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CONOSCERE LA STORIA DI IERI PER CAPIRE I FATTI DI OGGI
Qualche anno fa Gioacchino Giammaria, per conto della Regione Lazio, collaborò alla stesura ed alla pubblicazione dei Quaderni della Resistenza.
Della nostra provincia venne fuori un quadro di notizie vasto, interessante e spesso inedito, tutto tratto da documenti, memorie personali, archivi di partito e parrocchiali. Un buon lavoro. Buono pur con grossi limiti di cui lo stesso autore era, ed ancor oggi, è consapevole. Quelle fonti, infatti, a volte sono risultate erronee perché riportanti da parte degli estensori, sin dall’origine, notizie sbagliate, oppure deformate, perché generate da eccessiva passionalità. Era augurabile, pertanto, che i libri successivi riguardanti la Resistenza ciociara apportassero correzioni, approfondimenti e ristabilissero alcune verità.
Durante l’anno ci sono state pubblicazioni in cui la Resistenza c’entra più o meno direttamente, riguardanti i Comuni di Castro, Giuliano di Roma, Ceccano, ma dalle stesse non è venuto nulla di nuovo.
Il libro di Giammaria, insomma, ancora fa testo!
Eppure i Ceccanesi che parteciparono direttamente alla Resistenza hanno parecchio da dire. Se, inoltre, consideriamo che i rilievi fatti non sono discordanti ma coincidenti e verificabili, allora non c’è che da accettarli. Le cose stanno così: Giammaria fra le tante cose, riporta sui quaderni, per dimostrare l’attività del gruppo ceccanese, il diario dell’avv. Giuseppe Ambrosi. Nel diario vengono riportate date di episodi rilevanti e di azioni di guerra. Tutto questo nessuno lo contesta anzi unanimamente viene sottoscritto. Quello che con energia, invece, si fa rivelare è la mancata volontà di Ambrosi a riconoscere che il gruppo che ha fatto azioni di guerra non è quello comandato da Ambrosi stesso ma quello di Romolo Battista (Agostino e Mario Piroli, Bevilacqua, Di Stefano, Cipriani, Tanzini, Diana, ecc.). È proprio questo gruppo, infatti, che di volta in volta attrae uomini della banda Ambrosi (Moscardelli, Pennino) e li conduce al combattimento (Assalto alla casa del fascio di Giuliano e distribuzione di vestiario militare alla popolazione, scontri a fuoco a Lagoscillo, Piazza Berardi, Bivio della Palombara, recupero del materiale militare alla Tomacella, sequestro di un maresciallo tedesco). Nel diario c’è una sottovalutazione costante di Battista, quando invece gli va riconosciuto di essere stato capo, organizzatore e partecipante in tutte le azioni. La polemica di Ambrosi verso Battista è tanto irritante che Giammaria, saggiamente, è stato costretto ad usare gli omissis.
Aver attinto solamente al diario di Ambrosi, inoltre, non ha permesso di far conoscere fino in fondo il relativo impegno dei tedeschi per sgominare la banda partigiana e l’odiosa rappresaglia di cui fu vittima la famiglia di Battista. Infatti, dopo uno dei tanti attacchi dei partigiani, 400 SS venuti da Tivoli fecero un rastrellamento tale da disperdere definitivamente la banda sulle montagne. Le SS, per rappresaglia, inoltre, dopo aver bruciato alcune capanne abitate da alcuni contadini e sfollati, presero il padre, la sorella, il cognato di Battista e, come ostaggi, li tennero incarcerati per 5 mesi a Prosinone prima ed a Paliano poi. È solo dopo un bombardamento che colpì il carcere che i tre riuscirono a fuggire ed a nascondersi a Ceccano.
Dopo queste doverose precisazioni è naturale augurarsi che su tutta la vasta documentazione riportata da Giammaria prosegua l’approfondimento. Questo per conoscere e capire che dal Garigliano alla Valcomino fino a Collepardo, da Filettino a Paliano ci sono stati episodi di resistenza armata al nazifascismo più o meno organizzati. Episodi a volte utili e necessari, altri sbagliati, senza escludere che, in alcuni casi, forse c’è stato anche avventurismo.
Chi ne deve parlare? Sia ben chiaro che non vado alla ricerca di eroi. Né intendo far riemergere vecchie polemiche che in alcuni casi non sono mai state sopite, sollecito solo una continua attenzione attorno alla questione in oggetto, superando reticenze e paure. Ma in particolare colgo questa occasione per sollevare una questione ancor più grande: la conoscenza della nostra storia locale. C’è un ritardo infatti, del movimento democratico a ricostruire e far riemergere questi problemi. Chi finora ha scritto sulla storia dei nostri comuni prevalentemente era ed è di formazione cattolica, a volte veri e propri reazionari, raramente e penso ad Antonio Està ed allo stesso Giammaria, uomini legati alla sinistra. Non intendo dire che tutto il lavoro degli «altri» sia da buttar via. Spesso c’è conoscenza ed erudiziene, a volte prudenza, in altre fatalismo, in tutte comunque è costante il tentativo di nascondere la questione contadina ed operaia. In questo secolo nella nostra provincia ci sono stati episodi importantissimi: lotte con successi e sconfitte che hanno visto protagoniste grandi masse lavoratrici.
Prima che altri questa storia la deformino o la insozzino è necessario che venga ricordata da chi è direttamente espressione di questo movimento. Questo, anche ed in particolar modo, affinchè si affermi la cultura del cambiamento contro la rassegnazione, il qualunquismo ed il conformismo.
Questo periodico, anche in questa direzione, può dare un valido contributo.
(da Futuro Ottanta, dicembre 1980)