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Bambini ciociari salvati dalla fame e dalle malattie

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Cassino 27 Ottobre 2018
Intervento  di Lucia Fabi nel Convegno
CASSINO: Le Donne, il Coraggio, la Guerra
Organizzato dall’Associazione Battaglia di Cassino


La vicenda che oggi porterò alla vostra attenzione si è realizzata in un momento particolare e difficile della nostra storia nazionale.
 72 anni fa, da febbraio a maggio del 1946, 3444 bambini partirono dalla Provincia di Frosinone, per essere ospitati, per 4 mesi, presso  famiglie di 51 Comuni del Nord Italia. Bambini bisognevoli di cure, stremati dalla fame e dalle malattie, minacciati da mine e bombe inesplose, costretti a vivere in locali angusti e antigenici . Al termine dei mesi previsti 300 di questi bambini prolungarono di altri mesi la loro presenza, mentre 50 vennero adottati.
 Gran parte dei bambini che vissero questa esperienza rimasero legati per molti  anni ancora alle famiglie che li avevano ospitati. L’allora bambino Peppino Gentile, da adulto  amministratore di Cassino, ospitato da una famiglia di Vaiano, in Toscana ricorda ad es.che il rapporto che lo legò alla famiglia che lo aveva ospitato durò fino al compimento dei 105 anni dell’altra "mamma".
 Questa  la cronaca concisa, fredda e essenziale della vicenda. Ma credo sia importante soffermarsi sull’idea e sullo sviluppo di questa grande espressione di solidarietà.
 Tutto ebbe inizio durante il V Congresso del PCI,
a cavallo fra 1945 e il 1946, allorquando i delegati Frusinati Raul Silvestri e il ferroviere Giovanni Gallozzi posero all’attenzione dei congressisti  la drammatica condizione della Città Martire. Il Congresso decise di inviare  Teresa Noce massima dirigente dell’Unione Donne Italiane che arrivò a Cassino il 6 gennaio del 1946,  consegnando al sindaco della città Gaetano De Biasio 100 mila lire, 150 pacchi e una buona scorta di chinino. Ritornò prima che il congresso si concludesse e raccontò del dolore e della disperazione  che aveva visto impresso sui visi delle persone, esprimendosi  in questi termini : "Bisognava vedere le madri ringraziarci con le lacrime agli occhi per l’offerta di condurre i loro bambini fuori dall’inferno in cui vivono. Porteremo via da Cassino 800 bambini e con le nostre cure riusciremo a guarirli. Bisogna fare di più perché ci sono altri bambini nella zona che hanno bisogno di viveri, di vestiario, di medicinali, di chinino per vincere la malaria". L’intervento scosse l’uditorio e la questione di Cassino fu inclusa fra le tante e importanti iniziative da prendere.
  Immediatamente dopo il Congresso, scattò una fitta rete di volontariato che si prodigò per trovare una risoluzione al grave problema che affliggeva l’infanzia del cassinate. Ai bambini che rischiavano di morire per mancanza di cure e nutrimento, veniva offerta una concreta possibilità di sopravvivenza.
 Con coraggio e determinazione si affrontarono e superarono un’infinità di ostacoli e si lavorò alacremente per ottenere alla fine, risultati più che soddisfacenti. L’organizzazione, pur variegata a seconda delle realtà, si dimostrò complessa  e minuziosa. Bisognava trovare i genitori disposti a mandare i propri figli in luoghi sconosciuti e famiglie disposte ad accogliere.  Mentre l’accoglienza fu ampia e diffusa in ogni realtà, nella nostra provincia purtroppo, emerse una campagna terroristica e diffamatoria. Furono usati  argomenti ignobili come ad es. bambini portati in Russia e usati per farne il sapone o bambini che sarebbero diventati atei e contro i valori della famiglia.
 Tale  campagna fu presente e forse ottenne qualche risultato in particolar modo a ridosso della partenza dei primi due scaglioni, quando i genitori erano veramente angosciati sul destino dei loro figli, poi però le calunnie persero credibilità  perché arrivarono le prime lettere con notizie tranquillizzanti. Successivamente anche le visite  effettuate dalle mamme ciociare per verificare  direttamente le condizione dei  bambini  riuscirono a rassenerare i genitori.
 I bambini, a gruppi più o meno numerosi, provenienti dai diversi comuni della Provincia, partirono con treni speciali appositamente predisposti assistiti da donne dei comitati locali e da personale della Croce Rossa. L’arrivo nelle varie stazioni era sempre  caloroso e festoso. I bambini prima venivano portati in locali caldi e accoglienti, rifocillati e  poi affidati alle famiglie ospitanti di estrazione prevalentemente contadina, operaia o artigiana; raramente si trattò di famiglie ricche.
 L’accoglienza in seno alle famiglie non rappresentò un trauma per il bambino, anche perché di fronte ad un piatto caldo e abbondante, ad una casa  confortevole, a vestiti e scarpe  comode, non potevano nascere nostalgie di alcun genere. Al loro arrivo i bambini venivano visitati da un dottore, immediatamente curati se ammalati, e portati a scuola. Forse l’unico grosso problema che si presentò fu proprio l’inserimento nella scuola, a causa della lingua, ovvero del dialetto che rappresentò, almeno all’inizio un grosso ostacolo. Ma la volontà di inserimento unita alla spontaneità , alla mancanza d’inibizioni tipica dell’età e alla voglia di sentirsi gai e sereni, fu determinante per instaurare buoni rapporti con i coetanei. I rapporti con la famiglia d’origine furono epistolari e continui.
La scelta  originale di accogliere i bambini presso famiglie rappresentò un criterio umanitario nuovo che superava il concetto di pietismo e di carità, e rifiutava , a priori, la strada più facile: quella dell’internamento negli orfanatrofi o negli istituti religiosi. L’inserimento presso famiglie oltre a rappresentare una continuità educativo-affettiva andava a rompere il perverso rapporto fra" benefattore" e assistito, fra chi possiede e chi non ha niente. Si può perciò capire (ma non giustificare) l’ostilità, la campagna denigratoria portata avanti dal clero di Cassino che rimarrà costante nella memoria dei testimoni. Ma il comportamento delle organizzazioni religiose si differenziò da località a località, in particolar modo furono disponibili e impegnati i Vescovi di Parma, Piacenza, Ventimiglia, Imperia. I bambini intanto continuarono a praticare la religione cattolica e molti di essi fecero la prima comunione. La mattina della domenica donne e bambini andavano a  messa e il pomeriggio si divertivano nelle Case del Popolo a ballare e cantare sotto i giganteschi quadri raffiguranti Stalin.
  A conclusione mi preme soffermarmi sul ruolo che in tutta la vicenda rivestirono le donne. Esse furono determinanti dall’inizio, allo svolgimento e alla conclusione di questa esemplare iniziativa.
 Il loro impegno, la loro dedizione alla causa , lo sforzo per contribuire alla nascita di un mondo migliore fatto di amore e solidarietà, permisero a tanti bambini di uscire dall’incubo della guerra e da tutto ciò che  rappresentò per loro.
In tutta la vicenda  come non ricordare alcune donne: da Teresa Noce, che ebbe il merito di ideare l’iniziativa, alle donne dell’Udi di Sora, in grado di ostacolare l’offensiva  scatenata con i minacciosi manifesti affissi nella loro città  alla vigilia della partenza, evocanti cosacchi russi pronti a uccidere i bambini del Cassinate, fino all’attivismo costante delle donne di Lugo e di Colle di Val d’Elsa, alla presenza preziosa nella zona del cassinate di Maddalena Rossi, Pina Savalli, e Linda Puccini ; a Maria Moscarelli semplice ragazza che venendo da Sgurgola ogni giorno consumava km e km nella campagna di Cassino per convincere le famiglie a dare la possibilità di salvare i propri figli e alle moltissime altre che  per motivi di tempo non riprendo.
 Come  si fa a non pensare che nell’interno delle famiglie ospitanti furono proprio le donne a caricarsi di lavoro e di rinunce? Furono loro che determinarono la scelta certamente non facile di aggiungere un posto a tavola e di allargare affetti senza creare gelosie nell’interno delle famiglia, gestendo le nuove situazioni con saggezza e umanità, accollandosi  un nuovo impegno che fortunatamente seppero  in ogni situazione risolvere con coraggio e  amore.?
Come si fa a non pensare al coraggio di quelle madri che decisero di lasciare andare i loro figli verso l’ignoto?
 Come non credere ai sacrifici, alle sofferenze di quelle donne semplici, che credendo nell’iniziativa si impegnarono a convincere famiglie , a organizzare i gruppi , a procurare vestiario?
 Anche in questa vicenda, come in moltissime altre, le donne  si sono dimostrate indispensabili  nel dare un contributo prezioso nella ricerca di una società migliore.      
LUCIA FABI


 
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