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AGGIRAMENTO DELLA LINEA GUSTAV
Nel gennaio del 1944, dopo oltre novecento giorni di assedio da parte delle truppe tedesche la città di Leningrado veniva liberata. A maggio, l’Armata rossa liberava la Crimea, l’Ucraina ed entrava in territorio rumeno. Mentre a est i sovietici dimostravano al mondo che le truppe tedesche non erano invincibili, sul fronte meridionale dello scacchiere europeo tutto rimaneva immobile: ad Anzio le truppe alleate da quattro mesi erano ferme, quasi paralizzate e sottoposte a continui fuochi d’artiglieria tedeschi. Anzi costoro a dimostrazione della loro forza fecero sfilare i prigionieri alleati lungo le vie di Roma (nella foto). Nel cassinate la linea Gustav resisteva. Tre inutili battaglie avevano completamente distrutto la città e il secolare Monastero ma non avevano permesso alle forze alleate di progredire di un metro.
E’ l’undici maggio di settanta anni fa quando alle ore 23 lungo la Valle del Liri il buio della notte viene improvvisamente illuminato dal fuoco di circa duemila cannoni che tuoneranno fino alle prime luci dell’alba quando entrano in azione i bombardieri che portano la loro razione di morte e distruzione. Si tratta di azioni preparatorie all’entrata in azione della V e VIII armata, rispettivamente guidate dal generale Clark e dal generale Oliver Leese e nell’interno di queste armate vanno ricordate le particolari specificità dei polacchi del generale Anders e il Corpo di spedizione francese (CEF) guidato dal generale Juin. E’ iniziata quella che verrà chiamata la "quarta battaglia di Cassino", in codice denominata Operazione Diadem.
Per tutta la giornata del 12 maggio la difesa tedesca, pur sottoposta a cruenti attacchi, sembra resistere senza mostrare difficoltà. Può apparire la ripetizione di scene già viste nei mesi precedenti e in altre battaglie. Sembra, ma non lo sarà perché c’è una variante, qualcosa di imprevisto che rompe vecchi schemi strategici. I soldati appartenenti al CEF, prevalentemente nord africani, non affrontano frontalmente l’avversario ma preferiscono scalare le difficoltose e scoscese montagne degli Aurunci che non sono sufficientemente difese dall’esercito tedesco. Il comandante germanico Kesserling aveva categoricamente escluso che tali territori potessero essere attraversati perché ritenuti inaccessibili ad un esercito moderno e motorizzato. Nelle tarde memorie del generale tedesco Von Senger e dello stesso Kesserling questo errore di valutazione viene ritenuto essere stato fatale.
Il Corpo di spedizione francese era formato da quattro divisioni: la prima denominata Francia Libera composta da appartenenti alla legione straniera e da soldati provenienti dal Senegal, Camerum e da altri possedimenti francesi; 2 DIM, fanteria marocchina; 3DIA, composta da militari algerini e infine 4 DMM composta da marocchini di montagna, provenienti dalle montagne dell’Atlante.
Queste militari procederanno a tappe forzate e alternandosi nei combattimenti, supereranno in tempi rapidi montagne, fossati, terreni inaccessibili. Entreranno a Castelnuovo Parano, superando la breccia di Ausonia. Dopo una settimana di avanzata scenderanno da Monte Petrella per conquistare il 17 maggio Esperia e arrivare così il 18 a Monticelli, in territorio di Pontecorvo.
Queste truppe non solo hanno aggirato la linea Gustav, dimostrando che questa non era un baluardo inespugnabile ma anche la successiva linea Hitler, quella che da Pontecorvo arrivava fino a Villa Santa Lucia, lungo una linea di venti chilometri dove erano predisposti bunker ogni 250 metri. La penetrazione del corpo francese oltre che imprevista e rapida è tanto pericolosa da far temere ai tedeschi di rimanere accerchiati, pertanto, durante la nottata del 17 in modo molto ordinato e silenziosi si ritirano. Tale avvenimento ci spinge ad avanzare alcune osservazioni: il 12° lancieri polacco quando pianta la propria bandiera nazionale sui resti del Monastero di Montecassino (nella foto), non è il risultato finale di un combattimento fra parti contrapposte così come siamo portati a credere, ma solo l’occupazione di quello che era stato un importante caposaldo oramai lasciato libero; le stesse considerazioni possono essere riservate anche per l’ingresso in Cassino da parte del generale inglese Oliver Leese , la città infatti è vuota e priva di resistenza nemica.
Le truppe del CEF dovunque passeranno praticheranno furti, saccheggi, violenze sessuali e diffonderanno traumi e malattie. In terra di Ciociaria verranno raggiunte forme di violenza mai esercitate nei secoli precedenti, che colpiscono uomini e donne, adolescenti e vecchie.
Per tanti anni il tema delle violenze è stato trascurato o addirittura rimosso. Le donne, le famiglie colpite hanno vissuto tale dramma in solitudine, e per via del costume dominante addirittura con sensi di colpa, insomma qualcosa di cui vergognarsi. Tale vicende non hanno fatto parte della nostra memoria collettiva e condivisa.
Tommaso Baris nel suo interessantissimo libro "Fra due fuochi " realizzato attorno a testimonianze e corredato da una pertinente documentazione, ha aperto la strada ad un approfondimento sempre più urgente da definire e completare.
Nemmeno il ruolo decisivo avuto nella quarta battaglia di Cassino dalle truppe del CEF è stato sufficientemente indagato ma per motivi diversi e ancora più complessi: la storiografia anglo americana per affermare il proprio primato militare non ha mai voluto evidenziare tale funzione. Gli stessi francesi hanno avvertito che il successo militare è invalidato dalle troppe violenze compiute dalle truppe nord africane, prevalentemente marocchine, dirette da ufficiali francesi che hanno avuto responsabilità per aver permesso o accettato tali riprovevoli azioni. Non a caso la storiografia francese con inaudita sfrontatezza, riconosce solo pochi casi di stupro avvenuti in territorio ciociaro.
Ma più in generale i francesi nell’immediato dopoguerra se ne guardarono bene a riconoscere il contributo dato da marocchini, algerini, tunisini e altri soldati coloniali .Durante la guerra le autorità francesi avevano promesso a tali popoli l’indipendenza. Promesse non mantenute e realizzate in ritardo o strappate con ribellioni o rivoluzioni sanguinose a cominciare da quella algerina.
Crediamo sia arrivata l’ora di far emergere compiutamente i fatti avvenuti tanti anni fa, senza timidezze, privi di pregiudizi, scevri da luoghi comuni.