gli interessi individuali.
Ancora oggi bisogna guardare agli interessi che dobbiamo tutelare e fare delle scelte, indicare priorità. Se tanti anni fa si guardava con maggiore attenzione alle grandi tematiche legate alla civiltà industriale e agli interessi generali e collettivi, oggi vanno guardate anche le nuove tematiche legate alle trasformazioni della economia ed alla società che sta cambiando, alla imprese di servizi, alle ripercussioni apportate dal uso delle nuove tecnologie e della richiesta di nuovi diritti individuali. Bisogna allargare l’area da tutelare, entrare nelle contraddizioni che si stanno aprendo ed affrontarne le possibilità di risoluzione. Ma è necessario anche infondere una speranza di cambiamento accompagnata da un agire politico sostenuto da grande passione e convincimento.
Bisogna saper ricostruire ed essere consapevoli degli interessi da tutelare. Elaborare il progetto e realizzare le scelte conseguenti. Ma quando si parla di progetto non possiamo accontentarci solo di qualcosa di redatto da poche persone ma ad una ipotesi di lavoro quotidiana, accettata e sostenuta dai propri dirigenti e da iscritti, che coinvolga ceti e settori interessati.
Non basta avere solo uomini di governo per realizzare le cose.
Lo stesso termine molto in voga per tanti anni sul "partito leggero" ha eluso e deviato il problema che, invece, oggi appare in tutta la sua interezza e drammaticità. Non basta eleggere un Sindaco o avere un Presidente in quanto nella società rimangono e rimarranno sempre gli antagonismi, gli interessi che confliggono; sarà sempre necessaria una sintesi, la valutazione dei rapporti di forza per le scelte da fare. Va costruito un nuovo partito della sinistra senza aggettivi, che affermi dei valori, delle idee condivise quali la solidarietà e la coesione interna, nel contesto di una pluralismo sostanzialmente garantito, che si batta per la creazione di pari opportunità, la pace e i diritti dei popoli.
L’arretramento elettorale coincide con un partito diviso, lacerato .E’ molto discutibile e certamente non sostenibile l’ipotesi di procedere a colpi di ascia perché non si ha bisogno di tagliatori di teste. Abbiamo necessità di ascoltare per capire, preparare un piano di lavoro, inserire un clima positivo e fare in modo che tutte le forze disponibili, tutte, facciano un passo in avanti.
La discussione congressuale può essere un utile momento per aprire una nuova fase. E’ utilissimo allora procedere dando a tutti gli iscritti la sensazione che essa sia aperta, trasparente, offrendo a tutti vere garanzie ed il rispetto di regole certe, pertanto, e’ necessario che sin dall’avvio vi sia un’attenzione particolare affinchè si stabilisca un clima di reciproca fiducia.
Le risorse finanziarie
In ogni realtà della nostra provincia sempre più insorgono problemi finanziari. Non sempre alla fine del mese si riesce a pagare il fitto per i locali della Sezione. Aumenta sempre più l’indebitamento.
Eppure nella nostra provincia a metà degli anni novanta i DS hanno avuto una presenza enorme nell’interno delle Istituzioni. Tanti nostri rappresentanti hanno avuto delle giuste retribuzioni per i loro incarichi. Quante di queste risorse sono entrate nelle casse della Federazione o delle Sezioni?
A questo riguardo potrebbe essere molto utile ricordare che nel 1974, quando la presenza dei nostri rappresentanti nelle Istituzioni era ridotta ed i professionisti iscritti al partito della sinistra venivano discriminati presso L’Amministrazione Provinciale, l’Area Industriale, l’Iacp, presso i comuni di Frosinone, Cassino, Sora ecc. ecc. vennero trovate le risorse finanziarie per acquistare i locali della Federazione mentre oggi quegli stessi locali sono stati venduti .
No si può andare avanti senza affrontare questo argomento e legarlo alla questione dello stato generale del Partito.
Anche sul numero degli iscritti, sulla quota tessera, sulle feste dell’Unità qualche considerazione va fatta ed è utile legarla allo stato delle divisioni dei nostri gruppi dirigenti. Se continua a rimanere questa conflittualità, questo tentativo costante di annientamento e di delegittimazione fra componenti diverse, perché chi fa parte "del gruppo perdente" dovrebbe far alzare la media della quota tessera, aumentare le entrate sapendo che quelle risorse finanziarie verranno gestite dal gruppo antagonista?
Lungi da riproporre modelli organizzativi che appartenevano al passato ma con il timone ben fermo al presente ed a questa realtà che cambia ogni giorno, non è più rinviabile l’argomento dell’autofinanziamento e di un regolamento di attuazione da legare alla dialettica interna perché anche su queste questioni è possibile far chiudere il cerchio della discussione ed aprire una prospettiva di cambiamento.