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PRESENTAZIONE
Continuando nella sua opera di promozione culturale, l'Assessorato alla Cultura, ha ritenuto opportuno patrocinare la stampa del volume «Ceccano ricorda» del prof. Angelino Loffredi.
L'opera abbraccia il periodo che va dal 1943 al 1946 rievocando gli avvenimenti che in quegli anni caratterizzarono la vita della nostra cittadina, in rapporto a quelli che nello stesso periodo si svolsero nel testo del paese.
Ecco allora che partendo da episodi riguardanti il periodo del fascismo, si arriva al momento in cui Ceccano, precipitando nella follia della guerra conosce il dolore, la distruzione, la morte.
Seguono, poi, le pagine dedicate alla rinascita economica, civile e democratica del paese.
Il libro così come è concepito, nel suo armonico svilupparsi,è un valido aiuto per tutti, perché attraverso una ricerca storica dei fatti ci porta a conoscenza di un periodo molto importante della vita del nostro paese.
L' ASSESSORE ALLA CULTURA
Tommaso Angelini
IL SINDACO
Giancarlo Savoni
Capitolo I
PREMESSA DELL'AUTORE
Sono passati circa quarantacinque anni dal periodo bellico e dalle vicende ad esso direttamente legate, quali la caduta del fascismo, la costruzione di uno stato democratico con tutto l'insieme di sofferenze, speranze e passioni che hanno caratterizzato quell'epoca.
In tutti questi anni a Ceccano quegli eventi non sono mai stati descritti in maniera circostanziata e ben definita, forse perché per scrivere di storia c'è bisogno di fonti certe, sicure, insomma scritte e il materiale a disposizione di chi vuole intraprendere questo tipo di indagine non è sufficiente.
Questo lavoro, che ho intrapreso per venire incontro alle richieste formulatemi personalmente dai giovani che frequentano la biblioteca comunale, percorre una strada irta di difficoltà e di rischi, perché attinge prevalentemente alle fonti orali, che pur essendo chiaramente opinabili, sono le più rappresentative e le più significative di un momento storico particolare e di una mentalità specifica. L'essenza di queste fonti orali, anche se talvolta è compromessa dalla labilità del ricordo e dalla indubbia componente emotiva, non è giusto che vada dispersa, proprio perché diventa fondamento storico, uno spaccato di vita cittadina.
Tante volte abbiamo sentito parlare da un parente o da un conoscente di fatti accaduti e che ci hanno interessato e commosso.
In molte occasioni dal racconto di una persona improvvisamente ci siamo rivisti protagonisti o spettatori di eventi importantissimi che il tempo ci aveva fatto dimenticare.
Nella memoria dei cittadini di Ceccano, infatti, esiste di quel periodo un patrimonio di notizie ben catalogate, alla stessa maniera e forse meglio che nei più importanti archivi storici, solo che con il trascorrere del tempo esso, per motivi naturali, è destinato ad impoverirsi ed a dissolversi.
Non bisognava disperdere tale preziosa conoscenza: questo è l'imperativo che mi son dato e che ha trovato attenta e sensibile l'Amministrazione Comunale la quale ha reso concretamente possibile questa pubblicazione. Era necessario infatti che i tratti essenziali di quella che è stata la nostra storia venissero riportati e scritti per essere sottoposti alle giovani generazioni affinché un periodo, forse il più importante, vissuto dalla nostra comunità cittadina, venisse rivisitato.
La gran parte delle notizie che stanno alla base di questo lavoro è il risultato di una raccolta di memorie rilasciatami dai cittadini di Ceccano, alcuni, purtroppo, nel frattempo deceduti. Nei confronti di tutti per il notevole, originale contributo consegnatomi, intendo esprimere calorosamente la mia gratitudine e riconoscenza.
La memoria orale costituisce, dunque, il nucleo fondamentale su cui ho costruito la parte narrativa. Questa si avvale di dati concreti e tangibili come: l'epistolario dell'avv. Ambrosi, varie deliberazioni comunali, notizie riportate da «Il Popolano» ed una documentazione storica più ampia alla quale ho attinto per collegarmi alle grandi questioni nazionali ed alle vicende sovra comunali.
Merita di essere ricordato che le fonti scritte spesso confermano le notizie orali rilasciatemi, le quali se pur precise nel descrivere gli episodi ed i sentimenti che li accompagnavano risultavano essere, più di qualche volta, generiche circa le date e i momenti precisi.
Ciò sicuramente è dovuto al fatto che il ricordo di un avvenimento rimane ancorato emotivamente ad esso, scollandolo dal contesto generale in cui è inserito che perde perciò nitidezza e colore rispetto all'accaduto. Mio compito è stato dunque quello di ridare smalto a quel contesto generale che rischiava di perdersi nelle singole frammentazioni, indispensabili per altro per arrivare ad esso.
Ne è venuto fuori un libro, la cui parte essenziale è costituita dalle descrizioni riguardanti le sofferenze, le gioie, le speranze e le grandi passioni vissute coralmente dai cittadini di Ceccano.
La mia intenzione di porre sempre in primo piano la coralità con cui gli avvenimenti sono stati vissuti, un po' ha aiutato a non privilegiare in modo particolare singoli personaggi, il che poteva indurmi a farne erroneamente degli eroi o dei demoni. Se attenzione particolare c'è stata per qualcuno questa è scaturita dalla situazione particolare che si era creata nella popolazione che di volta in volta è stata coinvolta, animata, catalizzata, dalla personalità notevole di alcuni personaggi che del sentimento popolare rappresentavano l'espressione più vera.
Ho cercato in ogni momento di andare a ricercare le ragioni di tutti per evitate che la verità non pendesse tutta da una sola parte; nello stesso tempo mi sono preoccupato fortemente di non Lasciarmi prendere da uno stato d'animo partitico, di rimanere sereno ed obiettivo in ogni momento.
II problema più grande è stato quello di evitare un'esposizione stringata che desse per scontata la conoscenza di vicende e personaggi. la più grande difficoltà insomma è stata quella di superare il <<politichese>>, linguaggio scarno e lapidario idoneo a rivolgersi solo agli <<addetti ai lavori>>.
Arricchire e colorire il lavoro è stato possibile attraverso l'aiuto di due preziose collaboratrici, Gabriella Cavicchini e Lucia Fabi, le quali hanno favorito attraverso acuti ed utili suggerimenti che il lavoro potesse essere accessibile a chiunque abbia interesse a conoscere la nostra storia cittadina.
marzo 1943
In quel giorno primaverile, pieno di sole e di luce, del marzo 1943, Francesca Massa, con la <<scifa>>, in testa ricolma di pagnotte fumanti, esce dal forno di Ines per andare a consegnare la preziosa merce al negozio di Lucia Cipriani. Ella ripete anche quel giorno atti e gesti compiuti quotidianamente con meticolosa puntualità da mesi e mesi.
Francesca, donna energica e infaticabile, procede sicura con una mano posata su un fianco, mentre con l'altra sostiene la <<scifa>>, saldamente tenuta sul capo da una ben modellata <<croglia>>. Nell'aspetto appare orgogliosa perché si sente privilegiata per il suo lavoro, se non altro perché é avrà modo di procurare qualche boccone di pane in più per la sua famiglia.
Sulla piazza della Madonna della Pace c'è più gente del solito, anche perché il tiepido sole primaverile ha spinto parecchie persone ad uscire di casa.
I ragazzi gironzolano senza una meta precisa, fermandosi ogni tanto dentro uno spiraglio di sole per scambiare qualche battuta o qualche maliziosità.
Gruppetti di bambini, vestiti alla meno peggio, con calzoncini corti che lasciano scoperte esili gambe ruvide e screpolate dal freddo dell'inverno appena trascorso, cercano di inventarsi, tra urla e litigi, qualche gioco pur di correre e manifestare la loro voglia di vivere.
Qualche adulto, infine, è seduto sui gradini della chiesetta per assaporare il calore del sole, non solo per farne provvista per quando rientrerà nella sua casa fredda e umida ma anche per lenire in quella calda e serena luminosità le angosce, le preoccupazioni e i timori incombenti in quei giorni nella mente di tutti.
L'assalto al pane
La distanza che Francesca deve percorrere dal forno al negozio è brevissima, ma sufficiente per concretizzare un disegno sicuramente legato a desideri troppo a lungo repressi in chi da tanti mesi si è dovuto accontentare di soli centocinquanta grammi giornalieri di pane.
Con un'azione imprevista, ma sicuramente tante volte progettata, cinque ragazzi, proprio mentre Francesca si trova al centro delle piazza, con gesti rapidissimi e con una naturalezza sorprendente, riescono a rovesciare la <<scifa>>, e a far rotolare le pagnotte per la strada. Immediatamente un nugolo di bambini e ragazzi, ad una velocità incredibile, si appropria del bottino e si dilegua disperdendosi nei vicoli circostanti.
Questo episodio accadeva in piazza Madonna della Pace, nel terzo anno di guerra: una guerra che sarebbe dovuto essere breve, che avrebbe dovuto allungare lo stivale, e che, invece, protraendosi stancamente, era diventata sempre più insostenibile e intollerabile.
In quei giorni di scoramento non si dimostrano efficaci e persuasive nemmeno le campagne pubblicitarie volte a plasmare le menti della popolazione. A poco servono, ormai, le notizie rassicuranti sull'andamento della guerra, trasmesse dalla Casa del fascio e diffuse da un efficientissimo altoparlante o le canzoni patriottiche promettenti vittorie militari, rapidi successi, conquiste di terre e tanta gloria. Nemmeno il motivo, reso appositamente suggestivo e molto «gettonato» in quei giorni che dice: <<colonnello non voglio pane, voglio piombo per il mio moschetto>>, riesce ad infondere tanto ardore patriottico da far dimenticare la fame a lungo sofferta.
Ma ritorniamo ai fatti di piazza Madonna della Pace dove alcuni ragazzi furtivamente portano la pagnotta di pane a casa per poterla felicemente dividere in famiglia, mentre altri invece preferiscono dirigersi verso la <<macchiar ella>>.
Era questo un fittissimo bosco di querce e castagni, posto fra via Armando Diaz e via Madonna del Carmine, oggi in parte scomparso sotto le costruzioni, dove essi speravano di poter gustare, fra discrezione delle foglie e dei rami, l’imprevista ma graditissima colazione.
Viene scelto in particolare il posto ove è ancora la sorgente che alimentava con le proprie acque la fontana della Madonna della Pace.
Un certo Iavolella però, professore in una scuola di Avviamento, si accorge di movimenti sospetti e informa i carabinieri.
Non è ancora mezzogiorno quando dalla caserma partono le prime precise convocazioni che immediatamente vengono recapitate alle famiglie degli interessati.
Considerato il periodo alquanto tempestoso in cui si svolge il fatto, vale la pena soffermarsi un attimo per immaginare la preoccupazione che tali comunicazioni vanno provocando in seno alle famiglie degli accusati: tutte di umili origini, oneste, lavoratrici, attente al rispetto delle norme vigenti ma, allo stesso tempo, capaci di mettersi in agitazione alla sola vista di un carabiniere sulla soglia della loro casa. In questo clima particolare i cinque ragazzi, prima di presentarsi in caserma per essere interrogati, prudentemente decidono di vedersi per concordare una linea comune di difesa.
Il luogo scelto è la casa di Lellenzo Masi (ragazzo quattordicenne facente parte del gruppo dei cinque).
La discussione è animata e traspare in tutti la preoccupazione per i pericolosi sviluppi che tutta la faccenda può prendere. Alla fine però pensano che la soluzione migliore può essere quella di risarcire la <<bottegante>> per la pagnotta di pane sottratta.
Ma Felicetto, il padrone di casa che finora è rimasto in silenzio ad ascoltare, non è dello stesso parere, perché la soluzione presa dai ragazzi, potrebbe generare gravi sospetti presso gli inquirenti fascisti: questi ultimi, infatti, potrebbero pensale che l'assalto al pane è stato preparato e sollecitato dai genitori stessi, con inventi sovversivi, i quali poi, per mettere tutto a tacere, avrebbero di tasca loro risarcito la negoziante. Alla fine la versione ufficiale che viene concordata e che dovrà essere riferita in caserma, è quella che i soldi occorrenti per pagare le pagnotte di pane, erano già in possesso dei ragazzi stessi , perché racimolati in seguito ad una precedente vendita di ferro vecchio. Ciò avrebbe confermato che i genitori erano all'oscuro di tutta una vicenda che rischiava di coinvolgere le famiglie in un disegno sovvertitore che non era certo ancora negli animi dei ceccanesi.
Il pomeriggio di quel giorno di marzo 1943 non viene dunque trascorso dai cinque amici bighellonando e gironzolando senza una meta per le vie di Ceccano come di solito avveniva, al contrario è un pomeriggio molto particolare che essi non riusciranno più a dimenticare. Verrà, infatti, trascorso interamente in caserma, dove alla presenza del maresciallo e del questore verranno sottoposti ad un estenuante interrogatorio. L'atmosfera particolarmente tesa e minacciosa presente in caserma è determinata anche dal fatto che il giorno precedente in località «Madonella» era avvenuto un altro assalto al pane in seguito al quale una certa Gina <<l'alatrese>> ritenuta responsabile, si trovava ancora in camera di sicurezza.
Intanto fuori dalla caserma, sulla via Magenta, si vanno formando gruppi sempre più folti di amici, di parenti, di curiosi che, saputo dell'accaduto, sostano sulla strada, è in attesa di sapere il responso definitivo, azzardano strane e assurde ipotesi sulla sorte degli incriminati. In caserma, invece, malgrado le pressanti intimidazioni e minacce, i ragazzi interrogati separatamente, ripetono quanto precedentemente stabilito, non riuscendo così a destare sospetti di nessun genere. A questo punto lo spiacevole episodio potrebbe essere concluso, se non avvenisse un colpo di scena. Il più grande dei «ribelli», infatti, Nino Bruni, esasperato dalle continue e minacciose domande, non riesce più a trattenersi: con coraggio inaspettato, rimprovera gli inquirènti di essere troppo duri con dei ragazzi che hanno commesso un'azione riprovevole solo perché a stomaco vuoto e alla vista di quelle pagnotte appena sfornate, si sono lasciati prendere dalla tentazione di assaporarle, mentre non venivano presi provvedimenti nei confronti di un noto commerciante di Ceccano che apertamente e spudoratamente praticava la borsa nera.
Questa inaspettata accusa coglie di sorpresa il maresciallo e i carabinieri presenti i quali, colpiti nel segnò, reagiscono violentemente nei confronti del povero Nino, riempiendolo di calci e schiaffi. Dopo questo inutile e brutale sfogo, essi si convincono che alle spalle della bravata dei ragazzi non si cela nessuna forza sovversiva, ma solo tanta fame, per cui dopo aver loro intimato a non <<provarci più>>, verso mezzanotte, i cinque ragazzi possono finalmente ritornare alle loro abitazioni.
La camicia nera dimenticata
Il 21 marzo del 1943 è un giorno particolare: ricorre infatti il 24" anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento. Per il regime, dunque, tale evento va degnamente ricordato e la cerimonia va curata nei minimi particolari e tutti devono partecipare in qualche modo alla riuscita della significativa giornata.
I dipendenti dello stabilimento della B.P.D. di Bosco Faito, come del resto tutti i lavoratori pubblici, devono presentarsi al lavoro indossando la camicia nera e, sempre cosi paludati, partecipare nel pomeriggio, all'adunata celebrativa che dovrà tenersi in piazza.
Quella mattina però quattro operai (Tanzini Gabriele, Maliziola Nino, Loffredi Umberto, Papetti Giuseppe), ognuno per cause diverse ma certamente non per aperta contestazione politica, trascurano il dettaglio della camicia nera e si presentano al lavoro vestiti normalmente.
Tale atto, viene immediatamente notato da qualche intransigente fascista che lavora in fabbrica con i quattro imprudenti e velocemente l'accaduto viene riferito alla locale sede del fascio. Inutile dire che siffatta dimenticanza suscita indignazione e scandalo tanto che, dopo un'istruttoria rapidissima, eseguita dal segretario del fascio ceccanese, i quattro, alcuni giorni dopo, vengono deferiti alla Commissione provinciale di disciplina.
Il fatto assume una rilevanza tale che ne parlano non solo alcuni giornali locali ma anche nazionali, alterando l'accaduto e accusando crudelmente e ingiustamente i quattro incauti personaggi; questi devono subire in fabbrica anche le vessazioni dei fascisti, i quali, forti della pubblicità fatta dai giornali, con sfacciataggine , alimentano un'indegna campagna denigratoria, lanciando contro
di loro assurde accuse di disfattismo e scarso patriottismo. Per i quattro operai, tutti sposati e con figli a carico, la preoccupazione maggiore non è rappresentata tanto dall'essere presi di mira, quanto da quella di poter essere licenziati, dal momento che per loro, quel lavoro costituisce l'unico mezzo di sostentamento.
Verso la fine del mese a Frosinone si tiene il «processo». La seduta, affollata di magistrati ordinari, si svolge in un'atmosfera di corte marziale: si procede con un esasperante ritualismo sottolineato e caratterizzato dagli immancabili e frequenti saluti romani, dalle battute di tacchi e da sguardi minacciosi. L'atmosfera pesante dell'aula fa presupporre un licenziamento immediato. Figurarsi lo stato d'animo di quei padri di famiglia che, dopo aver addotto le loro motivazioni, devono per sei lunghe ore assistere al dibattimento, angosciati per tutto il tempo, dal pensiero di ciò che potrebbe loro capitare. In questa cupa atmosfera, finalmente viene emessa la sentenza: ritiro immediato della tessera e sospensione dal partito fascista per tre mesi. Tutti tirano un sospiro di sollievo convinti di aver scampato un grave pericolo e si affrettano a ritornare alle loro famiglie, esausti ma contenti, per non aver perso il posto di lavoro e per quei provvedimenti che non li danneggiano fondamentalmente.
A coloro che volessero saperne di più, và detto che tutti e quattro i protagonisti, nel mese di giugno allo scadere del termine, <<dimenticarono>>, di riprendere la tessera.
Senza dubbio questi due episodi non sono da includere tra i numerosi atti di aperta contestazione compiuti in quegli anni verso il regime, tuttavia assumono una valenza storica, perché anch'essi aiutano la conoscenza e la comprensione di una realtà fortunatamente ormai lontana.
Il primo episodio non esprime altro che un disperato bisogno di sopravvivenza, il secondo rappresenta solo un ario di negligenza o se vogliamo, di superficialità. Ebbene, stando così i fatti, essi si sarebbero potuti risolvere con meno pubblicità, tenendo presente che i fascisti ceccanesi, in altre occasioni, si erano dimostrati piuttosto tolleranti. Era risaputo, infatti, che nella sartoria di Amedeo Gizzi, nella centralissima via Magenta, a volte, in ricorrenza del 10 giugno, a porte chiuse e per alcuni minuti, si commemorava il sacrificio di Matteotti senza ritorsioni di sorta. Ma per i fascisti il lasciar correre fino ad allora aveva significato forza e sicurezza o eccessiva fiducia in se stessi.
In quel mese di marzo invece, in Italia stanno accadendo fatti politicamente molto rilevanti. A parte I'andamento della guerra e le sconfitte militari, a Torino ed a Milano gli operai delle fabbriche sono scesi in sciopero. Più di 150.000 di loro si sono ribellati e non riconoscono più il sindacato fascista. Apparentemente lo sciopero ha solo carattere salariale senza nessuno scopo politico e in realtà questa è anche la versione ufficiale. Sta di fatto che Mussolini sa bene che gli scioperi sono soprattutto politici, contro il re-
In ogni luogo i fascisti, aguzzata la vista e affinato l'udito, sono quindi impègnati a circoscrivere il movimento e spegnere focolai di incendio, per stroncare l'insorgere di eventuali collegamenti. Ecco perché i due fatti accaduti a Ceccano in quel periodo, anche se chiaramente spontanei e banali, allarmano i fascisti locati che evidentemente hanno ricevuto ordine dall'alto di prestare particolarmente attenzione anche a fatti irrilevanti che potrebbero acquistare intonazioni antifasciste.
Banali, spontanei, certamente non politici, essi esprimono, comunque, uno scollamento, una frattura prodottasi nella società, destinata a logorare giorno dopo giorno tutto l'apparato fascista. La macchina lubrificata della propaganda e del consenso si sta ormai inceppando e tanti minuti granelli di sabbia cominciano ad inserirsi negli efficientissimi ingranaggi del sistema.
Capitolo II
LA CADUTA DI MUSSOLINI
Gli alleati il 10 luglio sbarcavano in Sicilia. Dopo una dozzina di giorni e senza trovare alcuna difficoltà arrivavano alle porte di Palermo.
È proprio in questo periodo che incominciano ad accadere fatti drammatici, ché toccano da vicino il nostro territorio e che sconvolgono la nostra popolazione.
Il 19, aerei amèricani bombardano il quartiere S. Lorenzo, in Roma, seminando distruzione, paura e morte. Nello stesso giorno viene bombardato nella nostra provincia I'aeroporto di Aquino e anche qui si ripetono scene di panico, di dolore e di morte.
Io scenario successivo a queste azioni militari, fatto di disperazione e di invocazioni di pace, permette di cogliete con netta evidenza l'impopolarità del regime fascista, responsabile di una guerra non voluta.
Il Re d'ltalia, Vittorio Emanuele III, percepisce che non si può andare oltre perché c'è il pericolo, che la collera popolare venga organizzata dai partiti antifascisti ed incanalata in maniera tale da spazzare via non solo il regime fascista ma la stesa dinastia sabauda.
Queste preoccupazioni lo spingono a definire i tempi d'azione così che , nella notte fra il 24 e il 25 luglio, Mussolini, da parte di elementi legati alla corona, viene messo in minoranza durante una seduta del Gran Consiglio.
Questo significava la fine della sua autorità incontrastata e il presupposto del suo successivo arresto.
Proprio il 25 luglio a Ceccano si concludono i riti per la festa del Sacro Cuore: in serata dopo una lunga e affollata processione che si snoda per le vie del paese, arrivati nella chiesa di S. Nicola' il predicatore prega e fa pregare per i soldati e per la pace.
Le uniche notizie riguardanti la caduta di Mussolini le abbiamo da don Peppino De Sanctis che nel suo diario personale registra: «solamente dopo le 22, stando in casa con le finestre aperte per il caldo, e con le luci spente per l'oscuramento antiaereo, si è sentita dalla strada qualche voce che alludeva all'avvenuto cambiamento del capo del Governo. Siamo andati allora alla radio ed abbiamo sentito i proclami del Re e di Badoglio trasmessi in ripetizione».
I fatti dello stabilimento della B.P.D.
Con l'arresto di Mussolini, il 26 è grande festa a Roma ed in altre città italiane.
Vale la pena, riportare quello che succede alla B.P.D. di bosco Faito proprio in queste ore di concerto.
In questa fabbrica ben mimetizzata naturalmente in un folto bosco di querce esteso per trecento ettari, collegata da un binario alla stazione ferroviaria di Ceccano, ove dal 1939 si costruivano proiettili e spolette di vario calibro, lavorano più di cinquemila persone, di cui la metà donne. Direttore dall'inizio dell'anno è Giovanni Carrasi, un ingegnere proveniente dall'Ansaldo di Genova.
Attorno a costui sin dal suo arrivo fioriscono voci ed illazioni mai ben definite. Infatti, anche se, in termini molto generici, egli viene considerato un sovversivo, una cosa si può affermare con certezza: non è simpatico ai fascisti ed agli altri dirigenti. Possiede un fisico ordinario, è basso e stempiato. Preferisce girare da solo nei reparti e sempre con un puzzolentissimo mezzo sigaro in bocca. Insomma è tutto il contrario del primo direttore, Muller, alto, robusto, atletico, un bell'uomo insomma, dai modi eleganti, in grado di mettere sempre soggezione, secondo i canoni voluti dall'estetica fascista. Muller amava girare nei reparti con una piccola corte di dirigenti. Egli veniva rimpianto dalla gerarchia aziendale, poiché sapeva, anche formalmente, rappresentare il comando, l'autorità, il potere.
Il 26 luglio le cose improvvisamente, così come vedremo, agli occhi di tutti diventano limpide e si sgombera così il campo da ogni dubbio.
Quella mattina, infatti, Carrasi arriva in fabbrica alla solita ora. Entra nel suo ufficio, manda a chiamare due conosciutissimi fascisti, ai quali ordina di fracassare il maestoso quadro di Mussolini che domina la sua stanza. Un atto certamente plateale, comunque dirompente per l'immediato eco che ha fra gli operai. Da quel giorno Carrasi, pur senza dichiararsi verbalmente, viene ritenuto per quello che in fondo era: un comunista. Fino ad allora i comunisti erano stati identificati con gli emarginati, gli insoddisfatti,mi vinti. Improvvisamente, invece, un uomo del potere rompe questa immagine tanto consolidata: tutto ciò sconcerta gli animi di coloro che avevano ritenuto impossibile che un potente potesse compiere un atto così clamoroso.
Carrasi, come comunista, lo ritroveremo nei giorni immediatamente successivi alla liberazione quando, fino al novembre del 44, dirigerà contemporaneamente la segreteria della federazione di Frosinone e la giunta dell'Amministrazione Provinciale.
Ma al di là di questa vicenda individuale, alla B.P.D. di Ceccano, a riflettere bene, da tempo accadevano cose strane dovute forse alla crescita incontrollata delle maestranze.
Non dimentichiamo che la guerra aveva imposto ritmi di lavoro più intensi, una più elevata produzione e quindi nuove e numerose assunzioni, tali da non permettere più quel controllo ossessivo e quell'azione di filtro che, almeno all'inizio, aveva permesso di utilizzare operai <<plasmati>> e quindi difensori del regime.
Nei reparti quindi, è sempre più facile incontrare giovani apprendisti Che non sopportano il regime di fabbrica, che compiono banali atti di indisciplina e manifestano una palese insofferenza verso gli impiegati, ai loro occhi considerati come privilegiati. Il reparto più difficile, meno governabile è quello dove si producono i proiettili di 20 mm. Vi lavorano circa 400 operai tutti qualificati è alcuni venuti da fabbriche del nord spinti dalla speranza di migliori salari. Ci sono, inoltre, operai rimpatriati, quali antifascisti, dalla Francia dal governo filotedesco del generale Petain; gente che conosce bene il mestiere e che in parecchi casi ha fatto anche una discreta fortuna economica.
Stranamente, è con l'arrivo in fabbrica dei fratelli Loffreda, di isola Liri, che si incominciano a sentire nell'interno dei reparti le note fischiettate di «Bandiera rossa» e dell'<<Internazionale>>, e a vedere qualche emblematico pugno chiuso. Qualche incitazione sovversiva, qualche saluto, qualche scettica parola sull'andamento della guerra serpeggiano sempre più di frequente fra gli operai.
Un clima più cospirativo, invece, si respira, sia prima che dopo il 25 luglio, nell'ufficio di Andrea Aversano, dai più stretti collaboratori conosciuto come aderente al partito popolare.
Il suo ufficio è il luogo ove sempre più spesso si incontrano anche Fischer e Torti, ambedue socialisti, e il comunista Bianchi, un operaio specializzato. Quest'ultimo, forse già collegato con i gruppi romani della Resistenza, sostiene la tesi della necessità di non far cadere i nuovissimi macchinari esistenti in fabbrica nelle mani dei tedeschi. Tale intenzione prende consistenza e si realizza dopo l'8 settembre quando il gruppo seppellisce le macchine più utili nel rifugio della fabbrica, ostruendone poi l'ingresso con la dinamite. Purtroppo non dobbiamo dimenticare che , pur in grande difficoltà, i fascisti sono ancora numerosi, hanno tantissimi occhi e finissime orecchie.
Sicuramente qualcuno informò I'ingegnere Dell'Oglio del posto esatto ove erano stati sepolti i macchinari, poiché sarà questo zelante collaborazionista ad indicare ai tedeschi il luogo esatto, permettendo così la sottrazione del prezioso materiale.
È nella fabbrica della B.P.D. dunque ove si manifesta più forte il dissenso verso il fascismo.
Questi atti di contestazione diffusa, capillare, penetrano però sempre di più nella società ceccanese, alimentando coraggio e impedendo così nei mesi successivi, la riorganizzazione di un consenso attorno ai fascisti.
Saranno pochissimi, infatti, i giovani che risponderanno al bando Graziani, attraverso il quale, coattivamente, essi venivano reclutati nella repubblica di Salò.
Si abbattono le insegne del fascismo
Qualche giorno dopo l'episodio riguardante l'atto compiuto dal direttore Carasi, alcuni ceccanesi molto determinati, abbattono le insegne fasciste collocate vistosamente sulla Casa del Fascio, sul serbatoio e sulla facciata del Palazzo Comunale.
L'animatore di questa iniziativa, che in verità viene sostenuta da molte persone, è Mattia Staccone un accanito antifascista mai piegato dalle prepotenze.
Quando, prima della guerra, era stata apposta, sul muro dell'edificio comunale, la lapide <<delle sanzioni>> celebrante i fasti del regime fascista, Staccone era presente alla cerimonia, ma certamente non per sostenere l'iniziativa.
Il giorno della messa in opera è per molti ceccanesi un avvenimento particolare, malgrado le condizioni atmosferiche non siano clementi. La cerimonia, infatti, avviene in una giornata grigia e piovosa. La piazza del Comune è gremita di alunni delle Scuole Elementari, muniti di gagliardetti, tutti schierati ed allineati alla perfezione. Gli adulti invece, a gruppetti sparpagliati, sostano alla estremità della piazza.
Mattia Staccone, lasciata la sua bottega di sarto si avvicina, ma non troppo, e con aria distaccata, assiste alla cerimonia.
Nel momento in cui la lapide viene scoperta, uno squillo di tromba sottolinea la solennità dell'avvenimento e nella piazza, tra ragazzi si osserva un silenzio assoluto. Il Mattia Staccone invece, si trova fermo in prossimità dell'arco che delimita la piazza comunale: la mano destra è posata sul bastone ed il corpo è appoggiato alla parete.
Il suo sguardo è triste e malinconico perché da circa venti anni è costretto a subire i successi del fascismo. Il suo comportamento, la condizione psicologica di prostrazione danno l'immagine di come il fascismo trionfante abbia debilitato ogni opposizione, ogni resistenza se pur minima. Per anni egli ha assistito impotente a simili scene; é stato più volte arrestato, manganellato e costretto ad ingoiare l'olio di ricino sotto le violenze fasciste. E naturale quindi immaginare il suo stato d'animo nei giorni successivi la caduta del fascismo, ed in particolare, mentre, visibilmente commosso, abbraccia Leone Tanzini e Peppinuzzo Innico che sono gli esecutori materiali del distacco della lapide.
In quelle ore in cui si abbattono le iscrizioni fasciste, la popolazione di Ceccano partecipa numerosa e composta. Non si registrano scene di sfrenata euforia, né episodi di ritorsione di antifascismo verso i fascisti. Si sente solo il suono di qualche sonoro schiaffo dato da qualcuno che ha subito angherie e che finalmente può farsi giustizia. I giorni che seguono la caduta del fascismo non sono facili per coloro che fino ad allora hanno potuto spadroneggiare impunemente, sicuri della propria autorità, boriosi e sempre pronti a trarre piccoli vantaggi personali.
Questi personaggi, da un giorno all'altro, si trovano spogliati di cariche, di autorità e di potere. Se si incontra qualche incauto per le strade di Ceccano (molti non osano uscire più di casa), questi ha perso quello sguardo intimidatorio, quella ostentata padronanza di modi, quell'incedere sicuro e sfrontato, volutamente somigliante a quello dei gerarchi di più alto grado.
In questi giorni i cittadini appaiono sollevati, quasi contenti, anche se incombe su tutti il timore che possa nascere un nuovo governo avente le stesse caratteristiche autoritarie di quello appena caduto.
CAPITOLO III
L'ARMISTIZIO E LA RESISTENZA
Il generale Castellano, a Cassibile, in Sicilia, il 3 settembre 1943, a nome del re firmava I'armistizio con il generale Smith.
Le gerarchie italiane speravano di annunciare tale evento con una decina di giorni di ritardo, in occasione di un massiccio sbarco alleato sul continente, accompagnato da un lancio di paracadutisti americani sulla città di Roma.
Si trattava, infatti, di un bel progetto, furbescamente architettato e tale da poter offrire buone giustificazioni sia nei confronti dell'alleato tedesco che dei cittadini e dei combattenti per il grave atto compiuto.
Solo che questo funzionale disegno non si doveva realizzare in quanto il generale americano Eisenhauer, non intendeva rinviare l'annuncio dell'accordo; pertanto il maresciallo Badoglio, capo del governo, la sera dell'8 settembre fu costretto a, leggere alla radio il comunicato dell’armistizio.
Alle diciannove e quarantacinque dalla sede dell'EIAR il maresciallo legge il testo del messaggio che suona così <<. . . .riconosciuta l'impossibilità dell'impari lotta.... deve cessare ogni atto di ostilità verso le forze anglo americane da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi di qualsiasi provenienza>>.
Il messaggio esprimeva irrisolutezza e studiata ambiguità; non deve stupire dunque se alle prime luci del giorno successivo il Re, la famiglia reale, Badoglio con generali ed altri burocrati abbandonarono Roma diretti verso Pescara ove si imbarcarono su un vaporetto per raggiungere Bari.
Questa fuga ignominiosa lasciava alle spalle lo sfacelo della nazione, mentre l'esercito italiano, impegnato su più fronti, rimaneva improvvisamente senza guida e senza direttive ed in balia degli eventi e della reazione tedesca.
Dalle nostre parti la speranza di un'immediata fine della guerra e conseguentemente dei bombardamenti, del sangue e del terrore è di breve durata poiché il 9 settembre quando il sole è prossimo al tramonto, quasi a confermare le scettiche voci riguardanti la pace, un carro armato avanza lungo la strada che risale verso la parte alta di Ceccano. È color sabbia e appartiene all'Africa Corps tedesco; arriva in piazza Madonna della Pace ove con un'inversione a <<U>> schiaccia uno spigolo di marciapiede; i segni sono ancora evidenti, là dove oggi c'è una Torrefazione. Il carro si piazza in modo tale da avere alle spalle la chiesa, su un crocevia di importanza strategica, onde scrutare i movimenti che si ritengono sospetti.
Il carro armato del nove settembre costituisce il primo segnale della futura occupazione tedesca. E la dimostrazione che la guerra non è finita.
Il 10 infatti c'è un bombardamento a tappeto delle forze alleate su Cassino; il giorno successivo toccherà alla città di Frosinone: il bombardamento causerà danni gravissimi alla città ed una ventina di morti, Il dodici settembre le fortezze volanti alleate attaccheranno il campo di aviazione, procurando danni ingentissimi e lasciando settanta soldati tedeschi sul terreno, tra quelli che già avevano occupato l'aeroporto.
Frosinone sarà vittima nel mese di ottobre di altre due incursioni aeree, il venticinque quando viene colpita la stazione ferroviaria ed i morti saranno trenta e pochi giorni dopo, quando le zone prese di mira saranno il centro urbano e l'Osteria De Matthais ove sul terreno si conteranno cinque morti.
La Resistenza in Ciociaria
Mentre i tedeschi rafforzano le posizioni attorno a Cassino, Mussolini, il dodici settembre, è liberato sul Gran Sasso da un ufficiale tedesco, per costituire la Repubblica di Salò, ad uso e consumo dei suoi alleati.
Con l'aumentata presenza delle truppe di occupazione germaniche, i fascisti, o quello che resta, rialzano la testa, collaborano attivamente invitando i giovani a battersi a fianco dei tedeschi.
Hanno un argomento propagandistico molto serio, usato con una certa efficacia: la fuga del re, di Badoglio e degli altri Generali, rappresenta una vergogna nei confronti dell'alleato tedesco, per cui occorre riscattare la Patria tradita.
Mussolini, annunciando la costituzione del Governo formato da lui e da altri sette ministri a lui fedeli, da radio Monaco ordina di appoggiare efficacemente e cameratescamente l'esercito germanico. Egli vuole contrapporsi al Regno del Sud, al Re ed a Badoglio stabilitisi, dopo la fuga, nella città di Bari.
L'appello all'arruolamento non trova gli entusiasmi sperati. Nei giorni successivi all'armistizio la gran parte dei soldati italiani cerca di ritornare a casa, altri invece si uniscono in Jugoslavia, Albania, Grecia, alle forze della Resistenza locale; pochi sono quelli che si aggregano con i tedeschi. Mezzo milione di uomini invece verrà fatto prigioniero da questi.
Il dieci settembre con un moto molto spontaneo, Roma, nei pressi di porta S. Paolo, soldati e popolo si erano già trovati uniti a lottare con le poche armi e con i pochi mezzi a disposizione contro l'occupante straniero.
«Porta S. Paolo, costituisce il seme fecondo gettato per far sbocciare la stagione della Resistenza, momento alto della storia d'ltalia, eroico e tragico, inteso oggi come un secondo Risorgimento.
Sempre a settembre, a Cefalonia, in una sperduta isola nel mar Ionio, ufficiali e soldati della divisione <<Acqui>>, si opponevano affinché le nostre artiglierie non cadessero nelle mani dei tedeschi.
Dal 14 al 20, i nostri soldati con un eroico comportamento contrastarono la superiorità militare tedesca combattendo in modo valoroso. I tedeschi per l'occasione non fecero prigionieri, Pertanto alla fine della battaglia i nostri soldati (oltre 8.400) vennero tutti massacrati.
Un'altra pagina gloriosa scritta dalla Resistenza è quella riguardante l'insurrezione di Napoli. Dal 28 settembre al 1 ottobre il popolo napoletano (affiancato da molti scugnizzi) combatté per le strade e per i vicoli della città, costringendo il generale Scholl alla resa, dopo quattro giorni di aspri combattimenti.
La città pagò un alto tributo di sangue in nome della libertà e della sovranità nazionale, lasciando sul terreno trecentoundici morti e trecentosessantadue feriti.
In mese, si sviluppa il fenomeno degli sbandati, costituiti da ex soldati e dai richiamati che non hanno voluto servire i repubblichini.
Le montagne sono piene di giovani che non accettano di stare con Mussolini ed i tedeschi. Essi preferiscono ribellarsi e prendere le armi, sperando così di accorciare i tempi della guerra oltre che di costruire un nuovo ordine politico.
La Resistenza è un fenomeno nazionale, e riguarda quindi anche la nostra area geografica.
Pur in una condizione estremamente difficile, a ridosso,di Cassino, nascono, anche qui da noi le formazioni partigiane e benché non sia il caso di entrare nei particolari delle azioni e delle questioni aperte, è opportuno riportare il quadro generale che si forma attorno Ceccano.
Ogni realtà locale tende a costituire delle proprie formazioni partigiane; esse quindi si presentano di fronte al nemico frantumate e senza collegamento.
Le più importanti che meritano di essere ricordate sono quella di Fiuggi, capeggiata dal prof. Conti, quella di Anagni, da Leone Anemone, di Sora, dal capitano Buccello. A Collepardo, nasce una formazione per iniziativa di Saverio Turnetti, Giuseppe della Martina e Filiberto Ottaviani. Sul Garigliano operano gruppi direttamente legati all'esercito alleato, al comando del capitano Antonio Gagliardi, sulla testa del quale pende una taglia di un milione di lire fissata dal generale tedesco Ghelmer.
Non la intascherà. mai nessuno e Gagliardi al termine del conflitto, vivo e vegeto sarà decorato di medaglia d'argento alla Resistenza.
A Ceprano, il gruppo guidato da Simone De Silvestro merita di essere ricordato per aver salvato il 25 maggio 1944, con operai e tecnici, la locale centrale elettrica dalla distruzione tedesca.
A Fontana Liri opera per rutto l'inverno la formazione guidata da Arturo D'Innocenzo. Con l'arrivo degli alleati D'Innocenzo amministrerà Fontana Liri, per un breve periodo, alla stessa maniera di una <<Repubblica autonoma>>.
Nella nostra provincia e con molta probabilità in tutto il Lazio la formazione partigiana più attiva è quella di Paliano, guidata da Enrico Giannetti. Priva di elementi badogliani, si procura le armi combattendo; essa è legata alle formazioni romane ed in più di qualche occasione opera di concerto con il gruppo di Palestrina. Pur avendo subito duri colpi, durante il mese di marzo è in grado di riprendere l'attività e di colpire i tedeschi fino all'ultimo giorno di guerra.
Anzi per capire la particolarità ed il ruolo avuto dalla banda, bisogna ricordare che i partigiani occuparono Paliano il 28 maggio, prima dell'arrivo degli alleati. Furono proprio loro a disattivare le mine lasciate dai tedeschi permettendo così l'ingresso americano nel paese. Va precisato, inoltre, che la banda di Paliano era composta da elementi comunisti. Giannetti, infatti, durante gli anni trenta era stato in Francia dove aveva curato <<il soccorso rosso>> per i combattenti nella Repubblica di Spagna.
Dopo la liberazione fu Sindaco di Paliano, e successivamente, per un certo periodo, segretario della Federazione Comunista di Frosinone. E morto nel 1980.
Le bande partigiane di Ceccano
Il 4 Ottobre a Ceccano si costituisce una banda partigiana.
È a questa data, infatti che, attraverso un proclama, essa nasce sotto la guida di un Comitato di salute pubblica, il cui promotore è Giuseppe Ambrosi, avvocato, più volte segnalato alla polizia fascista come persona sovversiva.
Durante la prima guerra mondiale ha combattuto con il grado di sottotenente.
Appartiene ad una agiata, famiglia ceccanese imparentata con il marchese Berardi ed è figlio e nipote di due Sindaci di Ceccano: Agostino e Loreto Ambrosi. Aveva migliorato il suo patrimonio dopo la morte di suo zio Domenico, vescovo di Poggio Mirteto prima e di Terracina poi.
Gli altri membri del Comitato di salute pubblica sono: Lorenzo Angelini, Mario Reali, Nicola Moscardelli, Battista Romolo, Renato Pennino e lo stesso Ambrosi.
Bisogna però precisare che quando questo si costituisce, alcuni giovani si sono dati già alla macchia, guidati da Romolo Battista e nei giorni seguenti molti altri sceglieranno la stessa via.
Sono circa centocinquanta i giovani che in un primo momento mettono a repentaglio la loro vita, non solo perché decidono di combattere il nemico equipaggiati alla meno peggio, e con idee poco chiare in testa, ma anche perché disobbediscono al bando Graziani, il quale impone l'arruolamento obbligatorio nella Repubblica di Salò, pena la morte immediata.
La banda però non ha vita facile; sin dal nascere, infatti, cominciano le prime rivalità fra Battista e Ambrosi dovute ad incompatibilità di carattere e a problemi di leader schips. Per questi motivi la banda originale si divide in due tronconi, per cui gli accampamenti sono separati: la banda di Battista è situata sulla proprietà dei Ferdinandi mentre quella di Ambrosi è sul possedimento dei Fumanti.
Dopo i primi giorni le entusiastiche e disinteressate adesioni di questi giovani si scontrano con una drammatica realtà: la difficoltà di vettovagliamento e di rifornimenti.
La gran parte rinuncia alla lotta; rimangono così trenta persone circe, ma non va trascurato il fatto che pur sopravvivendo con i buoni di prelevamento rilasciati a contadini e ad altri cittadini, il problema dell'approvvigionamento resterà un grosso argomento di polemica successiva.
I patrioti di Ceccano hanno la caratteristica più di un’ avanguardia isolata che di una punta avanzata di un vasto movimento insurrezionale.
Non hanno alle spalle infatti, forze sociali che li sostengono.
Pochi sono i finanziatori ed i rifornitori di derrate alimentati e molto spesso c'è incomprensione e scetticismo.
A dimostrare le scarse basi di sostegno è significativo il fatto che ogni tanto qualche familiare dei partigiani dal centro di Ceccano porta generosamente qualcosa da mangiare che ovviamente viene diviso fra tutti coloro che in quel momento sono presenti sul campo.
Pur se divise e ridimensionate nella quantità, le bande operano attivamente lungo i Monti Lepini per tutto il mese di ottobre e novembre, ottenendo anche dei successi. Il 18 ottobre a Giuliano di Roma viene occupata la Casa del Fascio, da dove si prelevano armi e munizioni, distruggendo poi la suppellettile interna.
Inoltre, i partecipanti all'azione riescono ad entrare in un laboratorio militare tedesco e distribuiscono vestiti militari all'incredula popolazione.
Lo stesso giorno, in Villa Santo Stefano, il commissario prefettizio, Luigi Bonomo, quasi a voler manifestare la sua simpatia verso la Resistenza, consegna ai patrioti cinquanta chilogrammi di farina e cinque litri di olio.
Nei giorni successivi una pattuglia si reca a Patrica per stabilire eventuali collegamenti con il tenente colonnello Bufalini, dello Stato maggiore del Governo Badoglio, e per coordinare le iniziative. Infatti a Patrica, pur non essendoci una banda nel vero senso della parola, c'è all'interno del paese, una trama cospirativa che fa capo oltre che al citato Bufalini anche al colonnello Musumeci.
I partigiani ceccanesi di ritorno da questa missione infruttuosa, passando per la strada Marittima, in prossimità del bivio di Ceccano, sparano contro due tedeschi in motocicletta; uno dei due, in seguito alle gravi ferite riportate, morirà.
Qualche giorno dopo di ritorno da Supino e Patrica, una pattuglia di partigiani, affronta tre tedeschi che stanno cercando di violentare alcune ragazze presso la località Lagoscillo.
Due tedeschi vengono mitragliati da Battista, il terzo, finito gravemente da alcune bombe a mano lanciate da Moscardelli, viene ferito con un colpo di moschetto sparato da Agostino Piroli. Sempre nello stesso giorno, la pattuglia ha la fortuna di aggiungere alle proprie imprese, un'operazione molto utile dal punto di vista della dotazione militare: a ridosso della diga della Tomacella vengono recuperate due casse di bombe a mano e dei proiettili per moschetto.
La fortuna aiuta gli audaci, tanto che un tale Archilletti mette a disposizione il suo carretto per trasportare tutto il materiale nel campo di Battista.
Questa ultima azione galvanizza tutti i patrioti; il successo ottenuto dà. ancora più slancio e coraggio, sollecitando così altre operazioni.
Viene fatto saltare, allora, il ponte della Badia per ritardare l'installazione di una batteria antiaerea che i tedeschi vogliono piazzare proprio sotto la montagna. Inoltre c'è un tentativo di liberare il padre di un partigiano prigioniero dei tedeschi, dentro il saponificio Annunziata, ma l'azione nonostante il coraggio e la determinatezza, non si conclude felicemente, perché una sentinella tedesca riesce a dare l'allarme; essa, comunque, rimane ferita da Battista.
Infine, il 20 novembre in contrada Maiura un maresciallo tedesco viene sequestrato, privato degli stivali e rinviato a piedi nudi presso il battaglione di appartenenza dislocato presso le Cocce.
Negli stessi giorni i partigiani raggiungono un accordo con Padre Germano, guardiano del convento dei Padri Passionisti, il quale, anche egli convinto da una certa passione patriottica, si mette a disposizione per suonare da otto a dodici rintocchi di campane in caso di arrivo delle truppe tedesche.
I rintocchi di Padre Germano non potranno però evitare la dispersione dei partigiani, quando arriverà un reparto di SS da Tivoli per risolvere militarmente e definitivamente la questione aperta. Le azioni dei partigiani ceccanesi, per quanto irrilevanti dal punto di vista strategico militare, costituivano una spina nel fianco tedesco, un fastidio diventato preoccupante e al limite di ogni sopportazione. I tedeschi, dunque, portano un colpo risolutore: decidono un rastrellamento che però non produce morti tra i partigiani; verranno solo bruciate le capanne dove vivono i partigiani e quelle di alcuni contadini.
Prima però avevano fatto un'incursione nel convento dei Passionisti perché ritenevano che i partigiani fossero alloggiati nell'interno. Tale azione è preparata con cura meticolosa: vengono sfondate contemporaneamente tutte le porte di accesso prima e rovistate con molta durezza le celle poi. I tedeschi solo dopo tre ore di infruttuose ricerche, accompagnate anche da colpi di mitra e di pistola, sparati per intimidire i religiosi, decidono di allontanarsi dopo aver derubato il convento di materiale vario e trascinando come ostaggi alcuni giovani trovati nascosti nei granaio.
A tale reazione tedesca il gruppo si sfalda; per giorni i patrioti girovagheranno sui Lepini per disperdersi successivamente.
Qualcuno farà il pecoraio, altro dopo un po' di tempo si ricongiungerà con i propri familiari sfollati, Battista, da solo, andrà a nascondersi a Carpineto mentre l'avvocato Ambrosi insieme ad alcuni fedelissimi, attraverso Lenola e Formia, arriverà fino al Garigliano, ove cercherà di unirsi alle forze alleate.
Le disavventure familiari di Battista
Nell'inverno del 1944, Romolo Battista a Carpineto sarà ben protetto da alcuni partigiani di quella zona che vivono nell'anonimato, fra sfollati e cittadini.
Proprio a Carpineto, verrà a sapere che dopo il rastrellamento tedesco, di cui abbiamo parlato, come rappresaglia nei suoi confronti, sono stati catturati il padre, la madre, la sorella, il cognato e la nipotina.
Inoltre saprà che è stata danneggiata gravemente, perché completamente razziata dai tedeschi, la fiorentissima bottega di orologeria e oreficeria di suo padre Bernardo, situata in Borgo Garibaldi. La madre e la nipotina verranno rilasciate dopo pochi giorni mentre gli altri parenti rimarranno in carcere per tre mesi a Frosinone e per due mesi a Paliano.
Intanto Romolo Battista a Carpineto riprende i collegamenti con alcuni esponenti della banda di Ceccano. Un gruppo di operai della B.P.D. di Colleferro, che aveva conosciuto prima della guerra, apre una sottoscrizione per aiutarlo; gli vengono così consegnate un migliaio di utilissime lire.
Oltre a ciò va pure riportato che vi fu anche un momento in cui fra i partigiani si discusse sull'opportunità di attaccare il carcere di Paliano per liberare alcuni loro compagni.
Dopo varie discussioni e verifiche questa generosa intenzione venne accantonata.
Credo sia opportuno fare gualche considerazione sulle due formazioni partigiane ceccanesi di cui abbiamo parlato. Prima di tutto va riconosciuto che tutta l'attività militare pesa sul gruppo capeggiato da Battista. L'audacia di questa formazione fa in modo che alcuni uomini di Ambrosi (Moscardelli, Pennino) si accodino di volta in volta in ogni loro azione.
Nessuno dei partigiani ha legami con i partiti. Tutti accettano la guida del Governo Badoglio, mentre Ambrosi ha stretti rapporti epistolari con un colonnello dei Bersaglieri, Gervasoni, che si trova nascosto in territorio di Ceccano, presso l'abitazione di Aversa Fabrizia, e dal quale sembra accettare qualche consiglio.
Lo scontro polemico tra Ambrosi e Battista fu un fatto negativo, perché non permise di unificare e dispiegare tutte le forze a disposizione: creò difficoltà anche nel dibattito politico successivo ed in particolare nel rapporto tra comunisti e socialisti. Ambrosi,infatti, aderì al partito socialista mentre Battista approdò a quello comunista, in sèno al quale, fino al 1951 fu un dirigente autorevole.
Bisogna riconoscere che le divisioni createsi durante l'occupazione tedesca sono la diretta conseguenza della mancanza di una direzione politica a Ceccano. Da quando viene costituita la banda partigiana fino all'ultima azione militare tutto viene fatto all'insegna della più elementare spontaneità ed improvvisazione.
Manca, insomma, la redazione di un programma futuro e non sono chiari gli obiettivi immediati sia politici che militari in grado di determinare un coagulo di interessi generali, tali da evitare I'insorgere di antagonismi personali e rivalità di gruppo.
La mancanza di una autorità politica e morale non permette di saldare questa avanguardia con tutto il paese, né di avere un legame con gli altri gruppi partigiani che operano nella zona.
Se questo fosse avvenuto le azioni sarebbero state senz'altro più incisive e con molta probabilità avrebbe potuto prendere corpo anche la possibilità di salvare i macchinari della B.P.D. di bosco Faito, evitando così la rapina tedesca. Non per niente il Comitato Nazionale di Liberazione si costituisce a Frosinone solo nel gennaio del 1944.
Come ha sempre affermato Giorgio Amendola, a livello nazionale ci fu un dèplorevole ritardo nell'iniziativa dei partiti antifascisti fra il 21 luglio e l'8 settembre, e questo è ancora più tangibile in provincia di Frosinone dove tale ritardo è parzialmente colmato nel gennaio del 9414. Solo con il passaggio delle truppe alleate, si verrà definitivamente superato, quando cioè verranno costituiti i Comitati di Liberazione in ogni paese, con tutti gli inevitabili problemi però di opportunismo e trasformismo che a volte presenteranno.
Capitolo IV
NOVEMBRE
Siamo andati un po' avanti nel tempo con la descrizione degli episodi legati alla Resistenza; è opportuno, perciò tornare indietro per ragioni di chiarezza e riprendere la narrazione cronologica degli avvenimenti per riportare fatti importanti accaduti nella nostra provincia nel mese di novembre e nel periodo successivo'.
La nostra popolazione, pur vedendo bombardare la città di Frosinone e pur éssendo ben informata delle distruzioni e del numero delle vittime, spera ancora che a Ceccano non venga riservata la stessa infausta sorte .
Tra i cittadini ceccanesi c'è molta preoccupazione ed angoscia; tuttavia sfugge qualcosa in termini di consapevolezza: non si sa ancora ciò che la guerra si appresta concretamente a procurare.
In tutta la sua storia millenaria, se escludiamo i morti del millenovecentodiciotto dovuti alla epidemia di «spagnola», Ceccano non ha conosciuto terremoti, non è stata mai distrutta né bruciata e non è stata mai schiacciata dal dominatore straniero.
Proprio perché le nostre popolazioni hanno vissuto per secoli in pace e quindi non hanno mai assistito a ritorsioni, violenze o stragi umane, sono molti quelli che pensano, o meglio si illudono, in questo momento che i bombardamenti devono riguardare solo Frosinone in quanto città capoluogo di provincia.
Anche per questo alcuni di quelli che da Ceccano hanno assistito come da una platea ai bombardamenti di Frosinone lo hanno fatto con animo quasi distaccato, immedesimandosi nella tragedia solo in parte.
In settembre e ottobre, insomma, molti sono quelli che ancora sono convinti che Ceccano non costituisce un punto strategico da colpire non considerando che sul territorio esistono una fabbrica di munizioni, uno scalo ferroviario ed un ponte sul fiume Sacco.
La vita seguita così a svolgersi in un modo tale che tutto ormai è considerato regolare pur nell'anormalità, nel senso cioè che, ad esempio, i prodotti di prima necessità si acquistano razionati nei negozi e dopo aver fatto interminabili code . Tutti vivono ancora in paese, nelle proprie case ed a contatto con quel che resta dei propri beni.
Questo avviene fino al tre novembre. Questo giorno, infatti, segna un momento importantissimo nello sviluppo degli avvenimenti che stiamo'esaminando: dalla sofferenza della fame, dall'angoscia dell'incertezza che riguarda il futuro, si passa in un batter d'occhio, a toccare con mano la crudeltà e gli orrori della guerra.
Due giorni prima c'era stato il bombardamento su Pontecorvo con la devastazione del cimitero e dell'ospedale: moltissimi furono i feriti rimasti senza soccorso e tanti i morti che rimasero senza sepoltura.
Cadono le prime bombe
Sono le 10,40 del 3 novembre l943 quando sei caccia bombardieri fanno la loro comparsa sul nostro cielo. Il loro obiettivo è quello di colpire il ponte sul Sacco, ma per tre lunghissime ondate si accaniscono solo su una popolazione inerme ed impreparata. Il perimetro colpito dalle bombe è quello riguardante la Piazza e la zona di S. Pietro; è infatti, in questa parte di Ceccano che vengono distrutte molte case, gran parte delle quali erano situate a ridosso della chiesa, che al termine delle incursioni risulterà lesionata e pericolante.
Un allucinante spettacolo si presenta alla vista dei primi soccorritori: case completamente rase al suolo, edifici sventrati, macerie fumanti e pareti mitragliate. Ma questa vista stranamente non sollecita nei presenti azioni di solidarietà, ma incute solo terrore e desiderio di fuga, come se improvvisamente si fosse aperto il baratro della crudele realtà.
Grida di dolore e panico si mescolano alle invocazioni dei feriti ai quali solo pochi volontari cercano di prestare le prime cure.
A poco serve il coraggioso conforto portato da due sacerdoti: don Alvaro e don Getulio prontamente usciti dalla chiesa di S. Giovanni. Presso borgo Pisciarello, un vecchio nucleo abitato, costruito a pochi passi dalla cintura urbana, su un lembo di terra in pochi metri quadrati vengono distrutte le famiglie Maura e Cristofanilli.
In questa direzione si muovono due giovani generosi per por:are soccorso: Ermete Ricci e Amedeo De Sanctis. Aiutano il povero Alessandro Cristofanilli a tirarlo fuori dalle macerie i resti della figlia Rosa e di due nipoti, tutti ormai deceduti.
Suo figlio Mario ha preso, nel frattempo, fra le braccia I'altro nipote Luigi Maura di sette anni, gravemente ustionato. Il dolore per la perdita della sorella e dei nipoti (Giovanni e Giacinto Maura), la vista dell'altro nipote Luigi vivo, ma quasi irriconoscibile per le ferite, lo prostrano profondamente.
Egli comunque cerca disperatamente con il bimbo in braccio di dirigersi verso l'ospedale. Il percorso lungo via Pisciarello è tutto su una salita ripida e difficoltosa. Va avanti per duecento metri circa, fino a quando arriva Dario Santodonato a sollevarlo da questa grave fatica. Santodonato a passi velocissimi supera la piazza e, attraverso via Villanza, arriva in ospedale. Ma in ospedale sia per Luigi che per gli altri feriti che stanno arrivando, le cure saranno scarse perché gran parte del personale alla vista delle bombe si è allontanato.
Il piccolo Luigi morirà dopo tre giorni di atroci sofferenze.
Complessivamente i morti in seguito al bombardamento saranno diciotto: la cifra più elevata raggiunta a Ceccano in una sola giornata di guerra.
Il giorno dopo lo spettacolo si presenta ancora più desolante: parecchi cadaveri sono raccolti presso la chiesetta della Madonna del Loco e non sono nemmeno chiusi nelle bare; sono posti nella nuda terra quasi a mostrare le mutilazioni, i vestiti intrisi di sangue e le membra martoriate.
Forse perché la popolazione è rimasta terrorizzata ed esterrefatta da una crudeltà tanto inaspettata, poche sono le persone presenti al rito funebre officiato da don Vincenzo Misserville.
Al termine dello stesso, Checco Carlini e Filippo Misserville, preceduti dal sacerdote con il crocifisso ben proteso in alto, portano al cimitero su di una barella i resti delle vittime.
Una scena che si ripeterà più volte in quanto i due, rimasti soli, avranno l'ingrato compito di raccogliere, a mani nude, i corpi mutilati per compiere questo triste servizio, mossi da umana pietà.
E da rilevare inoltre un fatto che dimostra come in quelle tragiche circostanze si potesse arrivare a delle decisioni che non avevano né il senso della misura né del ridicolo. Leggendo il verbale delle deliberazioni del commissario prefettizio, Giuseppe Patriarca, si scopre che il 23 dicembre viene dato "Un premio di attaccamento al dovere di £500 di £ 400 a due vigili urbani" non, come si potrebbe immaginare, per I'aiuto dato ai feriti o per lo sgombero delle macerie o per altre simili motivazioni, ma «poiché hanno provveduto», sempre in quel tragico giorno, al recupero dei mobili della Casa del Fascio.
Ogni commento su questa delibera è superfluo; mi limito a far notare come, ancora una volta il fascismo mostrava la sua caratteristica lontana da ogni elementare senso di giustizia, e tale da offendere il buon senso dei cittadini.
Lo sfollamento
Subito dopo il bombardamento e nei giorni successivi, gran parte degli abitanti del centro urbano lascia le abitazioni e si dirige verso le campagne per cercare un rifugio sicuro, lontano dagli obiettivi militari.
Al cittadino che in quei giorni attraversa le vie del paese si presenta uno spettacolo allucinante . Lungo le stradine del centro del paese (via S. Antonio, via Cappella, borgo S. Martino, via Bellatorre, borgo Pisciarello) fra le macerie e le case sventrate si udiva solo il mesto passo di chi le attraversava.
Ovunque le porte delle abitazioni integre sono sprangate e le serrature girate a doppia mandata; qualcuno prima di andar via ha addirittura pensato di murare e sotterrare i beni più preziosi.
Nelle case mutilate il vento fa sentire il cigolio di qualche finestra o fa battere qualche porta; i gatti nervosi e miagolanti, anch'essi increduli, si muovono alla ricerca di un luogo sicuro. Qua e là ogni tanto si avverte I'acre puzzo della morte, in alto si sentono i colpi d'ala dei piccioni torraioli che volano radenti, quasi impazziti per la perdita del nido. Ovunque lo sguardo si pone appare mestizia; quella parte che per secoli aveva rappresentato il cuore pulsante di Ceccano, frequentata da allegre compagnie, straripanti di vivacità e di una inesauribile voglia di vivere, non è più la stessa.
Inizia così lo sfollamento di intere famiglie che, raggruppare alla rinfusa le poche cose essenziali, si dirigono verso la campagna in cerca di un rifugio più sicuro. Ha così inizio la convivenza con le famiglie contadine che si mostrano generose nell'accogliere i concittadini nelle loro abitazioni, tutt’altro che confortevoli.
Cinquanta anni fa, infatti, non dobbiamo dimenticare che le abitazioni di campagna non erano dotate di servizi così come oggi siamo abituati a vedere. All'epoca erano quasi inesistenti le case
in muratura. I contadini abitavano in case di legno, dotate di una finestra larga cinquanta centimetri o in stretti pagliai senza finestra con un solo buco al centro del cono fatto di paglia, impastata con sterco di animali, che fungeva da soffitto. Non esisteva luce elettrica e ci si arrangiava con il lume a petrolio. Mancava ogni servizio igienico, e si beveva solo l'acqua dei pozzi.
Alle volte lo spazio per dormire era tanto ristretto che esso veniva riservato alle donne ed ai bambini mentre gli uomini andavano nelle stalle. I più fortunati dormivano su materassi di<<scartocci» fatti con foglie secche di granoturco, altri invece su di uno strato di paglia che ogni mattina veniva rimosso ed accantonato per essere riutilizzato la sera successiva.
Sin dai primi giorni le condizioni di vita risultano essere di gran lunga più disagiate rispetto a quelle del paese, aumentano ancora di più le ristrettezze. In tutti, comunque, c'è la speranza di un breve stato di precarietà e che i disagi possono durare qualche settimana o tutt'al più un mese; questo favorisce lo spirito di tolleranza e comprensione dei nostri contadini.
Purtroppo le cose non vanno così come tutti sperano. A Cassino, infatti, proprio ad alcuni chilometri da Ceccano, i tedeschi ormai si sono bene attestati, scavando postazioni nella roccia viva della montagna ampliando grotte naturali ed inoltre, creando fortini seminterrati mimetizzati in maniera tale da non essere visti dal nemico.
Nel gergo militare questa è la linea Gustav, così chiamata da Hitler e Kesserling, ma per i ciociari sarà semplicemente il <fronte di Cassino>
A ben riflettere si può dire che i tedeschi in nessuna altra realtà del territorio italiano hanno trovato simili condizioni favorevoli.
La linea, infatti, è come una fortezza dove i due complessi montuosi del Monte Cairo e degli Aurunci rappresentano i bastioni, mentre i corsi d'acqua del Rapido, del Gari e del Garigliano ne costituiscono il fossato.
Il tuono del cannone si sente fino a Ceccano.
Esso se da una parte appare minaccioso, da un'altra sembra essere rassicurante, perché è il segnale della prossima e desiderata liberazione e quindi dell'agognata pace .
I giorni passano e così le settimane, mentre la fame e l'incertezza del domani si fanno sentire sempre di più.
Man mano che negli animi il ricordo ed il terrore del bombardamento si affievoliscono, si ricomincia a ritornare nel paese, mentre alcuni preferiscono rimanervi solo di notte.
D'altronde la vita in campagna si fa sempre più insostenibile a causa anche dell'impossibilità di soddisfare le più elementari necessità. Si preferisce, quindi, la sera tornare in paese per la presenza di luce elettrica, anche se dopo le ventuno vige il coprifuoco e l'oscuramento; in particolar modo, c'è la necessità di tenere sotto controllo la propria abitazione, per preservarla da ruberie e sciacallaggii di vario genere.
Capitolo V
L'INVERNO
Il massac ro di Vallerotonda e gli episodi di fine anno
Il 28 dicembre, Festa degli Innocenti, non passa felice per gli abitanti di Collelungo, una frazione di Vallerotonda.
All'alba, quarantadue persone vengono prelevate da una grotta-
Le vittime sono quattro soldati sbandati e senza nome, un vecchio di ottantasette anni, ventitré donne, quattordici bambini di cui otto inferiori ai quattro anni ed uno di due mesi.
Questa carneficin a, di cui gli storici parlano poco, è da considerare assurda, senza motivazion e, certamente fatta solo per int i midire e terrorizzare la popolazi one.
Una vera e propria strage degli Innocenti.
Invece il Nat ale a Ceccano è passato senza novità e la gente ha vissut o la festi vit à con molta trepidazione ed altrettanta speranz a.
I tedesc hi e ancor più i polacchi e gli austria ci per una volta tanto, si sono accomunati in questo commos so clima religioso facendo sentire i loro canti e dirigendosi numerosi a parte cipare alla messa di Natale.
L'ultimo giorno dell'anno, invece, i tedeschi preferiscono festeggiarlo a mezzanotte, sparando in aria in continuazione.
In alcune zone di Ceccano il rumore si ode tanto forte ed intermittente da far sperare si tratti dell' arrivo degli alleati.
Gennaio amaro
Il 17 gennaio divampava la prima battaglia di Cassino. Qualche giorno dopo (il 22 gennaio) avveniva lo sbarco alleato ad Anzio. Agli occhi di tutti sembrava che la strada su Roma fosse libera, aperta, facilissima, anche perché la città era difesa solo da due battaglioni tedeschi. Sembrava essere arrivato, dunque, il momento decisivo, quello tanto atteso che riaccendeva così le speranze di una immediata liberazione.
A Pofi, il parroco della chiesa di S.Rocco, Silvio Bergonzi, sembra tanto sicuro di ciò, che appresa via radio la notizia dello sbarco, ne parla dal pulpito, annunciando ai fedeli che di lì a qualche giorno sarebbero stati liberati.
Il sacerdote è duramente malmenato e inviato nelle carceri di Paliano. Più tardi verrà fucilato insieme ad altri patrioti.
A Ceccano, il 23 nello stesso momento in cui Silvio Bergonzi sta predicando nella sua chiesa, poco dopo le dieci di mattina, Teresa Ciotoli esce dalla casupola ove abita ai margini di bosco Faito per incamminarsi verso il presidio tedesco, accampato dentro la fabbrica.
Porta con sé gli indumenti di alcuni ufficiali tedeschi che ha scrupolosamente lavato e stirato; si fa accompagnare da Geltrude, Anna e Vincenzo Cristofanilli, suoi figli, e da Emilia Bucciarelli, una parente.
Con il lavoro fatto, Teresa pensa di ottenere, così come è già accaduto anche nelle settimane precedenti, non del denaro ma del pane, un po' di sale e forse della farina.
Gli indumenti da consegnare sono tanti, pertanto, occorrono più braccia per portarli, ma è domenica e il fatto che Teresa porta anche un recipiente fa pensare che con la festività avrebbe potuto ritirare anche un po' di minestra.
Con passo facile e lieto perché già immagina che la sua famiglia passerà una felice domenica, si avvicina all' ingresso della fabbrica, ma improvvisamente arrivano due caccia alleati.
C'è una sola ondata, gli aerei scendono con una picchiata radente il bosco, lanciano una bomba ed in un baleno le cinque persone perdono la vita, proprio in un momento in cui pregustano ore di serenità. Due giorni dopo, alle ore 16, alcuni aerei alleati mitragliano lungo via Marano uccidendo quattro persone: Domenico Ciotoli, Giacinto Ferraioli, Salomé Noce, Anna Ardovini.
Gli avvenimenti di Anzio non si sviluppano come previsto.
L'insipienza del generale Lukas fa fallire lo sbarco perché, per motivi mai conosciuti, si ferma inaspettatamente.
A Cassino, inoltre i tedeschi tengono bene e i tanto attesi alleati non arrivano, al contrario, il 26 gennaio aerei americani causano panico e distruzione.
Poco dopo le ore 14 i cittadini di Ceccano, usciti fuori dalle case per godersi un tiepido sole vedono dodici aerei con una doppia coda provenienti dal cielo dell' Arnara, sopra Colle Antico; virano verso nord per disporsi lungo il corso del fiume e scaricano bombe a grappolo. C'è una sola ondata.
È un attimo: il bersaglio è mancato. La squadriglia si rivolge verso sud ma all'altezza della Madonna del Piano un aereo viene colpito dalla contraerea tedesca e cade abbattuto.
Il ponte fortunatamente è salvo, ma il bombardamento ha distrutto alcuni fabbricati nella parte superiore del paese di proprietà Marini, Misserville, Apruzzese e Peruzzi posti uno di fianco all'altro dalla Piazza a via Solferino.
Anche il monumentale Santuario di S. Maria a Fiume è stato ridotto in un cumulo di rovine. La statua della Vergine, imballata a suo tempo per essere trasportata e conservata a Roma, viene trovata illesa con le vesti bruciate e senza l'involucro protettivo.
Il bombardamento costituisce un duro colpo alla fede dei Ceccanesi e delle popolazioni circostanti per tutto quello che il Santuario rappresentava.
Esso era stato per lungo tempo meta di continui pellegrinaggi e processioni che partendo dai paesi vicini, si snodavano nei pressi del Santuario, animati da ceri accesi e canti liturgici. Un colpo micidiale, inoltre, ad un patrimonio storico ed artistico per quello che la struttura muraria esprimeva.
Va ricordato che il Santuario, costruito sopra un tempio pagano eretto dall'Imperatore Antonino Pio in onore della sua sposa Galeria Faustina, venne realizzato per volontà del cardinale Giordano, fratello di Giovanni, conte di Ceccano, nel 1196. Il giorno della sua inaugurazione erano presenti, oltre al Cardinale, i Vescovi di tutto il circondario. La chiesa costruita in stile gotico cistercense era contemporanea alle abazie di Fossanova e Casamari. Interessanti erano il portale principale, l'abside, le pitture della scuola di Giotto ed il pulpito.
Nell'interno della chiesa, successivamente, era stato seppellito il cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato di Pio IX, eminente statista che ha dato lustro alla nostra città per la sua attività politica. Nel 896, merita di essere ricordato, il Santuario era stato dichiarato monumento nazionale.
A quattordici anni dal bombardamento, la chiesa verrà completamente ricostruita, là dove sorgevano originariamente, con lo stesso stile e con lo stesso materiale, perdendo però irreparabilmente quel valore artistico che l'aveva resa famosa nei secoli, subendo cosi l'analogo destino dell' Abazia di Montecassino. Peccato però che il parroco di S. Maria, don Vincenzo Misserville, promotore e organizzatore instancabile della ricostruzione, non abbia potuto vedere la «sua chiesa» nuovamente in funzione e restituita al culto, perché deceduto alcuni mesi prima. Nemmeno i suoi resti mortali hanno potuto avere sepoltura in questa chiesa, anche se esisteva, in merito, una deliberazione della giunta di Ceccano, fatta l'in domani della sua scomparsa.
Il 30 gennaio, sempre di domenica ed alla stessa ora della settimana precedente, alcuni caccia alleati tornano nuovamente a mitragliare bosco Faito. La tragica scomparsa delle cinque persone aveva lasciato grande dolore nel cuore degli abitanti della contrada. Micheli Antonio, di quarantuno anni, abitante in Colle S. Paolo era un parente delle vittime e più degli altri deve aver sofferto al cospetto di quei corpi straziati. Alla vista degli aerei che nuovamente vengono a portare morte e distruzione prende un moschetto e spara dei colpi.
I! fatto però non termina qui perché successivamente rivolge !'arma anche contro i tedeschi, anche essi responsabili della guerra In corso.
Per i tedeschi è molto facile catturare un uomo solo, disarmarlo e caricarlo su un camion per portarlo dentro la fabbrica.
Micheli durante il percorso si dibatte, reagisce e colpisce violentemente un maresciallo tedesco.
Gli ultimi momenti della sua vita nessuno è in grado di raccontarli ma certamente sono stati raccapriccianti.
Ufficialmente risulta essere stato fucilato ma il nipote Giovanni che lo dissotterrò per riportarlo in famiglia e rendergli delle degne onoranze funebri, trovò il suo corpo pieno di lividi ed ancor oggi non esclude l'inquietante ipotesi che il povero Antonio sia stato sotterrato ancora in vita.
Le requisizioni, il baratto e la borsa nera
Fra la popolazione, la situazione si fa sempre più difficile e pericolosa.
Spesso accade che i tedeschi rastrellino uomini e li portino a lavorare, per alcuni giorni, sul fronte di Cassino, dove sono necessarie, quotidianamente, braccia per scavare trincee e fossati o per piazzare armi. Quasi sempre queste persone ritornano a casa ma ogni volta al momento della forzata partenza lasciano dolore e angoscia. Sempre più spesso, infatti si ripete la scena drammatica che vede uomini prelevati con forza dalle proprie case, o per strada o nei campi, e costretti sotto la minaccia delle armi dei tedeschi a salire sui camions. Tutto avviene sotto lo sguardo atterrito e disperato dei familiari che già piangono per motto il proprio congiunto. In quelle lacrime non c'è alcuna esagerazione se si pensa che sono diretti nell' «inferno di Cassino», ove già erano state buttate e si continuavano a sganciare milioni di tonnellate di bombe. Grave inoltre, si presenta la situazione alimentare. La fame, sofferenza oramai comune, fortunatamente, aguzza l'ingegno: c'è anche chi si arrangia a lavorare con i tedeschi, ma si tratta di pochissimi privilegiati.
Con il trascorrere dei giorni si sviluppa il baratto, sempre più vantaggioso per chi possiede derrate alimentari.
Manca di tutto, c'è una diffusa penuria alimentare; il genere più richiesto è la farina; quel bianco, soffice prodotto è necessario per sopravvivere, per reggersi in piedi e per reagire ad ogni forma di rassegnazione perciò si è disposti a fare qualsiasi cosa pur di averla assicurata.
Nel periodo di cui stiamo parlando, per procurarsi generi alimentari di prima necessità tante famiglie e in particolare le donne, sono costrette a privarsi di tutto ciò che orgogliosamente hanno di caro e prezioso, come la «dote». Oltre ai capi di corredo, anche gli ori (bracciali, anelli, collane, orecchini, spille) servono per procurare un pugno di farina o un mucchietto di patate o di ceci. La donna che con il matrimonio si è portata un buon corredo assicura alla propria famiglia una vita meno precaria, perché ha una maggiore disponibilità per il baratto.
Oltre a questo tipo di scambio che viene praticato nel paese e nella campagna di Ceccano, c'è un altro mercato, senz'altro più fiorente, che si svolge a Roma, ma che interessa solo chi può scambiare la propria merce con altra, come ad esempio zucchero, sale, olio, che, una volta arrivati a Ceccano, verranno usati o per la propria famiglia o come oggetto di nuovo scambio, dal momento che in paese questi sono generi introvabili.
I contadini scelgono Roma anche per fare commercio di carne, poiché lì questa è molto richiesta, in special modo nelle trattorie. Nelle nostre campagne infatti, malgrado le continue razzie operate dai fascisti e dai tedeschi, rimane ancora qualche animale in circolazione. Il contadino, di fronte al timore di perdere la mucca o la pecora o qualche gallina, preferisce abbatterle e clandestinamente farne oggetto di scambio. Una volta suddivisa in pezzi la merce viene trasportata a spalla dentro zaini.
Alcuni, per arrivare alle stazioni più vicine quali Fossanova o Alatri usano le proprie gambe, altri la bicicletta. Da qui, infatti, proseguono con il treno fino a Roma.
Da Ceccano non è possibile usare la ferrovia, poiché il transito è impedito ai civili.
Dopo tante fatiche e pericoli, non sempre però la carne arriva a destinazione. Poteva capitare infatti di essere derubati lungo tragitto oppure essere fermati dalla polizia fascista che sequestrava tutta la merce. Chi dopo qualche giorno ritornava a casa con altri generi a1imentari, dava la possibilità di poter mangiare qualcosa in più o di diverso. Il fenomeno della vendita clandestina di carne si protrarrà ancora negli anni successivi alla guerra anche se avrà una connotazione diversa.
Capitolo VI
LUIGI MASTROGIACOMO E LE FOSSE ARDEATINE
Mentre le truppe alleate da due mesi inspiegabilmente rimangono ferme sul litorale di Anzio, alle 15,30 del 23 marzo alcuni partigiani romani, guidati da Carla Capponi e Rosario Bentivegna portano a compimento un attentato in via Rasella, in Roma.
L'obiettivo è un reparto tedesco, che viene colpito e perde 32 soldati. Sul suolo restano, inoltre, una decina di feriti, mentre il resto del reparto viene messo in fuga dagli attentatori. Uno dei feriti morirà qualche ora dopo in ospedale.
Un colpo gravissimo per l'esercito tedesco, sia dal punto di vista militare che formale, in quanto per mesi quei soldati avevano marciato indisturbati nel centro di Roma facendo sentire a tutta la popolazione le loro sicure cadenze ritmare ed il loro spavaldi canti di guerra.
Ora, invece, in una strada del centro di Roma e sotto lo sguardo di tutti, alcuni civili italiani con un imprevisto colpo di mano, hanno mortificato davanti alla città ed al mondo intero, i rappresentanti di un esercito che ancora si riteneva essere invincibile.
Tutto ciò costituisce una grave offesa, un oltraggio che solo il sangue italiano può lavare. Questa è la grave sentenza proclamata da Hitler dal suo quartier generale. In preda al furore ed alla paura egli ordina che per ogni tedesco ucciso debbano essere fucilati dieci italiani, già condannati a morte.
Il giorno dopo, il 24 marzo, trecentotrentacinque uomini vengono trasportati con camions sulla strada Ardeatina, dove vengono uccisi con un colpo alla nuca.
Solo alcuni di questi, però, sono stati precedentemente condannati a morte; la maggioranza è in attesa di giudizio; molti sono stati razziati o sono sospetti di attività antifascista.
Accanto a gente famosa come il professore Gesmundo ed AIbertelli, il colonnello Montezemolo, i generali Fenulli e Martelli, l'operaio Fiorentini ed un eroe come il generale Simone Simoni, pluridecorato durante la prima guerra mondiale, muore anche il ceccanese Luigi Mastrogiacomo.
Chi era Mastrogiacomo? Cresciuto nella campagna di Ceccano, in località Maiura, si era trasferito a Roma, dove aveva trovato lavoro come usciere presso il Ministero delle Finanze. Egli il giorno del suo arresto stava custodendo per conto del Ministero una radio posta su un barcone ormeggiato sul Tevere. Per cause non ben conosciute una pattuglia tedesca lo trovò non solo a sorvegliare la radio, ma anche ad ascoltare una comunicazione proveniente da fonte partigiana, Il nostro concittadino venne così portato nel carcere di Regina Coeli e relegato nel braccio politico. A disposizione della Questura, subì pressanti interrogatori mentre a suo carico vennero fatti accertamenti e prese informazioni.
In tutti gli anni successivi alla guerra la moglie ha sempre affermato che Mastrogiacomo non ebbe contatti con la Resistenza.
Di questa opinione doveva essere anche la Questura romana poiché, (sempre secondo la vedova), le era stata comunicata l'immediata scarcerazione del marito. A tanti anni di distanza nessuno ha potuto confermare o smentire il legame di Mastrogiacomo con i partigiani; è chiaro, invece, che nonostante le rassicurazioni fatte alla moglie, la Questura non aveva nessuna intenzione di lasciarlo. Lo dimostra il succedersi degli avvenimenti di quelle ultime ore.
La notte tra il 23 e il 24 il colonnello Kappler trascorse scrivendo di persona i nomi dei condannati a morte.
Arriva però ad individuarne solo duecentosessanta, pertanto è costretto a chiedere aiuto al Questore di Roma, Caruso. Questi gli assicura cinquanta persone da prelevare fra i detenuti che si trovano nel carcere di Regina Coeli, allora sotto la giurisdizione dei fascisti.
Kappler ha bisogno di fare presto ma in particolar modo sente la necessità che in città non si sappia nulla della rappresaglia che sta per avvenire.
Il generale sa molto bene che non è una questione semplice uccidere trecentotrenta persone, teme anche un assalto partigiano ai camions che trasportano i prigionieri, o peggio ancora, una ribellione dei cittadini romani.
La direttiva allora è di fare presto e di non informare i detenuti della loro sorte. A nessuna delle vittime, infatti, viene concesso il sacramento della confessione.
Caruso compie un errore di calcolo poiché invece di consegnare cinquanta uomini, ne consegna cinquantacinque.
Alla tragedia, dunque, si aggiunge la beffa.
Oggi è accertato che personalmente il Questore scrisse a macchina l'elenco, mettendo i prigionieri in ordine decrescente di pericolosità; il nominativo di Mastrogiacomo è al trentaduesimo posto.
Questo dimostra che, per Caruso, Mastrogiacomo non era innocente ma ritenuto pericoloso al punto tale da essere inserito in un elenco di fucilati.
Non è da escludere allora che il nostro concittadino avesse qualche legame con la resistenza romana e che la moglie non ne fosse a conoscenza.
Nell'interno delle cave a Mastrogiacomo certamente apparve uno spettacolo a dir poco allucinante perché non c'era più posto neanche per morire. La scena finale di questa tragedia deve essere stata pressappoco questa: con i polsi legati, i martiri vengono obbligati a salire sui corpi dei compagni già morti. Gli sventurati si inginocchiano, presentando la nuca ai colpi dei carnefici, cadono così uno sull'altro formando un orrendo cumulo.
La cosa ancora più incredibile è che non ci sono ribellioni, non c'è un minimo tentativo di contrastare questa carneficina, c'è, al contrario, una fatale accettazione della realtà.
Subito dopo la guerra, il 25 maggio 1947, il Consiglio Comunale di Ceccano, attraverso una richiesta del consigliere Angelo Compagnoni, delibera di ricordare il concittadino con una lapide da esporre sulla Piazza del Comune.
Molti anni più tardi, il 24 aprile 1979, per la precisione, con una semplice ma commovente cerimonia l'Amministrazione comunale intitolerà il primo Circolo Didattico alla memoria del nostro concittadino tragicamente scomparso.
Capitolo VII
IL PASSAGGIO DEL FRONTE
Lo stesso giorno, in cui viene consumato il barbaro massacro delle Ardeatine, a Ceccano arriva un nuovo Commissario Prefettizio, (sarà l'ultimo amministratore fascista) in sostituzione di Giuseppe Patriarca. Originario di Monte S. Giovanni Campano, il suo nome è Furor Visca.
Quasi a dimostrare un fanatismo maniacale, sul libro delle deliberazioni fa scrivere «anno XXII-
Per completare la descrizione del suo modo di pensare, è opportuno ricordare che amava passeggiare per le strade del paese mettendo bene in mostra due pistole che non dimenticava mai a casa.
È passato poco più di un anno da quando Francesca Massa usciva orgogliosa dal forno di Ines Santodonato per portare il pane alla bottega di Lucia Cipriani. Sembra però una vita per quanto sono state dure le esperienze dei nostri concittadini. Sono successe tante cose: accanto alla fame e all'angoscia, ora sono fatti acquisiti, quasi quotidiani, anche il terrore e le crudeli immagini di morte.
A Ceccano il tempo scorre lento: La primavera porta via i rigori invernali e le giornate sono sempre più tiepide e sempre più assolate. Ma il bel tempo porta anche ansia e preoccupazione perché anticipa l'arrivo del ricognitore alleato, «la cicogna», in ogni occasione pronto ad avvistare i movimenti sospetti. Si sa che dopo il ricognitore arrivano anche gli aerei per mitragliare o per bombardare.
Per tutta la durata della guerra di incursioni alleate sul nostro territorio se ne conteranno trentasei.
La gente ormai è al limite delle disponibilità alimentari. Baratti, borsa nera, piccoli furti sempre più frequenti, non bastano più per sopravvivere. Nei prati è finita anche l'erba commestibile.
La linea Gustav vacilla e l'undici maggio si combatte la quarta battaglia di Cassino.
Due giorni dopo gli alleati occupano Castelforte, S. Ambrogio, S. Apollinare. Il quindici i marocchini entrano ad Ausonia ed Esperia.
Il diciotto, nei pressi di Cassino sul Monte Calvario, i polacchi del generale Anders battono i tedeschi.
A Ceccano il 21 maggio viene rasa al suolo la chiesa di S. Pietro che era rimasta gravemente lesionata con il bombardamento del 3 novembre. La data dell'edificazione della chiesa si perde nella notte dei tempi ma sicuramente era già esistente nel 1015, anno in cui venne donata da Uberto e Amato, conti di Ceccano, all' Abbazia di Montecassino, la quale ne ebbe il possesso fino al 1530.
Nel pomeriggio del giorno successivo una bomba cade sul lato nord di S. Nicola, chiesa già esistente nel 1196. Viene distrutta la sagrestia e sfondata la cappella del Sacramento, mentre il pilastro destro della stessa viene spostato di quasi dieci centimetri. Risultano, inoltre, molto danneggiati il tetto ed il campanile.
Solo alcuni anni più tardi, nel 1950, per la precisione, verrà riaperta al culto, in seguito ai lavori di restauro realizzati dal Genio Civile.
Il 23 la V Armata si ricongiunge con le truppe ferme ad Anzio dal mese di gennaio.
E finalmente arrivato il tanto atteso momento. Dopo l'occupazione di Pontecorvo la strada è aperta: i tedeschi non opporranno più un' accanita resistenza, ma cercheranno solamente di frenare l'avanzata alleata.
L'esercito germanico ha necessità di ritirarsi in maniera ordita, senza lasciare perdite notevoli in mano al nemico: incomincia allora a far saltare ponti, case, costruzioni varie ma importanti strategicamente. Questa tattica ottiene risultati sperati, perché gli alleati avanzano, è vero, ma in modo lento, senza poter esercitare una eccessiva pressione militare.
Tale scientifica opera di distruzione viene attuata, purtroppo, anche nel territorio di Ceccano.
Dopo nove mesi di infruttuose incursioni aree alleate, perché gli obiettivi militari, tutti collocati fra lo sperone calcareo su cui si adagia Ceccano e la collina di Colle Antico erano bersaglio difficile, sono i guastatori tedeschi a minare e distruggere il ponte, la stazione ferroviaria e palazzo Berardi.
Viene così distrutta la parte più moderna del nostro paese: quella realizzata settanta anni prima dal marchese Filippo Berardi.
Di queste ore convulse e dolorose è bene ricordare anche un altro tragico episodio.
La morte dei fratelli Capoccetta
Durante uno dei rastrellamenti del ventotto maggio vengono catturati due fratelli, Giovanbattista e Giacinto Capoccetta, abitanti presso la località Cantinella. Non si sono mai conosciuti bene i motivi che indussero i tedeschi, ammesso che potessero esserci, a prendere i due fratelli. Nemmeno è stato possibile sapere il luogo ove furono portati e la loro utilizzazione. Si conosce solo che la loro morte è avvenuta nella mattina del giorno dopo ad un centinaio di metri .dalla loro casa. Due uccisioni inutili di cui è impossibile ricostruire la dinamica. Si sa solo che un ufficiale tedesco sparando in aria alcuni colpi intimi datori proibisce alla povera madre di piangere sui cadaveri dei due amatissimi figli.
Le drammatiche ore dei marocchini
Per non incorrere in qualche errore è bene precisare in modo cronologico e più ordinato quanto va accadendo sul nostro territorio in queste ore drammatiche. Per tutta la giornata del 27 maggio la zona del Castellone, in contrada Fiano, è martellata da un fuoco di artiglieria proveniente dall'altra parte di Monte Siserno. E una zona dove vivono molti sfollati, per i quali i danni procurati da queste ultime fasi della guerra, saranno notevoli, poiché perderanno quei pochi beni materiali che ancora rimangono loro.
L'artiglieria alleata sta cercando con tutti i mezzi a disposizione di aprire un varco per le proprie truppe e di spezzare ogni tentativo di resistenza tedesca.
Alle prime luci dell'alba del giorno 28, i marocchini, provenienti da Campo Lupino e da Monte Siserno, grazie all'azione di cannoneggiamento, scendendo lungo Valle Vona possono entrare nel territorio di Ceccano senza trovare grande opposizione.
Scendono veloci dalla montagna, si muovono tra i sassi con una destrezza impressionante, quasi animalesca, hanno un impeto combattivo violento. Portano il fucile a spalla ma spesso preferiscono usare il coltello, molto più utile per mozzare teste ed orecchie o per arrecare altre orrende mutilazioni. E’ fanteria proveniente dalla direttrice Vallecorsa, Amaseno, Villa S. Stefano che ha già attraversato gli Aurunci e gli Ausoni.
E bene tener conto, inoltre, che Ceccano, non viene occupata dagli alleati da sud verso nord, come sarebbe logico pensare, ma, almeno per una parte del territorio, in senso inverso.
I marocchini, infatti, da nord vanno verso sud ed in direzione del centro urbano controllando, così, tutta l'area pedemontana fino alla destra del Sacco.
Presso la Badia si installa il comando francese agli ordini del quale militano i marocchini. I canadesi ed i neo zelandesi occupano, ma solo il giorno dopo, tutta la parte riguardante la sinistra del Sacco, autotrasportati da sud verso nord. Sta per arrivare così il momento tanto atteso.
Fra la gente c'è commozione e trepidazione per l'arrivo ormai imminente degli alleati; sembra essere arrivata finalmente la fine dei lunghi parimenti e la popolazione va loro incontro con gioia, manifestando fiducia e speranza. Ma queste in un batter d'occhio andranno deluse, perché alle prepotenze dei tedeschi, e ai bombardamenti, si succedono le violenze dei marocchini. Come abbiamo già riportato, costoro avevano spezzato il fronte di Cassino nelle parti sud-
Tutto per loro, è considerato preda di guerra. Nelle cinquanta ore successive ai combattimenti entrano nelle case depredano e si impossessano di qualsiasi cosa; ma non è tutto: la loro ferocia si concretizza in episodi presso di noi tristemente noti: violenze, stupri e sevizie.
Questi episodi arrivano così imprevisti e improvvisi che nessun cittadino ha il tempo di unirsi agli altri per difendersi; tante donne pertanto sono costrette a subire atti di incredibile violenza.
Va riconosciuto che in quelle ore così confuse e disperate un ruolo positivo e di grande orientamento venne assicurato dall'arciprete, don Iginio Ceccanese, il quale si dimostrò prodigo di consigli e di sagge considerazioni verso tutti.
Altrettanto significativa fu la funzione esercitata dal convento dei Padri Passionisti che in quelle drammatiche ore divenne un punto di ricovero e di conforto per tante famiglie che si sarebbero senz'altro trovate sprovviste di ogni difesa.
Gli atti compiuti dai marocchini alimentarono la propaganda fascista e screditarono enormemente il ruolo delle truppe alleate, tante attese per liberare i cittadini dall' occupazione tedesca.
Anzi, a verificare bene, non è azzardato ritenere che fra i nostri cittadini, senza voler togliere niente a tutto quello che di negativo ha rappresentato la presenza tedesca in Italia, non esiste molto risentimento o spirito antitedesco, anzi molto spesso è facile sentire ancora oggi più di qualche apprezzamento circa la serietà e la precisione dei nostri occupanti.
I marocchini però finito il periodo della belligeranza dovevano attenersi alle norme civili.
Infatti nei pressi della Badia, quando quattro marocchini, nei giorni successivi provano a violentare delle donne, vengono denunciati al comando francese che ne ordina la fucilazione, dopo aver fatto loro scavare la fossa.
Fra tanto dolore e tanto sconforto c'è qualcuno che già ritorna in paese lasciando le casupole di campagna. I volti che si vedono in giro denunciano i mesi di terrore e crudeltà; i corpi dimagrire spesso irriconoscibili, si perdono dentro gli indumenti. Il giorno successivo, finalmente, arrivano gli americani: si scopre, così, il pan bianco, che viene distribuito insieme al latte ed al cioccolato. I cittadini affamaci si avvicinano alla lunga fila di macchine da guerra chiedono notizie, fraternizzano. Si ripetono anche a Ceccano come in altre realtà le scene di festa all'arrivo delle truppe alleate.
E’ proprio durante uno di questi momenti che capita un fatto imprevisto che assume il sapore di una tragica beffa: la guerra passata da tre giorni e gli americani portano da mangiare ai picco li, quando improvvisamente arriva, sulla zona Castellone, una cannonata. E una sola e non si saprà mai da dove è partita: il fatto è che il conseguente spostamento di aria, scaraventa lontano una bambina di quattro anni, Giacinta Cicciarelli, uccidendola contro un masso.
Una morte doppiamente orrenda, considerato il fatto che ogni episodio di guerra è ormai finito.
Si contano i morti: dal quel tragico 3 novembre fino alla fin del mese di maggio le vittime civili risultano essere centodue, pii di quelle militari che alla fine del conflitto risulteranno essere ottantotto i feriti civili di guerra sono molto di più, e ancora moltissimi sono in quei giorni i ricoverati presso ospedali di guerra alleati per essere curati, ma conoscere il loro numero esatto è ancora oggi molto difficile.
Coloro che ritornano dallo sfollamento, non sempre trovano le loro abitazioni intatte.
Il quadro delle zone distrutte in linea generale è questo: a ridosso del centro storico gran parte degli edifici sono ridotti ad un cumulo di macerie, danneggiate le torri che svettavano alte e superbe sul Castello dei conti di Ceccano; la zona bassa del paese adiacente alla Borgata ed a piazza Berardi, è irriconoscibile per le devastazioni subite.
Alle case completamente distrutte vanno aggiunte poi quelle che sono state lesionate, in modo più o meno grave e quindi inagibili.
E’ difficile descrivere lo stato d'animo di chi trova la propria: abitazione in simili condizioni. Chissà quanto dolore e quanta rabbia si prova a quella vista se si tiene conto che con molta probabilità erano stati necessari anni ed anni di duro lavoro, a volte anche all' estero, per tirare su quelle quattro mura.
Quelli che ritrovano le case ancora intatte, i meno sfortunati, dividono la loro gioia con tristi presentimenti e trepidazioni, sia per i parenti che da mesi non vedono, sia per l'incertezza del futuro.
È un intreccio inestricabile di sentimenti contrapposti. Le famiglie, anche se proveranno a farlo, non riusciranno a stendere un bilancio definitivo di quanto hanno perso, anche perché le perdite morali non possono avere prezzo.
Ceccano in questi giorni è diventato un caravanserraglio di razze, e di lingue.
Su tutto il territorio comunale si insediano austrialiani, neozelandesi, canadesi, inglesi, marocchini e francesi, poi americani, brasiliani ed un corpo di spagnoli residenti negli USA.
Innumerevoli sono i problemi immediati, primo fra tutti quello di ripararsi sotto un tetto e quello di avere a disposizione almeno un paio di scarpe, ma fortunatamente, si va verso l'estate. Nei giorni e nei mesi successivi si vedrà molta gente indossare calzoni, camicie ed altri indumenti militari. Alcuni cittadini cammineranno a piedi nudi, altri, certamente più fortunati, si serviranno di copertoni di ruote di macchine per farne delle suole.
Capitolo VIII
LA VITA RICOMINCIA
La gente è provata, ma non esausta da tante sovraumane sofferenze. La speranza di un futuro migliore dà forza ed incoraggia mento. Fascismo e guerra avevano mostrato brutture e miserie; avevano modificato comportamenti e cambiato gli uomini.
In quelle giornate così convulse si cerca di assicurare un ordine all'attività amministrativa del Comune.
Il Comando di occupazione nomina il signor Taccheri Temistocle capo dell'Amministrazione. È una carica provvisoria, per fronteggiare l'emergenza, come si direbbe oggi. Saranno proprio due ufficiali alleati a cercarlo, là dove ancora vive da sfollato per chiedergli di riorganizzare gli uffici comunali.
Si aprono così le porte del Comune e qualche ufficio comincia a funzionare.
Sin dai primi giorni gli operai della Romana elettricità, l'ente privato che allora curava l'erogazione dell'energia elettrica, lavorano alacremente per permettere un esercizio regolare.
Un po' più complesso si presenta il problema idrico, perché sono andate distrutte le pompe che portano l'acqua dalla cabina di sollevamento di via Morolense fino al serbatoio centrale.
Dopo qualche giorno questo importante problema verrà risolto perché esse verranno istallate dai soldati americani, mentre gli operai del Comune assicureranno il flusso e la potabilità dell'acqua.
La presenza degli americani fa sviluppare un fenomeno: alcuni, tra i più anziani ritornati anni prima dall' emigrazione negli Stati Uniti reagivano come se l'Italia si apprestasse a diventare il quarantanovesimo stato americano. Sono pochi però, la maggioranza ora guarda al futuro diversamente.
I ceccanesi per sentirsi più sicuri e garantiti hanno bisogno di un capo della comunità che non abbia niente a che fare con il pas
Vincenzo Bovieri
Quest'uomo non bisogna inventarl o, perché è già vivo e attivo nella realtà cittadina: si chiama Vincen zo Bovie ri.
Ben conosciuto al l'epoca, viene designato a fare il sindaco dal Comitato Provinciale di Liberazion e. Nel momento in cui si accinge a rivestire la massima carica cittadin a, «Sor Cenci o» ha trentasette anni. A quell'epoca è da tutti ritenut o, a ragione, comunist a; ha un passato limpido ma, per i ben pensanti, tempestoso.
Nipote di Monsignor Giuseppe Bovieri, Vescovo di Montefiascone, figlio del l'ingegnere Francesco e di Nicolina Mancini, sorella del famoso Camillo, più volte deputato liberal e, Bovieri ha studiato nel collegio «Naz areno», da cui però era stato espulso per indisciplin a.
Sul suo conto, per più di tredici anni c'era stata una fitta corrispondenza fra la locale caserma dei Carabinieri, la Prefettura di Frosinone, il Fascio locale ed il Ministero del'Interno.
Sempre coinvolto in attività politiche durante il periodo fascista aveva subito una lunga serie di diffide e di perquisizioni domiciliari ed un arresto a Milano nel 1931.
La sua vita privata e perfino i suoi amori erano stati sottoposti ad un invadente controllo ed alla stretta sorveglianza fascista.
Era stato sottoposto al giudizio del Tribunale Speciale ma di questa vicenda parleremo tra poco più estesament e.
Durante il periodo bellico aveva lavorato presso l'impresa edi le «Giovannet ti» in Anagni.
Bovieri, quando ebbe inizio lo sfollamento, venne ospitato dai Padri Passionisti presso la Badia poiché la sua famigli a, due secoli prima, era stata altrettanto generosa vèrso San Paolo della Croce, fondatore dell'Ordine allorquando venne a Ceccano a rilevare il convento.
Durante l'inverno del 1943, i tedeschi, sicuramente sollecitati da qualche soffiata, irruppero nel chiostro prendendo Bovieri ed altre persone ivi alloggiate.
Tutti vennero trasportati a Castrocielo a costruire trincee e piazzuole antiaeree.
Trovatosi in libertà per circostanze molto fortunose «sor Cencio», una volta ritornato a Ceccano, sapendo di essere ricercato dai tedeschi, nelle ultime settimane precedenti il passaggio del fronte era costretto a cambiare rifugio ogni notte passando da una capanna ad un'altra nelle campagne di Colle Alto e Fiano.
Bovieri ed il Tribunale Speciale.
Se andiamo a vedere i motivi che portatono Bovieri nel carcere fascista nel gennaio del 1931, ci accorgeremo di trovarci di fronte ad un giallo che solo dopo molti anni, si definì in tutti i particolari, tanto da poter dire che si trattò di una chiara macchinazione politica.
I fatti si svolsero in questa maniera: nel 1931, alla vigilia del matrimonio del principe Umberto di Savoia, scatta in tutta Italia ed anche a Ceccano la cosiddetta prevenzione fascista.
In seguito a ciò vengono arrestate tutte quelle persone che a discrezione delle autorità locali di polizia, potrebbero portare disordine.
A Ceccano nell'elenco ci sono: Toto Bragaglia, Mattia Staccone, Liburdi Giovanni Battist a, Mattone Marcantoni o, pertanto vengono arrestati e reclusi nel carcere mandamentale di Ceccano, poiché ritenuti sovversivi.
Bovieri, legato d'amicizia con Mattia Staccone, al quale aveva battezzato il figlio Nicola, insieme con Gigino Mastrantoni, organizza una raccolta di fondi per le famiglie degli arrestati.
I due con molta pazienza toccano amici «sovversivi», e riescono a raccogliere centocinquanta lire.
Stranamente in questa discreta somma sono comprese 50 lire versate dalla moglie dell'Onorevole fascista, Michele Tanzin i.
La mattina del 7 gennaio sulla porta della bottega di Leonardo Bucciarelli, in Via S. Giovanni viene trovato affisso un foglio di quaderno, con su scritto a mano «aiutiamo gli incarcerati politic i» accompagnato dal simbolo di falce e martell o.
Vengono arrestati Bovieri, Gigino Mastrantoni e Malizia Domenico, un giovane falegname, e posti a disposizione del Tribunale Special e.
I primi due perché, secondo i Carabinieri, «ideatori e autori del manifesto sovversivo», il terzo, invece, perché «incaricato dell'affissione del medesimo».
I tre, anche in tempi successivi, quando sarebbe stato utile per loro dire il contrari o, hanno sempre negato ogni fatt o.
Vale la pena vedere anche perché viene arrestato Malizia , il quale non solo non aveva niente a che fare con la sottoscrizione, ma non si interessava affatto di politic a.
La sera prima dell'affissione, infatti, in piazza Castello c'era un circo equestre che teneva spettacol o.
Bovieri, avendo già un biglietto per l'ingresso ma preferendo rimanere a dialogare nel locale del Dopolavoro, ove è oggi la trattoria «Le Rose», lo regala al giovane Malizia.
Insomma, secondo i Carabinier i, il biglietto dell'ingresso al circo costruisc e il prezzo che Bovier i ha pagato per l'affissione del foglio.
Il 27 gennaio tutti e tre vengono prosciolti dal Tribunale Speciale grazie anche ad una raccomandazione del federale Filippo Berard i.
Solo molti anni più tardi si venne a sapere che si era trattato di una vera e propria macchinazione allorquando il litigio fra alcuni fascisti aveva rilevato in un capetto locale l'ideatore e in due temuti squadristi gli esecutori di tutta la squallida operazion e.
Aiuta ancor meglio a capire la condizione in cui visse Bovieri in quegli anni ed anche come venivano considerate alcune persone ritenute sovversiv e, una lettera inviata dal segretario del fascio ceccanese al segretario federale, il 31 ottobre 1939.
«Facci o presente che un gruppo di persone non iscritte al P.N.F. fa continuo recapito nel caffè Roma in Piazza Vittorio Emanuele di Ceccano dove spesso è in continuo contatto con i sovversivi Bovieri Vincenzo e avv. Ambrosi Giusepp e, per entrambi i quali esistono le pratiche di sovversivi secondo quanto mi ha dichiarato il Maresciallo dei CC.R R. di Ceccano.
I nomi degli altri compagni abituali dei suddetti sono i seguenti: Mastrantoni Gino, Carlini Sergio, Bevilacqua Giovanni, (1) Diana Giovanni soprannominato Cinquanta, De Nardis Luigi (barbiere ).
Mentre ho diffidato i fascisti che frequentavano il caffè ad av vicinarsi ai suddetti, ho chiamato alla Cas a de l fascio il Bovieri Vincenzo ed il Mastranton i Gino, che stanno sempre uniti diffidandoli che non avrei tollerato che si intrattenesser o facendo crocchio, anche con gli altri suddett i, nel caffè essendo essi dei sovversiv i.
Facci o notare che a tale mia specifica asserzione (cioè che è un sovversivo) il Bovieri non ha fatto alcuna obiezione.
Il Bovieri è stato ammonito e sorvegliat o politico fino al 5 luglio u.s.
Da quel l'epoca ha ripreso a circolar e facendo comunella con l'Avv. Ambrosi ex ammonito politico anche lui, e con gli a ltri suddett i, passeggiando mattina e ser a per Ceccan o spesso in comitiva e intrattenendosi per ore nel caffè suddetto giocando e chiacchierando non sempre ad alta voce.
Tutto ciò inasprisce l'animo dei fascisti di Ceccan o per cui ho creduto opportuno riferirti quanto sopra ho esposto.
Il Segretario del Fascio
F.to D'Alessan dro
Bovieri, dunque, non è un trasformista dell'ult ima ora ma un comunista convinto.
Come vedrem o, egli sarà sindaco fino al marzo del 194 6 quando verrà sostituito da un comm issario prefetti zio.
Con le elezioni comunali del 1952 tornerà a fare il sindaco fino al 1956. Infine, dal 1961 al 1962, per la terza volta, tornerà a reggere la massima carica della citt à.
«Sor Cencio» ininterrottamente sarà consigliere comun ale dal 1952 al 1975, nel l'ottobre di quell'anno morirà dopo aver speso la sua vita per lo sviluppo del suo paes e.
Finora è stato impossibile ricos truire il giorno esatto in cui Ta c cheri venne nominato commissari o straordinario da parte delle truppe di occupazion e, così come non si conosce la data esatta della nomina di Bovieri a sindaco.
La prima delib era ufficiale è quella del 12 lugli o, giorno in cui riprendono gli atti deliberati vi, dopo l'interruzione dei mesi preceden ti; da questo Bovi eri risulta ufficialmente sindaco di Ce ccano; egli per la redazione è assistito dal segretario Raffaele Col lepardi, un eccellente funziona rio che terminò la sua carriera nel Comune di Colleferr o.
Attraverso una delibera del l'8 settembr e, è possibile ritenere in modo molto attendibile che Bovieri doveva essere Sindaco sin dal 19 giugno, perché gli vengono liquidate milleseicento trent a due lire quale rimborso spese per essersi reca to fuori residenza il 19, il 21 giugno e per altre quindici volte, tutte ben esplicitat e.
Si tratta probabilmente di viaggi fatti in veste ufficia le, con l'autobia nchi di Peppino Mastran toni per recars i a Fiuggi, ove provvisoriament e, dopo i bombardamen ti dell'autunno; si era stabilita la Prefettur a.
La vita ricominci a,ma per Bovieri le questioni che deve affrontare sin dal primo momento non sono né facili, né tranquill e.
Il primo problema che ha di fronte, oltre a quello alimentare, riguarda i provvedimenti da prendere, nei confronti degli squadristi, dei collaborazionisti e dei più autorevoli fascist i specie quelli che lavorano nell'interno degli uffici comunali, per rendere giustizia a tanti cittadini per gli atti arbitr ari ed i toni subit i.
L'invasio ne del Comune
Trascorrono solo alcuni giorni ed i primi nodi vengono al pettin e. Un partigian o, padre di sette figli, va a chiedere aiu to all'Amministrazione comunal e, perché la sua fami glia vive nel l' indigenz a.
Costui parla con il Segretario Comun ale, Giovanni Cavallar o, il quale sia nel linguaggio che nel gesto era rimasto legato al vecchio ordine. Molto seccamente al le richieste legitti me di quel padre risponde «puoi sempre mangiare i tuoi figli ».
E impossibile accertare quanto questa risposta sia vera o fals a, ma in questi termini è riporta ta e diffusa fra i citta dini.
Per questa frase fra la gente serpeggia incredulit à, sgomento ed una generale riprovazione.
Si discute animatamente, si critica, ma qualsiasi discussio ne e ogni pur minima considerazione va a finire sempre su un argomento di grande attua lità: negli uffici comunali comandano ancora i fascist i, ecco perché le cose vanno mal e; c'è ancora prevaricazione e cinismo.
La miscel a, dunque, è già pronta per scoppiare; il fatto, appena riportat o, è il detonatore che procura l'esplosion e.
L'avvocato Ambrosi, abbiamo già anticipat o, è la persona che più di tutti si fa interprete di questi sentimenti di sdegno e di riprovazione; egli molto chiarame nte assume una posizione intra n sigente verso le persone legate al passat o.
Non è un caso, dunque, se dopo aver tenuto una riunione, la mattina del primo lugli o, alcuni partigiani escono dal l'abitazione dell' Ambrosi, situata in via Porta Abbasso, per dirigersi verso il Comune con evidenti intenzi oni bellicos e.
Costoro, entrati nel l'edifici o, immediatamente si dirigono nell'ufficio del Segretario Comunale, il quale viene aggredito e colpito ripetutament e.
Altri, ugualmente ben determinati, entrano nei vari uffic i, ove alc uni impiegati vengono insultati e spintonati.
Il Sindaco Bovieri, sorpreso ed indignato per quanto sta acc a dendo, viene fatto allont anare con tutti i dipendenti dal Comune e il palazzo stesso viene chiuso.
Un partigiano, Arduini, con altri, va a Frosinone per consegnare al Governatore americano le chiavi dell' edificio.
Nel Comando Militare, Arduini, che per un certo periodo ha lavorato negli Stati Uniti, sentendo la conversazione in lingua inglese, capisce che per i patrioti non solo non ci sarà un encomio ma, al contrario, probabilmente ci sarà l'arresto.
I partigiani ritornano a Ceccano ed avvisano i compagni di quello che sta per accadere.
Fra i patrioti immediatamente c'è consapevolezza che il r esto non è stato compreso; l'invasione è stata travisata ed ha sortito effetti controproducenti. C'è, quindi, nel loro animo amarezza ed impotenza. -
Quando nel pomeriggio arriva la polizia militare, fra file di gente che solidarizza, gli arrestati, con un atteggiamento di gran de dignità e fierezza, ben ordinati, da piazza Municipio risalgono verso il Monumento e il Castello, dove saranno imprigionati.
Diciassette patrioti, tanti sono gli arrestati, inaugurano così la «stagione carceraria» del secondo dopoguerra.
In verità non sarà un carcere duro; sarà, invece,' molto aperto, in tutti i sensi del termine.
Gran parte dei locali erano stati sventrati dalle bombe e colpiti dalle mitragliate ed erano privi di finestr e; e solo poche stanze erano provviste di porte.
I patrioti nei giorni successivi, grazie alle condizioni in cui versava l'edificio carcerari o, avrebbero potuto fuggire facilment e, ma preferiscono non farlo, per non mettersi contro il nuovo ordine per il quale avevano combattuto.
Essi avranno parecchie visite, dovute alla generale simpatia che il loro gesto aveva generato fra la popolazione.
Qualcuno di loro, a sera, avrà la possibilità anche di uscire, girare per Piazza Castello, fare una passeggiata e ritornare regolarmente dentro la cell a.
Arnbrosi, anche egli fra gli imprigionati, avendo a disposizione la sua macchina da scrivere, scrive al Governatore militare per dichiarare la sua estraneità al fatto, esprimendo però la sua comprensione per un atto da lui ritenuto patriottico e coerente con una rigorosa battaglia antifascista.
Dopo un processo, tenuto dalla giustizia militare presso la Pretura di Ceccano, tutti verranno scarcerati il 24 luglio.
Dopo i bombardamenti, i marocchini, ora c'è disputa anche fra gli antifascist i.
L'atto compiut o, dal punto di vista della legalità, è gravissim o.
La divisione partitica ed un antagonismo personale che andrà sempre più emergendo fra Ambrosi e Bovieri, costituiranno una costante della politica ceccanese che caratterizzerà successivamente, anche in modo pittoresc o, lo scontro politico,
A tanti anni di distanza è difficile riportare, capire e dare un giudizio circostanziato a tutte le vicende legate al l'epurazion e, che comportavano decisioni sui modi e sulle persone da colpire legate a una particolare discrezionalità da pane di chi l'attuav a.
Abbiamo già anticipato che Ambrosi era un passionale, portato a decisioni estrem e; tutto questo era vero, tuttavia Bovieri avrebbe dovuto affrontare la questione con una certa determinazione e coerenza, mantenendo comunque una certa cautel a.
Il giorno decisivo arriva con il 12 di luglio, quando con il primo atto deliberativo di Bovieri vengono licenziati Bruni Romolo, Tiberia Salvatore, Bovieri Giuseppe (fratello del Sindaco) Carlini Giuseppe, Palermo Armando e Reali Americ o.
La delibera verso gli squadristi si esprime con un linguaggio duro, nei confronti di qualcuno di questi sembra addirittura tuonare come una maledizione. Non dobbiamo dimenticare però che la guerra è ancora in corso e gli animi sono acces i.
Molti andavano alla ricerca di riparazioni per i torti subiti durante il ventennio, quindi erano attenti, vigili e pronti ad intervenire se avvertivano debolezz e.
Dopo 8 giorni vengono assunti dal Comune, in sostituzione dei licenziati, Diana Nino, D'Annibale Eugenio e Battista Romolo con la chiara intenzione di inserire persone non coinvolte con il fascismo.
Dopo queste due deliberazioni, ne seguono nei mesi successivi altre riguardanti nuovi licenziamenti e nuove assunzion i.
Il fatto che deve essere ben considerato e sotto certi aspetti apprezzato è che licenziamenti e sospensioni vengono fatti da Bovieri con serie tà e scrupolo, senza favoreggiamenti né sconti.
Ricostruire dettagliatamente i vari atti rischia di far diventare questo scrit to molto noioso.
È opportuno invece registrare che tutti i licenziamenti verranno trasformati in sospensioni, in attesa del giudizio della Commissione Provinciale per l'epurazion e.
Tutti questi tentativi di adeguare la burocrazia alla nascente democr azia però non otterranno nessun risultat o, perché in un arco di tempo infer iore ai due anni tut ti i sospesi dovranno essere riassunti per disposizioni superiori.
Sin dal primo momento è chiaro che questa delicata questione non è di facile risoluzion e, perché si scontrono due posizioni, due modi diversi di portare avanti una battaglia politica decisiva.
Da una parte c'è una posizione ispirata dall'Avvocato Ambrosi, la quale non vorrebbe usare alcuna cautela ma spingere per una radicale epurazio ne.
In questa battaglia politica non va trascura to che Ambrosi riversa tutta l'autorevolezza del suo passato di antif ascista e di capo partigiano di cui abbiamo già parlato, facendo pesare l'importantissimo incarico di Presidente del Comitato di Liberazion e, conferitogli proprio all' ini zio dell’estate.
Dal l'altra parte c'è la posizione interpretata da Bovieri, molto prudent e, tesa prima di tutto a far funzionare gli uffici comuna li, a tener conto dei rapporti di forza, e nel lo stesso tempo a frenare ogni animosità e ogni spirito di vendet ta personal izzat o, che avrebbero sicuramente potuto far insorgere nuove ingiustizie.
Il quadro cit tadino, dunque, incomi ncia ad apparire complesso perché emergono posizioni diverse.
Si deve senz'altro dare una significativa sterzata.
Capitolo IX
LA RICOSTRUZIONE
Nelle pagine precedenti abbiamo visto quale triste eredità il fascismo avesse lasciato alla democrazia ancora debole e priva di Istituti ben definit i.
È un quadro generale caratterizzato da miseria e desolazione, a volte accompagnato da brutture e umiliazioni su cui ora si inserisce anche il germe della divisione e della nascita di futuri antagonismi.
Si parte insomma da zero in tutti i campi: sia in quello economico che in quello politico; la risalita è un' impresa ardua, che comunque è opportuno seguire e descrivere.
Dar da mangiare agli affamati
Gli ultimi giorni del mese di giugno dimostrano che la stagione agricola non è andata male: improvvisamente sembra che anche la natura abbia deciso di collaborare al ritorno della pace e della serenit à.
Le spighe di grano ondeggiano al vento nei campi che si sono salvati dai bombardamenti e dai segni della guerra, rincuorando gli animi dei contadini ma suscitando anche i desideri di chi di quella abbondanza e di quella prosperità non può usufruire, se non di nascosto.
Molti cittadini, spinti dalla fame oramai di vecchia dat a, e non smorzata dall'aiuto offerto dalle truppe alleate, non possono fare a meno di intrufolarsi nei campi e di cogliere le spighe mature, che costituiscono un tesoro per le famiglie.
Di solito queste piccole scorrerie avvengono di notte, di nascosto; le spighe raccolte vengono portate a casa in un clima di eccitazione ed euforia generale.
Da questo momento ogni atto diventa quasi sacrale, perché teso a non disperdere neanche una minima parte di quella ricch ezza dalla quale si otterrà il prodotto più ambito: la farin a.
Le donne, infaticabili e contente, dopo aver setacciato tritano i chicchi di grano nel vecchio macina-
La farina così ottenuta viene utilizzata per qualcosa che era sparita dalla mensa di tutt i: una pizz a, ugualmente gustata anche se senza olio e senza lievit o.
La possibilità di poter utilizzare questo prodotto per piatti quasi dimenticati permette di cambiare l'umore e di rendere la vita più rosea.
Non bastano però né le spighe, né la farin a, né la pizza a risolvere la difficile situazione; c'è l'urgente necessità di gettare le basi per una graduale ripresa generale.
Nei locali ove è oggi il Comando dei Vigili Urbani, si organizza dopo un po' di temp o, un magazzino UNRA.
Si tratta di aiuti americani da distribuire ai bambini, costit uiti prevalentemente da latte in polvere e farinella, dati gratuitamente a tutti.
Queste distribuzioni garantiscono la sopravvivenz a di tanti piccoli e il miglioramento fisico di tanti altri che avevano sofferto del 'inevitabile denutrimento apportato da tanti anni di guerra.
Per le famiglie più bisognose sarà lo stesso Bovieri a consegnare il buono per l'acquisto dello zuccher o.
Sono provvedimenti necessari, giusti, ma che risolvono solo temporaneamente il problema della fam e.
Si tratta anche di favorire un’efficace rete commerciale e di ottenere i dovuti approvvigionamenti.
I frequenti viaggi del sindaco a Fiuggi, ove si incontra con il Prefetto, hanno quasi sempre come oggetto la richiesta di farina ritenuta indispensabil e.
Alcuni commercianti stringono delle intese, stabiliscono degli accordi, per approvvigion are la farina in un unico magazz ino arrivando anche a costituire un Consorzi o.
Con l'inizio dell'autunno la natura dà i suoi prodotti favorendo le prime vendite di derrate alim entari; ma la cosa drammatic a mente vera è che manc ano i soldi per gli acquisti.
Già nel mese di luglio riprende l'attività casearia di Guido Vinc i.
Nello stesso periodo si eseguono dei lavori presso il saponificio «Annunziata », un'industria costru ita nel 1929 di cui la guerra però aveva danneggiato completamente struttura ed impiant i.
I proprietari in occasione del l' inizio dei lavori di ricostruzi o ne, spostano il capannone già esistente sulla riva sinistra del fiume Sacc o, verso la stazione ferroviaria.
Per tutto il 1944 sarà impegnata nell'attività di ricostruzione una decina di persone che percepirà per ciò un salario giornaliero di duecentoottanta lire.
A novembre quando inizierà la produzione, il sapone verrà venduto in provincia di Frosinone e di Roma dove arriverà trasportato da carretti tirati da cavall i.
In questo momento il sapone è un genere di prima necessità e quindi molto richiesto, inoltre non esistono alt ri saponifici nel territorio per cui lo sviluppo dell'attività si avvia ad essere rapido ed incontrastato.
Nel 1945 le persone impegnate a lavorare saranno trentanove mentre nel 1946 arriveranno ad essere sessantatre di cui dieci donne.
Negli anni che vanno dal 1944 al 1946 i dipendenti pubblici e gli operai della «Romana elettricità» e dell’«Annunziata» sono le persone che con continuità percepiscono un salario permettendo così l'avvio di una sicura base per lo sviluppo commerciale ed artigianale.
Merita, inoltre, di essere ricordato che la moneta in circolazi o ne non è quella battuta dal Governo del Sud, in questo momento guidato da Ivanoe Bonomi, ma quella delle forze di occupazion e. Viene chiamata l'AM lire (Allied Military). La scritta è in inglese a ricordare a noi italia ni da che parte sta l'autorità e la forza.
Il contrabbando delle sigarette
La città non si arrende. La vita pur con grandi disagi e ancora nella caoticità, tende a stabilizza rsi sempre di più.
Ogni lavoro però è precario, ma meglio il precariato che la disoccupaz ione: ogni lavoro anche il più fatico so può essere sempre il trampolino di lancio per una occupazione miglior e.
Tra le attività più originali di questo periodo merita di essere ricordata quella del contrabbando di sigaret te.
Non si può dire con esatte zza quante fossero le persone coinvolt e, comunque, dovette riguardare una discre ta fetta di ceccanesi.
Forse però è eccessivo parlare di contrabbando poiché, almeno al l' inizio, non era tal e.
Infatti, subito dopo il passaggio della guerra, epoca in cui si avvia l'attivi tà, non ci fu un'immediata ripresa produttiva del Monopolio dei tabacchi.
L'amministrazione statale, insomma, non è in grado, per ovvi motiv i, di produrre sigarett e, mentre esiste una forte domanda di mercat o, che viene soddisfatta dall'intraprendenza di alcuni cittadin i, i quali si organizzano e si danno da fare per ottenere anche discreti risultati economic i. Che cosa fanno in pratica?
Ovviamente per fare le sigarette bisogna prima di tutto aver il tabacc o. C'è allora chi lo va ad acquistare direttamente nelle zone di coltivazione, a Cori o nel Sorano.
Poi bisogna tagliarlo e pochi hanno la tranciatrice; quel li che la posseggono traggono profitto anche dall'affitto del piccolo attrezzo; necessitano inoltre le cartine ed i pacchetti che è possibile acquistare a Isola Liri, dove le cartiere hanno ripreso l'attività produttiva. In un secondo momento ci saranno anche quel li che avranno a disposizione la «macchinett a», un aggeggio che permette di preparare e fabbricare con precisione ed in tempi rapidi ssimi le sigarette e uno stampo per la confezione del pacchett o.
Oggi ci scandalizziamo per le sofisticazioni ritenendole un fenomeno della nostra epoc a, ma già a quel tempo esse rientravano nella prassi comune. Ci fu, infatti, un periodo in cui si aveva a disposizione una qualità di tabacco troppo forte, nauseabond o.
Allora c'è chi prova a spezzare il sapore forte aggiungendo foglie secche di castagno, ma è una delusione perché procura reclami e litigi da parte di chi non ne apprezza il sapore. C'è invece chi riesce a spezzare il forte sapore con foglie secche di broccoli che riescono veramente ad addolcire ed aromatizzare. Insomma il mercato assorbe queste piccole sofisticazioni senza respingerle.
A tanti anni di distanza si può dire che l'attività andava bene perché non c'era la concorrenza statale e perché si erano affermate discrete capacità manageriali nell'acquisto della materia prima, nell'organizzazione del lavoro, nell'utilizzo di una mano d'opera sotto pagata (oggi diremo a regime di lavoro nero), oltre che nella scelta del mercato di sbocco che era non solo quello di quartiere o cittadino ma anche quello di altri paesi.
L'attività rese bene per tutto il 1945, poi andò sempre più decrescendo dal 1946 quando il Monopolio ricominciò a produrre ed a fare concorrenz a e quando iniziò l'azione repressiv a della Guardia di Finanza che sfociò anche in qualche arresto. Il fenomeno, anche se notevolmente ridotto, durò fino al 1950.
Si formano i partiti
La prima formazione politica a muoversi ed a vivacizzare la vita politica cittadina è quella comun ista.
L'assalto dei partigiani al Comune dà un'accelerazione alla costituzione della sezione, perché esiste la necessità di creare un'organizzazione che conti e determini la rinascita del paese.
Trovare un locale in cui operare non è una cosa facile se si considera la precarietà e la scarsità degli alloggi. Provvisoriamente la sede della sezione viene stabi lita presso la sartoria di Sergio Carl i ni nella centralissima Piazza, da sempre luogo d'incontro e punto di irradiazione delle ideologie e degli orientament i.
A luglio è già avvi ato il tesseramento: vengono distribuite delle tessere provvisori e, le cosi dette «tessere bianch e», che non hanno simboli. Esse non rappresentano allegorie o emblemi del mondo del lavoro, così come siamo stati abituati a vedere negli anni successivi.
Al partito, ovviamente dopo Bovieri, si iscrivono alcuni vecchi consiglieri comunali eletti nel 1920 nella lis ta soci alista, tutte persone stimate e non coinvolte negativamente durante il periodo fascista. Tra questi sono Mattia Staccone, sarto, già conosciuto dai nostri lettori, Lorenzo Masi, portalettere, Pietro Gizzi, fabbro, vecchio antifascista al quale gli squadristi diedero fastidio la notte del suo primo giorno di nozze, Pietro Catozi, com merciant e.
La gran parte degli iscrit ti è costituito da ex dipendenti della BPD di Bosc o Fait o. Inoltre c'è una buona adesione anche di elettricisti d i pendenti della «Romana Elettricità» per via della a zione di proselitismo immediatamente avviata da Bicetto Canestrelli e Vincenzo Spagnoli.
Con l'inverno si costituirà anche la cellu la «Maiura » per opera di Angelo Campagnoni ed essa rappresenterà nelle campagne l'unica presenza comunista fino all'a utunno del 1946. Questa, nell'estate del 1945, dando un'interpretazione esten siva dei decreti Gullo in materia di mezzadria attua la ripartizione dei prodotti agricoli in misura dei tre quinti nei confronti del proprietario terriero Berardi; il che costituì un fatto clamoros o,isolato e non più ripetut o.
Anche se è un fenomeno solo cittadino, il tesseramento incontra adesioni soprattutto se si tiene conto che il PCI è un part ito nuovo che non ha legami con il passato politico ceccanes e.
Ci sono situazioni internazionali e nazionali che sono molto persuasive e fatti che conquistano tutte quelle persone che veramente vogliono un profondo cam biament o.
Non va dimenticato che nell'epoca di cui stiamo parlando è fortemente sentito, anzi si sta affermando, quello che sarà il mito di Stalin e dell'Unione Sovietic a. Quelle che erano state le invincibili e temute armate tedesche ora arretrano su tutti i fronti, dopo la rovinosa sconfitta di Stalingrado.
L'esito negativo di questa batta glia, per i mezzi, gli uomini impiegati e le vite perse, aveva dato un nuovo e diverso corso alla guerra. Nazionalmente i comunisti rivest ono un grosso ruolo politico poiché hanno il numero più elevato di partigiani combattenti.
Oltre a ciò contavano presso l'opinione pubblica a favore del PCI anche vicende e situazi oni molto più vicine a noi.
I comunisti partecipano, per l'unica volta nella storia italiana, al Governo nazionale guidato da Bonomi Ivanoe; hanno Carassi, Presidente dell' Amministrazione Provinciale, Marzi Sindaco di Frosinone e Bovieri, Sindaco di Ceccan o.
Subito dopo, in agosto, anche la DC si dà un'organizzazion e.
La sede viene fissata in Piazz a. La DC al contrar io del partito comunista, non è un partito nuovo; essa si collega al la tradizione del partito popolare che già nel 1920 aveva avuto una presenza nel Consiglio Comunale di Ceccan o.
Si riallacciano così vecchi legami, si ritessono rapporti int errotti con le varie categorie sociali, e si ritorna ad operare anche nelle contrad e.
Ma così come era già stato nel primo dopoguerra le maggiori adesioni si riscontrano tra gli abitanti del centro urbano. Vi sono intere famiglie che si ricollegano imme diatamente a quella che era stata la tradizione del partito popolare, così come avevano fatto precedente mente i loro parenti più politicizzat i. Questo fenom e no, ad esem pio, in particol are riguarda le famiglie Trott a" Bonanome, Stell a, De Sanctis .'
Fra gli anim atori della costru zione della Sezio ne DC vale la pena ricordare Antonio De Sancti s, già consigliere comunale nel 1920. Inoltre fra i più attivi in questo periodo c'è Enofilo Mancini, figlio del deputato lib erale Camillo, Andrea Del Brocco, arrestato per una settimana nel 1931 a Roma perché Presidente dell' Azione Cattolica di S. Paolo fuori le mura e scarcerato per l'intervento del Questore di Rom a, Francesco Peruzz i, nativo di Ceccan o.
In questo periodo si sta affermando Temistocle Taccher i, esattore-
(1) Vengono eletti: Mancini Enofilo, Picchi Domenico, De Sanctis Antonio, Taccheri Temistocle, Del Brocco Andrea, Di Vico Antonio, Bonanome Filippo, Quattrini Camill o, Trotta Leonardo, Pallagrosi Paolo, Caracci Mario, Colapietro Pietro, Dioletti Alfredo, Palmie ri Quirino, Stella Francesco, Masi Pietro, Ciotoli Luigi, Di Pofi Nicola, Guerruci Guerino, Angelini Antonio,
Sempre nello stesso periodo si costituisce anche la sezione socialist a, o meglio la sezione del Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP); così si chiamava il partito di Nenni fino alla scissione prodotta da Saragat nel gennaio 1947.
Nella sezione socialista la persona che più si fa sentire è l'avv. Ambrosi. Di penna e di parola facile è quello che in questo periodo più di tutti esercita un'influenza notevole nella vita politica cittadina.
Ma dietro all'avv. Ambrosi ci sono altre persone ugualmente attive, ben conosciute e legate con i cittadini, pronte ad emergere e ad affermarsi; basta pensare a Domenico Angeletti, dipendente dell'ospizio S. Maria della Piet à, manganellato nel 1922 da una spedizione punitiva fascista; Mario Tiberia, Amedeo Gizzi che nel primo dopo guerra aveva militato nel partito repubblicano e che nel 1966 verrà premiato con una medaglia d'oro per fedeltà al Partito; Antonio Michel i, falegname.
Più in generale si può dire che questo partito si raccoglie attorno a dei capo contrada, nelle campagne di Ceccano. I dirigenti del centro cittadino lavorano per ricostruire un tessuto connettivo attorno a vecchi militanti, promotori delle lotte contadine negli anni precedenti e successivi alla prima guerra mondial e.
E’ il partito che più di tutti ha un radicamento nella realtà cittadin a, perché ha un passato del quale si può dire che complessivamente è stato esemplare, perché ha permesso la crescita civile dei cittadini, l'affermazione di diritti sempre calpestati ed in quanto ha prospettato una speranza per un avvenire diverso e miglior e.
E’ il caso di ricordare che l'amministrazione socialista che conquistò il Comune nel 1920 fu sciolta solo dopo la marcia su Roma, quando già il fascismo si era imposto con la violenza in Italia. Non erano bastate, infatti, le spedizioni punitive delle squadracce nere provenienti da Roma nel 1921 e nel 1922 per piegare i rossi, sarà necessario un decreto del re, il1 febbraio 1923 per far insediare al Comune il Commissario Prefettizio, Turriziani Colonna.
Il fascismo, durante il ventennio, ottenne più di qualche convinta adesione tra i cittadini del centro urbano, anche se da parte di alcuni artigian i, rimase sempre vivo uno spirito anarchico e socialisteggiante.
Fu totale e convinta, invece, l'adesione al fascismo dei dipendenti pubblici, dei dirigenti privati e degli insegnanti. Questi ultimi infatti si prodigarono con tutte le loro forze a proporre una storia ed una educazione finalizzata alla formazione di un uomo pronto ad ubbidire alla gerarchia ed a combattere per creare un nuovo impero in conformità con la riforma scolastica voluta da Giovanni Gentile.
Le idee e le organizzazioni fasciste invece non penetrarono mai nelle campagne. Il mondo contadino, isolato e circoscritto, perché decapitato dai propri collegamenti politici, anche per le proibitive comunicazioni in cui versava la viabilità rurale, seguitò a vivere in una propria dimensione e nel ricordo di quella che era stata l'esaltante stagione del socialismo. Il fascismo, occupando il potere attraverso la violenza, aveva smorzato la fiammata socialista, pertanto il fuoco rosso non divampò nel ventennio nelle piazze, esso è stato ridotto, minimizzato, tanto che sembrava scomparso. Ora però, che il vento della nascente democrazia solleva cenere, vengono allo scoperto i tizzoni nuovamente pronti ad ardere ed a divampar e.
Sui socialisti pesavano anche due responsabilità e su questo era insidiosa e latente la polemica. dei comunisti: non essere stati capaci di assicurare uno sbocco rivoluzionario nel 1920, quando il movimento era forte e tumultuoso e non aver saputo organizzare una risposta dura e conseguente allo squadrismo, lasciando i propri militanti isolati ed indifesi, sottoposti a continue aggressioni.
C'è l'eventualità quindi che alla rigoglios a sorgente delle grandi lotte contadine e popolari del primo dopoguerra e dell' antifascismo non attingano solo i socialisti ma vadano ad abbeverarsi anche i comunisti.
Nei mesi e negli anni successiv i in particolar modo, l'attività dei partiti coinvolge sempre più ampi strati della popolazione; essa non è un fatto di vertice, non riguarda solo poche persone: è un fenomeno che ha una coralità di partecipazione e di adesione convinta.
Dopo vent'anni di silenzio e di prevaricazioni subite (di partito unico) si scopre il gusto della politic a. .
I partiti erano tutti rappresentati nel Comitato di Liberazione ove vengono dati indiriz zi di ordine genera le, quali l'indicazione degli amm inistratori e le grandi questioni riguardanti la vita della comunità ceccanese, come vedremo meglio successivam ente.
Non è un lavoro facil e, è invece molto difficile perché si scontrano ide e, posizioni ed inte ressi diversi. E necessario medi are, allentare le pressioni contrapposte, avere senso politic o. Sì senso' politico, cosa alla quale i cittad ini non erano stati abituati. Nel Com itato, comunque si lavora proficuamen te; la nuova classe dirigente fa il suo apprendistato con un ceno grado di responsabilit à.
C'è anche da dire che i partiti hanno specificità diverse, ogni partito reca nel vivo della sua iniziativa car atteristi che sue proprie, connaturate alla sua storia ed ai legami che aveva stretto e che voleva stringere con la realtà ceccanese.
Tutti comunque si fanno portatori di idee di cambiament o, sostenitori degli ideali di giustizia e di democ razia.
E questo quello che unisc e; la speranza di un futuro diverso, senza guerre, senza prepotenze, capace di garant ire a tutti i citt a dini rispetto e uguaglianz a.
Al nord, sulla linea gotica, si combatte contro i ted eschi; nelle zone libe rate tutti i partiti sono presenti nel governo con quella che oggi si direbbe pari dignit à.
Allora non esiste vano le TV privat e, non si face vano spot a pagam ento perché il collegamento partito-
L'atti vità delle sezioni era quotidiana perché esse erano sempre aper te ed affollate; mentre sui muri ancora diroccati si incominciavano ad affigg ere i primi manifest i. Con il passare del tempo in piazza sorgeranno veri gruppi differenzia ti, a seconda dell'a p part enenza ai parti ti, che caratt erizzeranno con le loro rec iproche invettive le domeni che e le altre festivit à.
Solo dopo moltissimi anni appariranno i «galoppini», merc e nari della politic a, ora molto in voga ed al soldo del migliore offerent e; nel l'epoca di cui stiamo parlando la polit ica era totali zzante, ed assorbiva completamente il militante: prima che un impegno era una fede.
«I partiti sono la democrazia che si organizza», essi aliment ano un modo nuovo di pensare che permetterà di creare le basi di massa alla democrazia italiana e la renderà immune dai vari tentativi autoritari che si susseguiranno.
L'attività dell'amministrazione comunale
Alle condizioni di precarietà dei giorni successivi alla Liberazione sempre più si susseguono momenti favorevoli a porre le basi per una situa zione regolare.
C'è innanzitutto una fruttuosa dialettica nel Comit ato di Liberazione Comunale ove vengono affrontate e prese decisioni fondamentali, pur in un contesto dominato da ingenuità ed estremismi, oltre che da interessi contrapposti.
Credo però sia utilissimo soffermarci un attimo per descrivere il ruolo ed il significato dei Com itati di Liberazione.
Essi erano il punto di incontro dei partiti antifascist i, sia prima quando si trovavano all' opposizione e nella clandestinità, sia successivamente quando partecipano direttamente al secondo governo Badogli o, attraverso la mediazione di Benedetto Croce e Palmiro Togliatt i.
I Comitati mettono a disposizione i propri uomini e le proprie formazioni partigiane per fronteggiare e battere il nazifascismo e lasciando al popolo italiano, dopo la vittori a, la possibilità di scegliere fra la Repubblica o la Monarchia.
Va ricordato, infin e, che con la liberazione di Roma il sovrano Vittorio Emanuele III non ha abdicat o, ma ha lasciato le sue funzioni nelle mani del figlio Umbert o, creando così la Luogotenenz a.
I ministri giurano fedeltà alla nazione e non al sovrano, perché il potere deriva dal Comitato di Liberazione. Così come a livello nazionale designa i ministri, a livello locale designa gli amministratori, mentre tocca ai prefetti la nomina ufficiale.
Il Comitato di Liberazione però non è previsto dal l'ordinamento statale, non è un Istituto è solo un'autorità politica e morale in un «limbo» istituzion ale.
Il principio che regola i Comitati di Liberazione a tutti i livelli è la pariteticità e l'unanimità; essi prefigurano una riorganizzazione dal basso dello Stato, poiché l'obiettivo da realizzare è quello di essere essi stessi un centro fondamentale di formazione e di aggregazione di una nuova classe dirigente.
Nell'ambito di queste competenze, il Comitato, dopo giorni di discussione, designa Mario Tiberia (socialista), Trotta Leonardo (democristiano) Viola Pietro e Liburdi Pietro (comunisti) alla carica di assessori. Tra questi inoltre, a Tiberia viene assegnata la delega di vice sindaco.
Tutti partecipano alla seduta della Giunta del 25 novembre 1944, che rappresenta un fatto nuovo nella vita del nostro paese, perché dalla caduta della Giunta socialista, nel 1923, Ceccano era stata diretta sempre da una sola persona. Insomma ci troviamo di fronte ad una nuova tappa nella ricostruzione dell'ordine democratico.
A questa data gli uffici sono in piena attività, tutti i servizi fondamenta li vengono assicurati. Per gli appassionati di statistiche dirò, inoltre, che i dipendenti che a questa data risultano in servizio, sono cinquantanove.
Qualche periodo dopo, la Giunta in carica, dimostrando una certa preveggenza rispetto a quella che dimostreranno gli amministratori degli anni successivi, conferisce incarico per la redazione del Piano Regolatore all'ingegnere Rodolfo Vinciguerra ed al Prof. Zocca Mario, docente di Urbanistica presso l'Università di Roma, perché c'è intenzione di procedere nella ricostruzione del paese in modo organico ed ordinato.
Una intenzione che, purtroppo, è rimasta sempre tale.
Più in generale si può dire che viene compiuto uno sforzo egregio per regolarizzare le entrate comunali, provvedendo in un arco di tempo abbastanza diluito alla riscossione di tutte le imposte previste dalle leggi. Con una delibera del 25 gennaio 1945 si istituisce anche un canone per il consumo dell'acqua potabile ammontante alla somma di venti lire al mese per un corrispettivo di cento litri al giorno. A scanso di equivoci la delibera prevedeva anche che si dovranno 0,50 lire in più al giorno, se il consumo giornaliero risulterà essere superiore ai cento litri.
A riflettere, queste tariffe possono risultare esose ma non va dimenticato che chi aveva l'acqua corrente in casa poteva permettersi di pagare tranquillamente quelle somme.
Nel Comitato di Liberazione si seguita a discutere animatamente su tutto e fortunatamente si decide. Tra queste decisioni c'è anche quella che designa altre 2 persone nella Giunta Comunale. Vengono infatti indicati Liburdi Vincenzo (socialista) e Filippo Bonanome (democristiano), i quali parteciperanno alla seduta del 16 giugno 1945.
E giusto anche rilevare che è questa giunta a chiedere il 22 settembre l'istituzione del quarto e quinto ginnasio, cosa che di lì a poco verrà accolta dal Provveditorato agli Studi e che rappresentò un momento importante della vita culturale del nostro paese, il quale ormai si avviava sia sul piano politico che formativo ad un futuro ricco di speranze.
Purtroppo il nostro Ginnasio essendo frequentato da pochi studenti fu soppresso nel 1953, con gran danno della vita culturale dei giovani ceccanesi costretti ad un pendolarismo negativo che si protrarrà fino ai nostri giorni.
Capitolo X
LE VICENDE LEGATE A PIAZZA PEPPETTO RICCARDI
Rovesciar e un regime significa modificare mentalità e organizzazione della vit a, cambiare feste e riti; a volte vuol dire anche sostituire insegne e nomi alle strade.
E un process o compless o, tortuoso in cui convergono varie idee, diverse spinte e posizioni contraddittori e. Questo movimento reale a volte è condizionato da singole personalità. Nel periodo di cui stiamo trattand o, una persona molto influente e di cui abbiamo già scritto è l'avv. Ambrosi. Egli da Presidente del Comitato di Lib erazione è nelle condizioni di poter influenzare anche l'attività della Giunta Comunal e. Proprio sulla base di questi indiriz zi dati dal Comitato di Liberazion e, la Giunta, il15 marzo del 1945, delibera di cambiare nome sia a piazza Berardi che a borgo Berardi che dovranno essere rispettivamente chiamate piazza Peppetto Riccardi e borgo Don Giovanni Minzoni.
È molto interessante, a giustificazione di questa intenzion e, quanto preme sso nell'atto deliberativo: «e ciò perché la famiglia Berardi appartiene a quella categori a di plutocrati che hanno sempre spadroneggiato in paese e il cui attuale rappresentante Berardi Fi lippo è stato segretario federale del partito nazionale fascista e preside della provincia di Frosinone».
Fatta questa premessa quando si accenna alla lapide commemora tiva, la deliberazione diviene ancora più colorita, «si ritiene opportuno di apporre quella di Peppetto Riccardi, calzolai o, morto nel 1930, simpatica ed assai ricordata figura di popolano ceccanese, strenuamente antifascista , mentre per la denominazione di borgo Berardi si ritiene opportuno sostituirla con quella di Don Giovanni Minzoni noto arciprete di Acerra (chi scriv e, a mano, fa un errore perché il sacerdote era di Argenta) ucciso dalla squadra fascista di Balb o».
Per i riflessi che questo atto determinò nei giorni e nel periodo successivo è opportuno focalizzare il susseguirsi delle vicende.
Immediatamente dopo l'approvazione della delibera l'Avv. Ambrosi scende in piazza Berardi accompagnato da alcuni collaboratori, per scegliere il posto migliore ove apporre la lapide int i tolata a Peppetto Riccard i. Il suo atteggiamento è sicuro, quasi spavaldo; discute ad alta voce cercando il consenso con sguardo esperto ed indagatore. Dopo tanto scrutare, la sua scelta, guarda caso, cade proprio sul posto ove c'è la vecchia lapide intitolata al marchese Filippo Berardi.
Per non incorrere in qualche confusione è bene precisare che non è quel Filippo Berardi, Federale e Preside della Provincia, di cui parla la delibera e vivente all'epoca del fatto, ma l'omonimo nonno che nel secolo precedente aveva dato un grande impulso alle attività economiche di Ceccano e favorito l'edificazione nella zona bassa del paes e.
Il sito scelto è sulla parete di un palazzo di proprietà della famiglia Berardi (là dove, per intenderei, la Cassa di Risparmio ha svolto la sua attività).
Nel momento di cui stiamo parlan do, si stanno realizzando dei lavori di conservazione ed ampliamento del l'edificio in seguito ai quali esso diventerà così come lo vediamo oggi. I lavori sono portati avanti da Umberto Salomon e, un valente artigiano dell' e poca; fra gli operai c'è anche Giorgio Valbrunn che negli anni successivi si affermerà come ottimo imprenditore edile.
Presiede e dirige i lavori Edoardo Savoni, uomo molto legato ai Berardi, dai quali riscuote fiducia in qualità di Amministratore.
Savoni pur non essendo coinvolto nelle scelte, intuisce di cosa si tratta e suggerisce all' Ambrosi che dati i lavori in corso, il marmo della lapide potrebbe essere danneggiato.
Questa ipotesi viene scambiata dall' Avv. Ambrosi per una minacci a, e non è detto che tale non fosse nelle intenzioni di Savoni.
Subito la discussione si anima ed i toni diventano aspri ed accesi tanto da esser e chiaramente uditi fino a borgo S. Martino, meglio conosciuto come la «Capocroc e».
Qui vive Mario, figlio di Edoardo. Egli individua le parti in causa, intuisce quello che sta accadendo ed in un baleno è in piazz a.
Con il suo arrivo l'animatissima discussione non si placa anzi si accende tanto che si arriva alle mani.
Nonostante questo aspro litigio, dopo qual che settimana avviene la cerimonia ufficiale.
Per questa occasione si fa un corteo che partendo dal Munic i pio arriva giù in piazz a. La gente è molta, ma meno rispetto ad altre occasioni. Il clima non è euforico e nell'aria si avverte una sensazio ne strana fatta di scetticismo e di sospetto.
E presente il sindaco Bovieri, ma l'orazio ne cel ebrativa la tiene l'avv. Ambrosi; egli non parla a lungo, si limita solo a tratte g giare alcuni aspetti della vita di Peppetto Ricc ardi, sottolineando le angherie da lui subite e cercando di accreditargli qualcosa di profetico, riportando per filo e per segno alcune colori te invettive che il Riccardi era solito lanciare verso i ceccanesi. Nella seconda parte del suo intervent o, l'avvocato quasi a voler difendere la val i dità della scelta fatta, affronta la questione della nota simpatia del Riccardi verso il vino. Ambrosi non la smentisce anzi la carica di significati letterari, poiché mette sullo stesso piano Riccar di con Giosuè Carducci, il quale, sempre secondo l'avv. Ambrosi, aveva scritto le miglio ri poesie in stato di euforia. Nonostante queste pennellate pittoresche che avrebbero dovuto generare simpatia fra i presenti, la manifestazione si scioglie più freddamente di come era iniziat a.
La sera stessa di questi fatti, si ripetono scene, episodi che da un pò di tempo non sono nuovi ai ceccanes i.
In quell'epoca i giovani non avevano molti motivi di distrazione. Erano però molto creativi perché ricchi di fantasia e genia lità.
Tra di loro, inoltre, c'erano personaggi caratteristici ed originali. In questo periodo un ruolo particolare è esercitato da un certo Andrea, residente in via S. Giovann i. Da tutti è considerato come un uomo mit e, tranqu illo, dotato di una flemma, che oggi si direbbe «anglosassone ».
In quei giorni, anzi in quel le notti, di cui stiamo scrivendo, Andrea si diverte a mettere in fila i suoi coetanei più che ventenni inquadrandoli e facendoli marciare. Ili quei momen ti, i suoi mo di si trasformano e diventano imperiosi e qualche volta maneschi, rivelando aspetti all' apparenza insospettabili del suo car attere.
Il luogo di quelle esercitazioni è il perimetro comprendente Madonna della Pace, il Monumento, piazza Castell o.
Che cosa rappresentavano queste pseudo manifestazioni? Sicuramente la componente fondamentale è quella ludica, finalizzata al semplice divertimento a cui tutti partecipano con un coinvolgimento unanim e. Un gioco molto più simpatico e sicuro di altri ai quali assistiamo oggi, come quelli dei centauri che si impennano con i loro motorini o dei giovani automobili sti che si cimentano in pericolose prove di velocità.
La sera in cui fu inaugurata piazza Peppetto Riccardi l’itine rario del gioco è modificat o; si sta scendendo, infatti, lungo viale della Libertà, quando all'altezza della Madonnella, Andrea ordina un imprevisto quanto perentorio «A destr a». Il gruppo scende così sulla strada ripidissima e dopo un centinaio di metri si ferma davanti al l' osteria, conosciuta come quella di «Zi Mappa». Proprio lì davanti vi sono tre giovani che si stanno salutando per andare altrov e. Essi sono Gigettino Piroli, Tiberio Tiberia, meglio conosciuto come «zio Bebbo» e Memmino Savoni. Piroli sta ritornando a casa, perché sua moglie non sta bene mentre Savoni sta entrando nella casa di quella che poi sarà sua mogli e, Roberta; anche Tiberia ha un appuntamento. Alla vista del gruppo così allineato e coperto che stimola immediatamente curiosità e simpatia, i tre dimenticano i loro impegni e preferiscono unirsi ad esso.
Tutti insieme entrano nell'osteria, vi sostano allegramente, bevendo altrettanto allegramente, trascinati dall'atmosfera di entusiasmo e di euforia che il gioco sa generar e.
Quando escono Andrea riordina a fatica le file per via dell'a l cool, riesce a far riprendere la marcia, ma il gruppo invece di risalire verso il Monumento si dirige verso il ponte. Sempre inquadrato arriva così sulla Piazza che a questo punto non so se chiamare Ric cardi o Berard i.
Giunti lì Gigetto Piroli sale su un mucchio di terra conquistando una posizione idonea per arringare i compagni. Incomi n cia la sua declamazione con un concetto che amerà riproporre negli anni successivi ogni qual volta si 'troverà nelle stesse euforiche condizioni. «Noi siamo nati per essere principi. Noi siamo nati per comandar e». Il concetto si sviluppa ancora con un periodare che ondeggia dal punto di vista della coerenza e che comunque è un' apologia del superomismo e della forza.
La lapide di Peppetto Ricc ardi è proprio lì davanti: apposta da poco; illu minata dalla luna piena appare ancora più bianca ed evidente; rappresenta veramente una tentazione per l'allegro gruppo. Ecco allo ra che vola un sasso che risuona sul bel marmo nuovo. Immediatamente ne volano altri. La lastra prima si incrina, poi si spezza; una parte di essa si stacca e con un gran tonfo cade sul terren o.
Il fatto accaduto, certamente spiacevole e stigmatizzabile, assume un significato più grande di quello che dovrebbe avere perché è gonfiato enormemente. Viene eccessivamente caricato di significati politici, quasi un attentato alla Resistenza; pochi purtroppo sono in grado di dare un giudizio sereno, idoneo a ricondurre il senso dell'accaduto alla sostanza del fatto.
Il giorno successiv o l'avv. Ambrosi, sdegnato, fa presente il fatto alla Caserma dei Carabinieri. Vengono così fermati in camera di sicurezza, come presunti responsabili, Gigetto Piroli, Tiberio Tiberia, Memmino Savoni ed in più suo padre Edoardo.
La scazzottata e le parole di Edoardo, dunque, scottavano ancor a.
Viene interrogato anche Andrea. Questi dà la sua versione che è quella sin qui riportata, ma con una variante rispetto al finale che mer ita di essere riproposta. Andrea, infatti, non dice «è stato uno scherzo finito male» oppure «eravamo ubriachi», né tenta altre banali giustificazion i. Egli riconferma la serietà dell' esercit a zione con una eccezionale solennità, accompagnata da grandi pause, che sta a dimostrare la convinzione con la quale partecipa va al gioco. La parte finale per lui non esist e. Con orgogliosa soddisfaz ione afferm a: «Alle 23,30 ho ordinato ai miei uomini di sciogliers i. Così è stato fatto». L'interessante per lui è quello di far conoscere che è stato obbedito dai suoi «uomini».
Dopo gli accertamenti del caso vengono scarcerat i prima Edoardo Savoni, che in tutta la vicenda non c'entrava niente, e poi Tiberio Tiberia. In Caserma in stato di fermo rimangono Piroli e Memmino Savoni perché i più coinvolt i. Il fatto non passa inosservato ai cittadini di Ceccano che si riuniscono su via Magenta, ove è situata la Caserma dei Carabinier i, richiamati e incuriositi dalla particolarità degli avvenimenti. Amici e parenti dei fermati discutono animatamente difendendo le posizioni dei propri congiunti. Piroli e Savoni hanno molti sostenitori perché essendo di carattere aperto e socievole godono di una vasta cerchia di ami ci.
La denuncia fatta da Ambrosi, quale Presidente del Comitato di Liberazione, dunque, non riscuote né adesioni né simpatie. I due fermati, inoltr e, hanno un parentato molto vasto; proprio su via Magenta parenti di Savoni sono le famiglie Innico, Bragagli a, Peruzzi, Loffredi.
L'umore dell'opinione pubblica non sfugge a Temistocle Ta c cheri, il quale dagli uffici e dalle finestre dell'Esattoria Comunale che gestisce proprio su via Magenta, ha potuto ben interpretare la situazion e.
Inserirsi nella vicenda per lui non è solo questione di sensibilità: è un'occasione irripetibile per far svolgere un ruolo autonomo e decisivo alla Democrazia Cristiana di cui è un influente dirigente. È questo il momento migliore per differenziare la D . C. dalle posizioni di Ambrosi, Bovieri, comunisti e sociali s ti.
La situazione è favorevol e ; per questo scende dire t tamente fra la gent e , incontra amici e parenti dei ferm a ti, critica esplicitamente l'azione di Ambrosi ed annuncia una iniziativa ufficiale della DC a favore di Piroli e Savoni.
In un periodo in cui si facev a tutto all'unanimit à , in nome dell'an t ifascismo, questa presa di posizione della DC è la prima manifestazione di distinguo e di autonomia rispetto agli altri partit i .
Con il suo operato Taccheri, in questo momento, cerc a di estendere le simpatie attorno al suo partit o . Vuole spezzare, insomm a , l'influenza di Bovieri ed Ambrosi sulla vita politica cittadina. Sia lui che altri componenti di partito si prodigano così per invitare la sera del giorno successiv o tutti nella sezione DC, in piazza, là dove ora c'è un'oreficeria.
Arriva così l'appuntamento tanto attes o . Prima dell'imbrun i re la sezione è gremita di persone: parent i , amici, curiosi, militant i . Lo stato d'animo generale è inquieto e teso. A tenere la riunion e , arriva da Roma l'avv. Ercole Marazza, un uomo di spicco, conosciutissimo, membro autorevole del partito, il quale non va confuso con Achille Marazza, anch'egli democristiano e membro del Comitato Liberazione Alta Itali a . Al suo arrivo c'è molto fermento, molti gli stringono la mano e vogliono essergli presentati. Marazza con a fianco Tacche r i si dirige verso il tavolo della presidenz a . Mentre alcuni si siedono ed altri si sistemano ordinatamente in piedi, l'avvocato tarda ad accomodarsi. Quando il brusio diminuisce ecco che egli con un gesto teatrale tira fuori dalla tasca una pistola, mettendola ben in evidenza sul tavolo. E un vero colpo da prestigiator e : tutti si scambiano sguardi interrogativi ed il brusio immediatamente cessa. In questo clima radicalmente mutato si dà spaz i o a pochi e rapidissimi interventi attraverso i quali si espongono e si precisano meglio i fatt i ; ma il dato sostanzi a le che emerge è che, oram a i, l'assemblea si affida all'uomo che ha davanti. Quel gesto da teatrant e , espressione di grande determ i natezza e coraggio, ha assicurato a Marazza un carisma eccezionale, poiché i presenti sono pronti a fare qualsiasi cosa egli proponga.
L'avvocato di cose da dire, però, ne ha ben poche; spinge soltanto tutti ad uscire dalla sezione e a dirigersi verso la Caserm a . La strada è piena di gente che si reca a far visita ai Sepolcri del Giovedì Santo e che viene distratta dal deciso corte o , Tutti vogliono immediatamente conoscere i fatti e partecipano emotivamente a quanto sta accadend o .
Marazza entra in Caserm a , scambia alcune parole con il Maresciallo Boni e chiede che venga chiamato il Vice Pretore che conduce le ma della vicend a . E accontentato, perché questi si presenta subito dopo. Si apre una discussione fra i due sul fatto e sulle responsabilità, che non dura molt o , e alla fine della quale Piroli e Savoni vengono messi in libertà. Si può imma g inare la soddisfazione dei presenti e quella dello stesso Marazza, ma in particolar modo la gioia di Taccheri.
E’ un vero tripudio, un trionfo subito accreditato al l ' interve n to democristiano.
Nella giornata del Venerdì Santo la sezione democ r istiana resterà aperta non solo perché sarà il luogo di riflessione e di commento a quanto accaduto, oltre che di autocompiacimento per il risultato ottenut o , ma anche perché accoglierà le molte persone che andranno ad iscriversi al partito.
Tutti questi ricchi e succosi avveniment i , scaturiti dalla rimozione di una lapide, oltre ad aver generato situazioni impreved i bili e cariche di conseguenze, avevano portato alla ribalta un personaggio fino ad allora conosciuto da pochi, quel Peppetto Ric cardi, che se non fosse stato per tutto lo scalpore e il clamore suscitato dagli avvenimenti su descritt i , avrebbe riposato per l'eternità in un tranquillo anonimat o .
Nel riportare l'esposizione di questi avvenimenti è opportuno non tralasciare qualche considera z ione.
La conclusione di questi fatti fa emergere che la defascistizzazione non è un processo semplice da poter attuare a tavolino; ha invece bisogno di tem p i, modi e alleanze da mettere di volta in volta sul piatto della bilancia delle scelt e .
La famiglia Berardi nel corso degli anni aveva ricevuto e riceveva rispetto da parte della popolazione, perciò non bastava essere stato federa l e fascista per esser e disprezzato o odiato dai cittadin i .
In verità il popolo ha provato un vero e giustif i cato risentim e nto soprattutto verso i fascist i del proprio cet o , i quali durante tutto il ventennio nella vita di rela z ione (nei bar, per strad a , nei vicoli, nei cinem a ) non perdevano occasione per mostrarsi prepotenti e vendica t ivi. Nei confronti della famiglia Berardi non esistevano motivi di rancore.
Oltretutto Peppetto Riccardi non era conosciuto da tutti i ceccanesi anche perché da quindici anni era decedu t o e per quanto potesse sollecitare un simpatico ricordo non poteva né determinare uno schieramento a sua difesa né reggere il confronto con Fili ppo Berardi cui lapide, peraltro, 'verr à apposta nuovamente negli anni successivi.
È il caso anche di analizzare meglio le conseguenze che questo episodio creò nel l 'interno dei partiti.
La famiglia Savoni con molti parenti e tante amicizie, fino ad allora non interess a ta al l a vita dei part i ti, aderì, dopo queste vicende, al l a DC e da al l ora è rimasta un sicuro pil a stro di questa forza polit i ca. A questa famiglia apparterrà nel 1946 un segret a rio della sezione, pietro, il quale sarà anche consigli e re Comunale dal 1952 al 1960. E’ Savon i e democristiano anche l'att u ale Sindac o .
Gigett i no Pirol i , che fino alla scarcerazione era tesserato con il PCI da quel giorno divenne democristiano e rimase sempre con questo partito nel quale ha esercitato un grande molo d'attrazione, specie nei settori popolar i . È stato consigliere comunale dal 1952 al 1980 e sindaco dal 1956 al 1960 e dal 1965 al 1973.
Ta c cheri con questa operazione crea cosi le condizioni che permetteranno alla DC di diventare anche a Ceccano un grande partito di mass a .
Dopo questi avvenimenti, la Giunta sarà molto più cauta, anzi troppo prudente nel cambiar nome a piazze e strade. Solo in dicembre avverrann o nuove intitolazioni, d'altra parte non più procrastinab i li: viale Littorio diverrà viale della Libertà; via Michele Bianchi, via Fontanella; via 28 ottobr e , via Matteotti; piazza Vittorio Emanuele, piazza 25 lugli o .
Più in generale si può dire che tutti gli amministratori che successivamente si avvicendarono alla guida del paese furono molto attenti a non ripetere fatti analogh i a quelli citati. Anzi furono molto parsimonios i : solo il nome di piazza Castello fu cambiata in piazza Mancini .
Se nomi nuovi ci sono stati, riguardano soltanto strade di nuova costruzione, come via Antonio Gramsci, via Domenico Misserville, via Aldo Moro, via Giuseppe di Vittorio, scelti con accordo unanime del Consiglio Comunale .
Capitolo XI
F A TTI TRAUMATICI
La seconda parte del 1945 raccoglie e fa esplodere tutte le contraddizioni e le ambiguità che si erano andate diffondendo ed cumulandosi sin dall'indomani della riconquista delle libertà democratiche.
Il punto nevralgico, il cuore ove questi contrasti si agitano e dirompono è il Comitato di Liberazion e. Esso, come già è stato anticipato, costituisce un'autorità politica e morale a cui partecipano tutti i partiti e che dà gli indirizzi di politica general e.
E stato già scritto che è presieduto dal l'avvocato Ambrosi ed è stato già esplicitato come sin dai primi giorni della liberazione, nel nostro paese si andassero enucleando due politiche contrapposte: quella «moderata» di Bovieri e quella «estremist a» di Ambrosi.
La verità è che l’ Ambrosi non ha mai condiviso la scelta del Comitato Provinciale di Liberazione di designare Bovier i come sindaco di Ceccan o. Egli come Presidente del Comitato Comunale di Liberazione porta avanti una coerente azione alternativa a quella sostenuta da Bovieri, facendosi carico di colpire gli uomini del passato regime attraverso una linea intransigent e.
Ambrosi nell'individuare le persone da colpire non va per il sottil e: Filippo Berardi, Arduino Buglioni, Miche le Tanzini sono sempre al centro delle sue «attenzion i»; questo è quello che emerge dalle sue letter e, dalle relazioni e dal diario di guerra.
Questa strategia di lotta politica e personale viene fuori chiara, netta, ben determinata e tale da contrappo rsi' alle scelte di Bovieri.
In un momento in cui l'antifascismo diventa ideologi a, anche perché sempre più si contano le vittime massacrate al nord dai tedeschi a Marzabotto, Boves, S. Anna di Stazzema ed evidenti sono i segni della complicità dei fascisti repubblichin i, è fac ile per Ambrosi far vibrare le corde del patriottismo in particolar modo dopo l'insurrezione nazionale del 25 aprile, per cogliere e mettere in evidenza le indecisio ni, le contraddizioni che ogni tanto, inevitabilmente, emergono nel l' attività amministrativa di Bovieri.
Il tema centrale in cui si scontrano queste posizioni è rappresentato dalla lotta al fascismo, ma tocca anche al tri problemi legati alla vita economica della citt à. Nel Comitato di Liber azione si discute e si decide sul come calmierare il prezzo del sale e su come dare attuazione al l'ordinanza del sindaco, che impone ai caprai la vendita diretta del latte ai consumator i, impedendo così che l'industria casearia assorba completamente la disponibili tà sul merc a to del prodotto, visto che i lattic ini sono molto richiesti dalla vicina Rom a.
Piccol i e grandi problemi che si intende risolver e, a volt e, ignorando le più elementari regole del mercato o della prat icit à.
Ambrosi con mol ta ostinaz ione cerca anche di portare alla luce le responsabilità di quella che lui ritiene una truffa, fatta alle spalle del Comune da parte di chi aveva incassa to l'IGE per conto dell'Amministrazione e successivamente non l'aveva versa ta nelle casse comunali.
Questioni concret e, dunque, che appass ionano. Problemi veri, alcuni dei quali però affrontati in modo esagerato rispe tto all'importa nza che merit avano, forse perché interpretati in modo errato alla luce del sospetto e del pericolo di tradiment o.
Questo fac eva nascere in tan ti l'idea di una rivoluzione tradita, legata al timore di una regressi one polit ica e sociale rispetto alle conquiste strappate con l'insurrezione nazionale del 25 april e.
Nel Comitato di Liberazion e, dunque, si discut e, si media, si compongono alla meglio le singole posizioni per arrivare a delle scelte unanim i. Tutto procede in tal modo fino a quando Ambrosi pretende che sia escl usiva competenza del Comi tato di Liber azione approvare il ruolo del Focatico, una tassa che oggi non esiste più ma che veniva pagata dalle famiglie ceccanesi al Comune fino alla riforma tributaria del 1972. A questo punto e su questo argomento il Sindaco Bovieri diven ta fermo e ben det erminat o. «Questo argoment o» scriv e al Comitato di Liberazione «è di assoluta competenza della Giunta». Su questo punto non ci sono mediazioni.
Nell’ interno del Comitato di Liberazione, il PCI si schiera dalla parte di Bovieri e così anche la sezione democristiana, la quale, attraverso un telegramma del vice segretario Andrea Del Brocco, comunica che non intende partecipare alla riunione del Comitato per discutere sul Focatico. La vicenda non si compone. Ambrosi scrive così al Comitato Provinciale una dura e lunga requisitoria verso Bovieri mettendone in evidenza quelle che egli ritiene essere delle debolezze e chiedendone la destituzione.
Fra le altre cose Ambrosi mette nel lungo elenco di critiche a Bovieri anche il fatto di non aver degnamente ricevuto il Ministro della Pubblica Istruzione Vincenzo Arangio Ruiz.
In verità il ministro all'inizio del mese di settembre, capita a Ceccano a fare una visita privata ad un suo nipote, Francesco Flores, il quale vive insieme con il suocero Filippo Bononome, asse s sore comunale.
Si tratta, dunque, di una presenza strettamente privata non riconducibile ad alcun impegno legato alla funzione ministeriale, eppure Ambrosi nella sua memoria inviata al Comitato Provinciale di Liberazione scrive « E’ venuto il Ministro della Pubblica Istruzione in forma privata ed il sig. Sindaco non si è degnato ad andarlo a ricevere, essendo liberal e. All'invito di venire ha fatto rispondere che aveva disturbi viscerali mentre era all'osteria di tal detto «Cipicchia ».
Più che nei mesi precedenti è evidente la divisione fra le forze che hanno il compito di guidare la transizione verso la democrazia. In quei giorni di incertezza fra la gente c'è molta apprensione, fino a quando il Comitato Provinciale il 30 ottobre prenderà una decisione non per destituire Bovieri, ma per sciogliere il Comitato Comunale di Liberazione lamentandone il «mancato funzionamento» .
Il Comitato Provinciale di Liberazione è vero che compie una scelta, forse giusta e forse necessari a, comunque è la ratifica della divisione verticale fra quelle forze che più autenticamente si erano dimostrate portatrici di una politica di rinnovamento.
E un colpo duro, traumatico di cui pochi avvertono i presupposti degli sviluppi negativi che si creeranno per via dei risentimenti che si andavano accumulando. Ambrosi momentaneamente è battuto, ma nell'interno della sezione socialista ha ancora credito, è capace di influenzare e di determinare delle scelte.
La futura, più importante scadenza politica è quella costitu ita dalle elezioni comunali previste per marz o. Il significato di questo immediato appuntamento è notevole anche perché sono le prime elezioni che si svolgono nell'Italia del dopoguerra.
Nel 1946 non vigeva il sistema di votazione proporzionale, così come prevede la legge elettorale di oggi. La normativa disponeva che la lista vincente avesse assicurata la presenza di ventiquattro consiglieri comunali su trent a. Se comunisti e socialisti si fossero presentati con liste separat e, c'era il rischio che la lista vincente potesse essere quella DC.
È una possibilità che nessuno può escludere, anche perché non ci sono dati di comparazione a cui fare riferimento e quindi ogni risult ato è impr evedibil e.
In Italia vige il patto d'azione fra comunisti e socia list i dal quale proviene la direttiva di formare liste in comune per fronteggiare la vittoria DC.
A Ce ccano le cose non vanno in questa direzione, perché sin dall'inizio ci sono discus sioni e contrarietà che riguardano la presenza di Bovieri sulla lista comune. In questo periodo sia la sezione comunista che quella socialista sono situate nell' interno del palazzo ove oggi è l'Anagrafe comunal e. I locali della sez ione comunist a, sovrastati da una grande raffigurazione di Stali n, sono al pian terreno mentre i socialisti si trovano al secondo piano. Durante il mese di gennaio le scale del palazzo erano state discese e risalite innumerevoli volte senza che l'accordo venisse trovato.
Si è parlato ed ancor oggi si parla dell'unità della sinistra nel dopoguerra quasi a farla diventare indistruttibil e, ferrea, addirittura miti ca. La verità è che questa è una leggenda, è un fatto privo di fondamenta concr ete.
I rapporti fra comunisti e socialisti sono stati sempre difficil i, fatti di lotte sorde, non chiare ed a volte inquinati anche da accesi personalismi. Va pure precisato che per quanto riguarda la questione della formazione della lista le difficoltà non è solo Ambrosi a sollevarle.
Ambrosi è solo la punta dell'icebe rg, cioè quello che si vede o megl io quello che si sente; in verità, c'è nella sezione una sorda pregiudiziale nei riguardi della candidatura di Bovieri perché questo avrebbe signific ato l'egemonia dei comunisti sui socialist i.
Con il passare dei giorni, alla pacata discussione, alle posizi o ni argomentate incomincia ad accompagnarsi un peric oloso nervosismo. Volano frasi ingiurios e. ed oltraggiose. Quando la situazione ristagna ed ogni dialogo sembra impossibile alcuni partigiani comunisti e socialisti cercano di prendere in mano l'iniziativa per dare uno sbocco unitario. Gli argomenti che usano purtroppo non son o proprio politici, poiché corrono parole grosse, e minaccios e. E ancora più importante ricordare che la guerra con il suo patrimonio di distruzione aveva lasciato sul posto un grande arsenale bellic o. Numerosi erano i cittadin i, indipendentemente dalle idee politiche, che circolavano ancora con la pistola in tasca; per alcuni rappresentava una difesa, ad altri dava sicurezza, altri ancora la usavano come strumento di trastullo, di gioco, per divertirsi e per affermarsi nel rapporto verso i conoscent i. A due anni dal passaggio della guerra quindi in alcune serate, a Ceccano era molto facile sentire il rumore di qualche colpo di pistola o di mitra, anche se va riconosciuto che non vi furono mai «incidenti» verso le persone.
Nella sezione comunista avviene quella che sarà l'ultima discussione pre-
Il dato ugualmente certo è che l'avv. Ambrosi, in seguito a quella che egli riti ene una violenz a, presenta una denuncia affermando di essere stato sequestrato nella sezione comunist a. Fa i nomi e cognomi delle persone presenti al fatto. I carabinie ri in seguito a questa denuncia nei giorni successivi sottoporranno a perquisizione alcune abitazioni e procederanno ad alc uni arresti.
«Il Popolano», settimanale della federazi one comun ista, nel numero cinque del 1946, nel dare la notizia degli avvenimenti scrive. «Tre partigiani, l'eroico capobanda Battista Romol o, Bevilacqua Luigi, Masi Giacinto, l' 11 febbraio sono stati arrestati e si trovano detenuti nel carcere di Frosinone. Ancora una volta gli antifascisti vanno in galera, mentre i fascisti rimangono indisturb a ti». In verità gli arrestati non sono tre ma quattro; a quelli indicati va aggiunto Ruspantini Giovanni Battista. Per la precisione va anche rilevato che Battista è iscritto, da qualche giorno, al PCI, Masi e Ruspantini alla sezione socialista mentre Bevilacqua non ha ancora, fatto alcuna scelta di partito.
E strano che un avvenimento così clamoroso venga liquidato in poche parole da un giornale che vuole difendere la posizione dei patrioti. Questa elusività fa intendere che le argomentazioni di difesa sono oggettivamente poche.
Masi e Ruspantini rimangono in galera per un mes e, mentre Battista e Bevilacqua per quattro mesi e dodici giorni, poiché nelle loro case erano state trovate armi e munizion i.
Questi avvenimenti dividono ancora di più il paese, poiché consolida vecchie fratture e ne fa emergere altre, mentre il clima diventa sempre più rissoso e foriero di ulteriori distorsion i.
Il Prefett o, per motivi legati al mantenimento dell'ordine pubblico, approfitta per sciogliere la Giunta in carica e nominare, il 16 marzo, il signor Flores Francesc o, genero dell'assessore Filippo Bonanome e nipote del ministro Arangio Ruiz, commissario prefettizio. Inoltre è importante riportare che le elezioni comunali vengono spostate in autunno, non esistendo le condizioni di tranquillità per un sereno svolgimento delle stesse. Per far scarcerare gli arrestati una delegazione comunista composta da Bovieri, Nino Diana e Sergio Carlini ottiene un incontro a Roma con Togliatt i, allora Ministro di Grazia e Giust izia. Chi partecipò a quell'incontro ricorda che da parte del Ministro trovò cort esia ed una promessa di interessamento, ma nella sostanza le giornate successive dettero l'impressione che l'uscita al carcere degli arrestati, avvenisse solo sulla base delle capacità professionali dell'av v. Domenico Marzi.
Il primo atto che il commissario Flores compie è la riammissione di tutti i dipendenti comunali, legati al fascismo e sospesi da Bovieri sin dal luglio del 1944. Queste riassunzioni vengono effettuate sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione Provinciale all'epurazion e.
Vale la pena ricordare che i problemi legati ai modi attraverso i quali si procede all'epurazione di dipendenti legati al fascismo non rappresentano un fatto local e, riguardano situazioni e realtà nazionali.
Togliatti quale Ministro di Grazia e Giustizia con grande lungimiranza politica ha la sensibilità di capire che bisogna creare uno stato nuovo e democratico basato sul consenso e non sul dominio dei più forti. C'è insomma la necessità di affermare che la guerra è veramente finita e che il compito primario è di creare concordia fra tutti i cittadin i.
Il governo prepara così un'amnistia per tutti i fascisti, esclusi quelli implicati in fatti criminosi.
In questa maniera, che sia discutibile o meno la scelta toglia t tiana, la riassunzione nel l'apparato statale dei fascisti avviene sulla base di regole certe e non di una discrezionalità affidata agli amministratori.
Con questo atto, cercando di superare i vecchi risentimenti, si faceva ancora un ulteriore passo in avanti per consolidare la nostra democrazia, e creare un vero stato di diritto.
Capitolo XII
I BIMBI AL NORD
Ancora una volta siamo andati troppo avanti nella narrazione dei fatti; me ne scuso e faccio un passo indietro per esaminare i tratti essenziali di una vicenda di grande umanità.
Durante i lavori del quinto Congresso Nazionale del PCI, tenutosi a Roma dal 26 dicembre 1945 al 6 gennaio 1946, Raul Silvestri, delegato della federazione di Frosinone, pone al l'attenzione di tutti i congressisti, nel suo intervento del 31 dicembre, la triste condizione dell'infanzia nel Cassinate. Illustra la drammatica situazione in cui versa il territorio più distrutto d'Italia, descrivendo la mancanza delle più elementari condizioni di vita.
Lo stesso giorno, nel corso del dibattito congressuale la federazione di Pavia, a parziale risoluzione del problema si impegna a ospitare duecento bambini; i delegati di Imperia ne invitano quindici, quelli di Parma trecento, Mantova trecentocinquanta, Cervia cent o. In una sola giornat a, quindi, si manifesta la volontà d' ospitarne novecentosessantacinque. Le disponibilità proseguono anche nei giorni successive fino a raggiungere la cifra di tremilacinquecento 'unità. Il 6 gennaio una delegazione del congresso porta soccorsi con un' autocolonna organizzata dalla RAI ai cittadini di Cassino ed. esamina sul posto quali sono gli interventi migliori da fare nel campo dell'assistenz a.
Di ritorno da Cassino, Teresa Noce, moglie di Luigi Longo, che avev a fatto parte della delegazione, dalla tribuna del Congresso descrive il tragico scenario fatto di rovine di ogni genere, di miseria e di disperazione. Termina l'intervento con un'affermazione che testimonia il dolore rassegnato delle madri costrette a staccarsi dai loro figli.
«Bisogn a vederle ringraziarci con le lacrime agli occhi per l' offerta di condurre i loro bambini fuori dall'inferno in cui vivono!
Bisogna vedere i volti emaciati dalla malaria che ha colpito tutt i». Nelle conclusion i, fra le altre cose, Togliatti prende al volo l'occasione per creare una concreta solidarietà fra nord e sud, che smuova le coscienz e, che costituisca una lezione di fraterna solidariet à. Le buone intenzioni vengono accompagnate dai fat ti.
I delegati frusinati ritornano dal Congress o consapevol i di avere alle spalle l'appoggio di tutto il partit o; con tranquillità possono mettersi al lavoro per mandare trem ilacinquecento bambini in altrettante famigli e, per un tempo minimo di 4 mesi.
Precisiamo che la «zona del cassinat e» va considerata in maniera più estesa della relati va area geografica, intendendo insomma tutta la provincia di Frosinone.
Qui si costituisce un Comitato formato dalla Federazione del PCI, dal Prefetto, dalla Deputazione Provincial e. L'azione di questo Comitato operativamente poggerà sull'intraprendenza e sulle capacità organizzativ e di Tullio Pietrobono. Non va dimenticato, inoltre, che a titolo personal e, fa parte del Comitato un sacerdote, don Luigi Minott i, che opererà attivamente per tutta la durata della campagna, nonostante il dichiarato disimpegno delle gerarchie ecclesiastich e. Per tutto il mese di gennaio e l'inizio del mese di f e bbraio, questo è il tema dominante su cui si opera nel basso Lazio. È attorno a questa generosa iniziativa che si dispiegano le energie miglior i. Anche a Ceccano si lavora in questa direzione, infatti si prendono contatti con le famiglie, si selezionano le richieste, si spiega il significato delle iniziativ e. La sezione comunista è in pieno fervore; assidua e giornaliera è l'opera del segretario Peppino Masi, di Lorenzino Angelini e di Umberto Loffred i. Alla fine di gennai o, nel momento più alto dell'iniziativ a, Tullio Pietrobono tiene una conversazione nella rubrica radiofonica «Radio Rom a» sul tema «I comunisti ed i bambini poveri» dalla quale è utile stralciare e riportare alcuni brani: « i Comuni della Ciociaria, una volta produttivi sono oggi pure e semplici espressioni geografiche su cui è rimasto qualche rudere, qualche ciuffo di erbe selvatiche. Le campagne sono ancora in gran parte minate. I contadini costretti a vivere nelle capanne e nelle caverne. I fruttet i, gli oliveti sono ridotti a troncon i, a pochi rami bruciat i. Un'infernale pioggia di bombe, durata ben 8 mes i, scavand o migliaia di buche ha scatenato un esercito implacabile di zanzare .... Non sempr e, però, si ha la mem o ria di chi è costretto a vivere ancora in questa bolgia, dove la gente abita nelle baracche che non riparano dall'umido e dal freddo, le scuole sono deserte perché i bambini sono malati e nudi; la stazione antimalarica non funziona perché manca di medicinali e del personale, a sua volta ammalato. Fra tanta rovina, un grido è stato lanciato: «Salviamo l ' infanzia», questa inestimabile ricchezza deve essere salvata ad ogni costo! Il partito comunista, il partito del popolo, consapevole della sua funzione nazional e, in un magnifico slancio d i solidarietà ha fatto affluire nei giorni del Congresso nazionale aiuti di ogni genere, ma l'atto che assume il più alto valore di umana solidariet à, che segna la profondità di affetti che lega tutto il popolo italiano è rappresentato dalla richiesta che è stata avanzata da molte federazioni del nord di ospitare tremilacinquecento bambini che potranno soggiornare lassù per un periodo minimo di 4 mesi». Pietro bono conclude la conversazione
con una considerazione: «mentre non solo un centesimo di chi ha creato la tragedia di Cassino co n tribuisce al l' opera di redenzione, è ancora il popolo che con la sua forza rinasce materialmente e moralmente e s'impegna a salvare il più prezioso patrimonio di vita umana».
Finalmente arriva il giorno della partenza, il tanto atteso momento. È il 1 6 febbraio. A Ceccano c'è grande eccitazione anche perché è un sabato pieno di sole che arriva dopo tante noiose giornate di pioggia. In piazza 25 Luglio si sono riuniti i bambini che si apprestano a partire per il nord. A quelli di Ceccano se ne sono aggiunti alcuni provenienti da Patric a. Sono tutti vestiti a nuovo con abiti e scarpe offerte dal Comitato. Ci sono anche altri bambini, ragazzi, parenti, amici che guardano con una punta d'invidia. Nelle madri però c'è trepidazione poiché, per loro, rimangono sempre dubbi la destinazione e il futuro dei loro figli. Nelle vicinanze del Monumento ai Cadut i, i genitori danno i loro ultimi consigli ai figli, così come fanno anche alcune suore di carit à.
C'è l'incontro di tutti con il sindaco Bovieri e del suo vice Mario Tiberia; poi don Peppino De Santis impartisce la benedizione. Nel frattempo il fotografo Angelo Bucciarell i si sta prodigando ad immortalare tutte le fasi ed i momenti più significativ i della partenza.
Infine, Lorenzino Angelini, ad un'ora prestabilita, invita tutti ad avviarsi verso la stazione ferroviaria.
Si forma così un vero e proprio corteo che attra versa Ceccano, ricevendo applausi calorosi; esso è aperto da scritte di plauso e ringraziamento per le famiglie del nord. A mezzogiorno arriva il treno proveniente da Cassino formato da due locomotive, undici . vagoni, un vagone ospedal e, un vagone coma ndo e un bagagliai o.
Su ciascun vagone vigilano due sorelle della Croce Rossa con due militi dello stesso corpo. Alla code del treno hanno preso già posto i bambini del cassi nate. Al centro, con quelli di Cepran o, prendono posto quelli di Ceccano, mentre alla testa, di lì a poco, si accomoderanno quelli di Frosinone. Il treno ovunque si fermerà:a Colleferro, Roma, Civitave cchia, Pisa, Prato, Firenze e Bologna verrà accolto con grandi manifes tazioni popolari di solidari età e di gioi a. Ai bambini verranno offerti latt e, bisco tti, frutta, pane, marmellata ed altri generi di conforto. A Pavia, cosa inverosimile, per ore ed ore diecim ila persone, sotto una pioggia scrosciant e, aspetteranno l'arrivo del treno. Il numero complessivo di bamb i ni previsto per il primo viaggio doveva essere di mille unità. In verità furono ottocentocinquanta. In quelle settimane infatt i, fu forte in particolare nel Cassinate, la campagna terroristica tendente ad incutere timore e a spaventare le famigli e, dicendo che i bambini sarebbero stati portati in Russi a.
Nei viaggi successiv i che furono in tutto cinque, ed uno in media ogni venti giorni, invece, si verificò il fenomeno inverso: i familiari che cercavano con ogni mezzo di aggregare al gruppo dei partenti bambini che non erano in nota. La verità, infatti, si imponeva più forte della menzogn a, poiché i bambini del primo viaggio immediatamente Capitolo XIII
SI RITORNA A VOTARE
Le elezioni comunali, come abbiamo già scritto, vengono rinviate al l'autunno; si va a votare invece il 2 giugno per l'elezione del l' Assemblea Costituente e per sceglier e, attraverso il referendum istituzionale fra la repubblica e la monarchia.
La fase successiv a al passaggio della guerra è stata la rigogli osa stagione della costituzione dei partit i. Eventi non silenziosi e nemmeno riservati.
Le scelte che di volta in volta i cittadini assumono vengono vissute alla luce del sole, con coralità.
Le sezioni di partito, punto di riferimento e di discussione su grandi e piccole questioni sono quotidianamente apert e, l ì si raccolgono gli iscritti e si preparano manifesti.
I comizi vengono ascoltati da molti cittadin i. La politica è una vera e propria passione che coinvolge tutt i. La pia zza acquista una centralità eccezionale; è il punto di incontro e di scontro di tutte le parti in causa.
Con le indizioni delle elezioni ora si va ad una verifica fra paese reale e paese legal e. Si deve appurar e, infat ti, quanto pesino veramente le forze che hanno guidato la Resistenza e quanto in vece quelle che sono rimaste alla finestra a guardar e.
Più in generale, inoltre, bisogna risolvere lo spinoso problema istituzionale; si dovrà decidere, infatt i, se eliminare una monarchia centenaria e radicata nella cultura storica italiana, ma responsabile del l'avvento del fascismo e del disastro nazionale o aprire una stagione politica completamente nuova con tutte le incognite che questa può presentar e.
Religione e politi ca
Altre grandi questioni vengono poste all' at tenz ione dei cit tadini in quella prim avera del 1946. Ancora oggi si discute molto sul difficile rapporto fra religio ne e politica e sull'autonomia polit ica dei cattolic i. Questioni ancora oggi controverse e che durante la guerra di liberaz ione non erano venute alla luce in maniera pales e. Merita di essere riportata, pertanto, una parte molto significativa di un articolo apparso sul numero tredici del settimanale «Il Popolano».
«A Ceccano vi è un convento di frati. Da quando è iniziato il periodo elettorale, i reverendi padri diser tano giornalmente il chiostro per battere la campagna e l'abitato lanciando le solite calunnie contro i comunisti " senza Dio" , facendo pressione d' ordine spirituale per convogliare i voti degli elettori verso il partito democristian o.
Si chiamano Padri Passionisti, ma la loro passione non è quella evangelic a, ma una interessata, astiosa passione di parte. Ce li ricordiamo questi stessi Passionisti della politica quando nel 1920 negavano nel confessionale l'assoluzione ai nostri contadini che avevano diviso i prodotti delle proprie fatiche come stabiliva la legge e non come pretendevano i padroni.
In occasione del recente Sabato Santo, il passionista della politica Padre Antonio si è rifiutato di benedire la casa del comp a gno Loffredi Umbert o, perché comunist a.
Entrato nella sartoria del compagno Carlini Sergio, gli ha da prima impartito la benedizione, ma appreso poi che si trattava di un comunista, rivoltato il manico del l'aspersorio e pronunciati non sappiamo quali scongiuri, ha ritirato la sua benedizione, dimenticando però di restituire l'obolo donatogli dal nostro compagno per la prima opera zione. Chiestogli spiegazioni, il padre Antonio ha affermato che ordini superiori gli vietavano di benedire le case dei comunisti. Il fatto riportato è vero, posso confermarlo direttamente anche perché riguarda la mia famiglia: avvenne nel Sabato Santo del 1946. A Ceccano, e forse anche in Italia, questa era la prima man ifestazione di intolleranza che antici pava di tre anni il provvedime nt o del Santo Uffizio , attraverso il quale comunisti e socialisti venivano scomunicati.
Tutti possono immaginare l'eco che rapidamente l'episodio suscita ed il chiacchiereccio che solleva in tutto i l paese ove la cultura religiosa è ben radicata.
Questo accade nel primo pomeriggio ma, a sera, poco prima di andare a dormire, inaspettatam ente a casa mia vediamo arrivare l'abate di S. Nicol a, Don Ottav io Sindici ed il suo sacrestano Alessandrino. In un clima di gelo, dopo aver proferito qualche orazione benedice la nostra casa e velo cemente tira via. Ricordo molto bene, il sollievo di mia madre seriam ente legata alle tradizioni religiose.
Cosa era successo? Perché quel colpo di scena imprevisto? Lo capimmo dopo qualche minuto, con l'arrivo di mia nonna. Ci raccontò in modo molto sintetico che dopo aver saputo della mancata benedizione era andata diretta mente dal l'aba te, per ricordargli che fuori dalla chiesa, semmai ci dovevano essere case non bene dette, quelle sarebbero state le abita zioni di alcune adultere e non dei comunisti, facendo riferimento a fatti che erano ben noti all'Abat e.
Mia nonna, certamente senza volerlo, estr emi zzando uno spirito di intolleranza, vedeva così affermata la sua «giustizia».
Ma a pensarci bene fu questo il morivo che convinse Don Ottavio a benedire casa mia? o ce ne fu qualche altro? E bene mettere nel conto anche un' altra ipotesi.
Don Ottavio, parroco di S. Nicola dal 1919 al 1976, era l' ottavo dei figli di Alessandro Sindici, un garibaldino anticlericale, che aveva fatto parlare molto di sè e delle sue idee. Per i suoi trascorsi politici Alessandro aveva ricevuto dal regno Sabaudo anche una piccola pensione.
Subito dopo la fine dello Stato Pontificio, divenne assessore al Comune di Ceccano ed è durante il periodo in cui egli è amministratore che per sua volontà alcune strade fanno riferimento a personaggi o a episodi del Risorgimento: via Magenta, via Solferino, borgo S. Martino, borgo Garibaldi, piazza Vittorio Emanuele, via Cavour. Gli stessi nomi scelti per i figli hanno un certo richiamo laico; come Clotilde, Belgioiosa, Leonida, Ginevra. Quello di Ottavio, era un secondo nome, il primo era Tit o. Gli ultimi anni,' per motivi non conosciuti, per Alessandro furono tristi ed amari; dopo essere stato sconfitto ad una elezione comunale i vincitori per ridicolizzare il suo isolamento chiamarono il vicolo ove egli abitava «Vicolo del merl o».
Secondo la leggenda cittadina si dice che il figli o, Don Ottovio, sia stato avviato al sacerdozio dal parentato come riparazione alle idee del padre. Don Ottavio era uno dei pochi, quindi, a conoscere direttamente cosa fosse l'anticlericalism o, in quale forma si manifestasse ed era in grado perciò di professare una religiosi tà pratica e tollerante.
Non ho mai saputo che fine abbia fatto quel Don Antonio, che aveva rifiutato di benedire la mia cas a, vorrei però riportare un episodio che giudico molto significativo, capitatomi tanti anni dopo.
Invitato al pranzo che i Passionisti offrono per la festa di S. Paolo della Croce, in qualità di Sindaco, nel 1983, Andrea del Brocco mi fece conoscere un Passionista con il quale era in molta confidenza, che veniva dal Brasile e che era sta to fino a 20 anni prima nel Convento di Ceccano.
Dopo i convenevoli iniziali, io non partecipai più alla discussione ma preferii lasciare che i due continuassero la loro profonda e interessante conversazione, ritenendo opportuno e piacevole rimanere a sentir e. Il Passionista parlò del ruolo che il suo ordine aveva in Brasil e, ma mi stupirono ancora di più le parole che usava, come «sfruttament o» «classe dominant e», «rapina capitalistica», «sottosalario»,«sottosvilup po». Nominava categorie e concetti politici a me molto familiari. Temeva, inoltr e, che l'assassinio dell'Arcivescov o Romero, avvenuto qualche anno prima nel Salvador ad opera degli squadroni della morte, potesse essere esportato anche in Brasile. Era una conversazione sempre più interessante ed impegnativ a. Ad un certo punto mi aspettavo che Andrea del Brocco lo interrompesse e meravigliato gli dicesse «ma sei passato per caso al nemico? ». Questo invece non avvenne; il buon Andrea seguiva attentamente, interveniva garbatament e, annuiva dandogli ragione e rafforzando i suoi argoment i.
lo qualche anno più tardi capii di aver assistito alla esposizione di contenuti che sono ora alla base di quella che viene chiama ta la Teoria della Liberazione, molto diffusa fra i cattolici del terzo mondo.
Come cambiano le posizioni! Chi avrebbe mai potuto immaginare che i frati passionisti andassero ad occupare un ruolo in Brasile in difesa degli sfruttati, che mettessero a rischio la loro vita e che venissero chiamati «comunist i». Proprio quei Passionisti che in Italia tanti anni prima erano stati contro coloro dai quali ora prendevano modelli di analisi della società, raggiungendo spesso con essi un approdo comune.
Le elezioni del due giugno
Ma ritorniamo alla campagna elet toral e.
Avevamo già anticipato che il dopo liberaz ione a Ceccano e in tutto il resto d'Italia era stato vissuto come un bagno collett ivo di politic a, perché poche erano le persone che ne erano restate fuori o che non avevano partecipato alle grandi discussioni.
Nasce anche un' organizzazione che vede questo ritorno alla democrazia c?n molto scetticism o, poiché proclama di essere contro i partiti. E il movimento dell'«Uomo Qualunque» che pur affermando di contrastare le logiche dei partit i, si muove ed opera come tutti gli altri. Raccogli e, ma solo in pane, i nostalgici del vecchio regim e.
Durante il mese di maggio Vit torio Emanuele III che già dal la Liberazione di Roma aveva delegato le sue funzioni al figli o, abdica in favore del l'erede Umberto. L'ex re , non va dimen ticat o, era stato il protagonista della vergognosa fuga di Pescara, in seguito alla quale aveva lasciato, dopo l'armist izio dell'8 settembre, l'esercito allo sbando ed in balia delle rappresaglie tedesche e l'Italia senza guida. Con l'abdi cazione a favore di Umberto, la dinastia sabauda cerca di darsi una nuova immagine e di togliersi di dosso tutte le prece denti responsabilità; in tal modo crede di ridurre gli argomenti dei sostenitori della scelta repubblican a.
A favore della Repubblica si schierano i partiti della sinistra e, almeno ufficialmente, la DC. A Ceccano il clero è però schierato dalla parte della monarchia. Negli ultimi giorni della campagna elettorale, merita di essere ricordato, appare un manifesto monarchico che furbescamente cerca di toccare le corde più profonde del sentimento familiare e patriottico: riporta una delle fotografie della famiglia di Umberto di Savoia, dall'aspetto sereno e rassicurante sotto la quale fa bella mostra di sé la scritta: «povera famiglia senza una patri a».
Nel momento in cui vanno a votare i cittadini hanno a disposizione due sched e: una per la scelta istituzionale, I'altra per ele g gere i membri dell' Assemblea Costituente, la camera cioè che dovrà preparare la Costituzione.
Con le elezioni del due giugno a Ceccano per la prima volta sono iscritte alle liste elettorali anche le donne. In altre realtà italiane le donne avevano già votato per la prima volta in occasione delle elezioni amministrative di marzo. I seggi elettorali sono tutti disposti nel centro del paes e, quindi si può immaginare il fermento e la concitazione di quei momenti. La partecipazione dei ceccanesi al voto è massiccia. Sin dalle prime luci del l'alba essi si sistemano ordinatamente davanti ai seggi elettorali, orgoglios i di esprimere la propria scelt a. Alla fine risulteranno aver votato 7.904 cittadini pari all'89,6%; tutto avviene con ordine, non ci sono incidenti, segno questo che esistono già consapevolezza di scelta e coscienza politic a.
Per quanto riguarda il Referendum istituzionale i ceccanes i assegnarono 5.390 voti alla repubblica e 1595 alla monarchi a.
Sui risultati di questa consultazio ne vale la pena fare qualche considerazione: con il 73,2% di percentuale Ceccano con Anagni risulterà essere la cittadina più favorevole in Provincia alla scelta repubblican a. La realtà ceccanese è però in netto contrasto con l' andamento elettorale del centro-
Un discorso a pane, ugualmente merita il risultato per l' elezione dell' Assemblea Costituente. Il Partito socialista risulta essere la prima forza politica con 2706 voti, seguito dalla DC con 2087, quindi dal PRI con 1016 voti. L'«Uomo Qualunque» ne ottiene 176. Il PCI perviene ad un risultato deludente: 527 voti, il che è lontano da ogni più scettica previsione.
Il fatto più sconcert ante è che i Comunisti pur essendo stati gli animatori della campagna elettor ale, prendono meno voti del numero dei propri tesserat i.
Anche questo è un dato anomalo, perché i risultati del PCI a Ceccano sono al di sotto di ogni media. In Italia, infatti, il PCI ottiene il 18 % dei voti, a Ceccano invece poco più del 7 %. C'è ancora di più: il risultato del PCI ottenuto con le libere elezioni del 2 giugno impallid isce rispetto a quello delle ele zioni del 1924, quando con i fascisti davanti e dentro i seggi e con un pesante cl i ma di prevaricazion i, i comunis ti presero 132 voti' pari al 7,2%. Per chi conosce bene questo partito, ce n'è abbastanza per discutere nella sezione comunist a, sulle cause che hanno portato ad un risultato così catastrof ico. Per anni ed anni ed ancora oggi i comunisti viventi, continuano a giustif icare lo scars o consenso otte nuto con la sottovalutazione del voto comunista per la Costi tuent e, poiché l'impegno fondamentale era rivolto a sostenere la scelta re-
A tanti anni di distan za è più diffici le anali zzare quali siano state le cause di un voto così deludent e, pur tutt avia mi permet to di mette re fra queste anche le vicende accadute a Ceccano nel mese di febbrai o. L'arresto dei partig iani, la violenta discussione dei comunisti con l'avv. Ambrosi per la formazione del la lista da presentare per l'elezioni Comunali, I'arrivo del Commissario Prefettiz io per moti vi di ordine pubbli co, e più in generale il fatto che ancora tante armi stessero in circolazione, non avevano permesso ai comunisti di presen tarsi agli eletto ri come forza di governo. A due anni dal passaggio della guerra i cittadini avevano bisogno di sicurezza e certamen te mal sopportavano colpi di pistola o raffiche di mitr a, espressione di anarchia e di precarietà e non del la volontà di costruzio ne di un nuovo ordine.
Ma a parte le vicende locali c'è da dire che la democraz ia fa un altro passo in avanti. E risolta con dodici milioni di voti la questione istit uzionale con la scelta repubblicana. Pur sconfitto, attor no all'istituto monarchico si erano raggruppate tutte le forze che temevano uno sviluppo della democrazia; il re, insomma, con gli oltre dieci milioni di voti ottenuti riusciva ancora a garantire vecchi interessi e ad essere in sé per sé un elemento di freno alle richieste che venivano dall ‘Italia uscita dalla Resistenz a.
Il 13 giugno Umberto di Savoia, il re di maggio, lasciava l'Italia per ritirarsi a Cascais, in Portogallo. L'Assemblea Costituente eletta a suffragio universale, prima di scrivere la nuova Costituzione elegge a capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. Si dovrà preparare una Costituzione non concessa da un sovrano illuminato, ma strappata da grandi masse che si sono battute nel corso di una lunga battaglia antifascista, mettendo a repentaglio la propria libertà e rischiando la propria vita per la creazione di un nuovo ordine democratico. La Costituzione non può essere e' non sarà un atto preparato a tavolino da luminari della scienza giuridica e del diritto, sarà invece il portato di una grande lotta di popolo che ha visto protagonisti uomini e donne, fedi ed ideologie diverse. Proprio perché nasce dal corso della storia, ha avuto ed ha una validità che si è protratta nel tempo.
incominciarono a scrivere a casa descrivendo la favorevole situazione trovata ed alleg ando a riprova anche fotografie.
Vale la pena ricordare al cuni episodi certamente marginali ma significativi, che aiutano a comprendere il clima politico esistente ed al cuni orientamenti dell' epoca. Ad accompagnare i bambini per tutto il viaggio, il Comitato di Ceccano designò due signori ne: Maria Di Bernardis e Supplizia Speranzini, Tale scelta scontentò fortemente una signora, la quale aveva fatto del tutto per essere designata accompagnatric e: una certa Filomena meglio conosciuta come la «Cavasass i». Coste i, dotata di un carattere collerico, alla notizia della sua esclusione si lasciò andare a rimostranze durissim e. Per quello che ella ritenne un affronto lasciò il PCI.
La mattina in cui il correo passa gioioso sotto la sua casa fa sventolare per protesta un drappo bianco. Per i tempi che corrono il gesto avrebbe potuto essere considerato provocatori o, ma la cosa desta fra tutti i cittadini, fortunatament e, ilarit à.
Non cambia partito, invec e, Mattia Staccon e, dotato di ben al tra tempr a, più volte ammonito, fermat o, arrestato durante il fascism o. Matti a, la mattina della partenza, non arriva in tempo per prendere uno dei dieci brac ciali rossi, inviati dalla federazione e messi a disposizione degli uomini del servizio d'ordine. Lo angusti a di non avere, in una giornata come quella, il segno di riconosciment o. Per lui, comunista da sempr e, poteva apparire quasi quasi una declassificazion e.
E contrariato da tutto ciò, ma non si arrende: ritorna nella sua bottega di sarto per farsi un bracciale tan to grande da coprire per intero tutto il braccio.
Fa in tempo ad unirsi; all'altezza della Villa Comunal e, accorciando con passi rapidi pur essendo claudicante, e con la folta chioma scompigliata dal vento per via S. Sebastia no, con tutti gli altri, per non essere escluso in questa importan te giornat a.
Complessivamente i bambini ceccanes i ospiti delle famiglie del nord furono centocinquant a. Essi furono accolti da famig lie operaie e bracciantil i. Abitarono in case calde dove si mangiava regolarmente e dove furono al centro dell' atte nzione ricevendo affetto ed amore. Tutti poterono andare a scuola senza subire interruzi o ne. Quelle famiglie che una certa propaganda aveva definito «diavoli» furono tanto rispettose dei sentimen ti cristiani dei bambi ni, da favorire, in certi casi, anche l'ac costamento alla prima comunione.
Quel li che ritornarono lo fecero con rimpiant o. Alcuni rim a sero ancora per anni. Tutti comunque ancora oggi conservano rapporti fraterni con le famiglie che li hanno amorevolmente accolti in quei difficili giorni.
Capitolo XIII
SI RITORNA A VOTARE
Le elezioni comunali, come abbiamo già scritto, vengono rinviate al l'autunno; si va a votare invece il 2 giugno per l'elezione del l' Assemblea Costituente e per sceglier e, attraverso il referendum istituzionale fra la repubblica e la monarchia.
La fase successiv a al passaggio della guerra è stata la rigogli osa stagione della costituzione dei partit i. Eventi non silenziosi e nemmeno riservati.
Le scelte che di volta in volta i cittadini assumono vengono vissute alla luce del sole, con coralità.
Le sezioni di partito, punto di riferimento e di discussione su grandi e piccole questioni sono quotidianamente apert e, l ì si raccolgono gli iscritti e si preparano manifesti.
I comizi vengono ascoltati da molti cittadin i. La politica è una vera e propria passione che coinvolge tutt i. La pia zza acquista una centralità eccezionale; è il punto di incontro e di scontro di tutte le parti in causa.
Con le indizioni delle elezioni ora si va ad una verifica fra paese reale e paese legal e. Si deve appurar e, infat ti, quanto pesino veramente le forze che hanno guidato la Resistenza e quanto in vece quelle che sono rimaste alla finestra a guardar e.
Più in generale, inoltre, bisogna risolvere lo spinoso problema istituzionale; si dovrà decidere, infatt i, se eliminare una monarchia centenaria e radicata nella cultura storica italiana, ma responsabile del l'avvento del fascismo e del disastro nazionale o aprire una stagione politica completamente nuova con tutte le incognite che questa può presentar e.
Religione e politi ca
Altre grandi questioni vengono poste all' at tenz ione dei cit tadini in quella prim avera del 1946. Ancora oggi si discute molto sul difficile rapporto fra religio ne e politica e sull'autonomia polit ica dei cattolic i. Questioni ancora oggi controverse e che durante la guerra di liberaz ione non erano venute alla luce in maniera pales e. Merita di essere riportata, pertanto, una parte molto significativa di un articolo apparso sul numero tredici del settimanale «Il Popolano».
«A Ceccano vi è un convento di frati. Da quando è iniziato il periodo elettorale, i reverendi padri diser tano giornalmente il chiostro per battere la campagna e l'abitato lanciando le solite calunnie contro i comunisti " senza Dio" , facendo pressione d' ordine spirituale per convogliare i voti degli elettori verso il partito democristian o.
Si chiamano Padri Passionisti, ma la loro passione non è quella evangelic a, ma una interessata, astiosa passione di parte. Ce li ricordiamo questi stessi Passionisti della politica quando nel 1920 negavano nel confessionale l'assoluzione ai nostri contadini che avevano diviso i prodotti delle proprie fatiche come stabiliva la legge e non come pretendevano i padroni.
In occasione del recente Sabato Santo, il passionista della politica Padre Antonio si è rifiutato di benedire la casa del comp a gno Loffredi Umbert o, perché comunist a.
Entrato nella sartoria del compagno Carlini Sergio, gli ha da prima impartito la benedizione, ma appreso poi che si trattava di un comunista, rivoltato il manico del l'aspersorio e pronunciati non sappiamo quali scongiuri, ha ritirato la sua benedizione, dimenticando però di restituire l'obolo donatogli dal nostro compagno per la prima opera zione. Chiestogli spiegazioni, il padre Antonio ha affermato che ordini superiori gli vietavano di benedire le case dei comunisti. Il fatto riportato è vero, posso confermarlo direttamente anche perché riguarda la mia famiglia: avvenne nel Sabato Santo del 1946. A Ceccano, e forse anche in Italia, questa era la prima man ifestazione di intolleranza che antici pava di tre anni il provvedime nt o del Santo Uffizio , attraverso il quale comunisti e socialisti venivano scomunicati.
Tutti possono immaginare l'eco che rapidamente l'episodio suscita ed il chiacchiereccio che solleva in tutto i l paese ove la cultura religiosa è ben radicata.
Questo accade nel primo pomeriggio ma, a sera, poco prima di andare a dormire, inaspettatam ente a casa mia vediamo arrivare l'abate di S. Nicol a, Don Ottav io Sindici ed il suo sacrestano Alessandrino. In un clima di gelo, dopo aver proferito qualche orazione benedice la nostra casa e velo cemente tira via. Ricordo molto bene, il sollievo di mia madre seriam ente legata alle tradizioni religiose.
Cosa era successo? Perché quel colpo di scena imprevisto? Lo capimmo dopo qualche minuto, con l'arrivo di mia nonna. Ci raccontò in modo molto sintetico che dopo aver saputo della mancata benedizione era andata diretta mente dal l'aba te, per ricordargli che fuori dalla chiesa, semmai ci dovevano essere case non bene dette, quelle sarebbero state le abita zioni di alcune adultere e non dei comunisti, facendo riferimento a fatti che erano ben noti all'Abat e.
Mia nonna, certamente senza volerlo, estr emi zzando uno spirito di intolleranza, vedeva così affermata la sua «giustizia».
Ma a pensarci bene fu questo il morivo che convinse Don Ottavio a benedire casa mia? o ce ne fu qualche altro? E bene mettere nel conto anche un' altra ipotesi.
Don Ottavio, parroco di S. Nicola dal 1919 al 1976, era l' ottavo dei figli di Alessandro Sindici, un garibaldino anticlericale, che aveva fatto parlare molto di sè e delle sue idee. Per i suoi trascorsi politici Alessandro aveva ricevuto dal regno Sabaudo anche una piccola pensione.
Subito dopo la fine dello Stato Pontificio, divenne assessore al Comune di Ceccano ed è durante il periodo in cui egli è amministratore che per sua volontà alcune strade fanno riferimento a personaggi o a episodi del Risorgimento: via Magenta, via Solferino, borgo S. Martino, borgo Garibaldi, piazza Vittorio Emanuele, via Cavour. Gli stessi nomi scelti per i figli hanno un certo richiamo laico; come Clotilde, Belgioiosa, Leonida, Ginevra. Quello di Ottavio, era un secondo nome, il primo era Tit o. Gli ultimi anni,' per motivi non conosciuti, per Alessandro furono tristi ed amari; dopo essere stato sconfitto ad una elezione comunale i vincitori per ridicolizzare il suo isolamento chiamarono il vicolo ove egli abitava «Vicolo del merl o».
Secondo la leggenda cittadina si dice che il figli o, Don Ottovio, sia stato avviato al sacerdozio dal parentato come riparazione alle idee del padre. Don Ottavio era uno dei pochi, quindi, a conoscere direttamente cosa fosse l'anticlericalism o, in quale forma si manifestasse ed era in grado perciò di professare una religiosi tà pratica e tollerante.
Non ho mai saputo che fine abbia fatto quel Don Antonio, che aveva rifiutato di benedire la mia cas a, vorrei però riportare un episodio che giudico molto significativo, capitatomi tanti anni dopo.
Invitato al pranzo che i Passionisti offrono per la festa di S. Paolo della Croce, in qualità di Sindaco, nel 1983, Andrea del Brocco mi fece conoscere un Passionista con il quale era in molta confidenza, che veniva dal Brasile e che era sta to fino a 20 anni prima nel Convento di Ceccano.
Dopo i convenevoli iniziali, io non partecipai più alla discussione ma preferii lasciare che i due continuassero la loro profonda e interessante conversazione, ritenendo opportuno e piacevole rimanere a sentir e. Il Passionista parlò del ruolo che il suo ordine aveva in Brasil e, ma mi stupirono ancora di più le parole che usava, come «sfruttament o» «classe dominant e», «rapina capitalistica», «sottosalario»,«sottosvilup po». Nominava categorie e concetti politici a me molto familiari. Temeva, inoltr e, che l'assassinio dell'Arcivescov o Romero, avvenuto qualche anno prima nel Salvador ad opera degli squadroni della morte, potesse essere esportato anche in Brasile. Era una conversazione sempre più interessante ed impegnativ a. Ad un certo punto mi aspettavo che Andrea del Brocco lo interrompesse e meravigliato gli dicesse «ma sei passato per caso al nemico? ». Questo invece non avvenne; il buon Andrea seguiva attentamente, interveniva garbatament e, annuiva dandogli ragione e rafforzando i suoi argoment i.
lo qualche anno più tardi capii di aver assistito alla esposizione di contenuti che sono ora alla base di quella che viene chiama ta la Teoria della Liberazione, molto diffusa fra i cattolici del terzo mondo.
Come cambiano le posizioni! Chi avrebbe mai potuto immaginare che i frati passionisti andassero ad occupare un ruolo in Brasile in difesa degli sfruttati, che mettessero a rischio la loro vita e che venissero chiamati «comunist i». Proprio quei Passionisti che in Italia tanti anni prima erano stati contro coloro dai quali ora prendevano modelli di analisi della società, raggiungendo spesso con essi un approdo comune.
Le elezioni del due giugno
Ma ritorniamo alla campagna elet toral e.
Avevamo già anticipato che il dopo liberaz ione a Ceccano e in tutto il resto d'Italia era stato vissuto come un bagno collett ivo di politic a, perché poche erano le persone che ne erano restate fuori o che non avevano partecipato alle grandi discussioni.
Nasce anche un' organizzazione che vede questo ritorno alla democrazia c?n molto scetticism o, poiché proclama di essere contro i partiti. E il movimento dell'«Uomo Qualunque» che pur affermando di contrastare le logiche dei partit i, si muove ed opera come tutti gli altri. Raccogli e, ma solo in pane, i nostalgici del vecchio regim e.
Durante il mese di maggio Vit torio Emanuele III che già dal la Liberazione di Roma aveva delegato le sue funzioni al figli o, abdica in favore del l'erede Umberto. L'ex re , non va dimen ticat o, era stato il protagonista della vergognosa fuga di Pescara, in seguito alla quale aveva lasciato, dopo l'armist izio dell'8 settembre, l'esercito allo sbando ed in balia delle rappresaglie tedesche e l'Italia senza guida. Con l'abdi cazione a favore di Umberto, la dinastia sabauda cerca di darsi una nuova immagine e di togliersi di dosso tutte le prece denti responsabilità; in tal modo crede di ridurre gli argomenti dei sostenitori della scelta repubblican a.
A favore della Repubblica si schierano i partiti della sinistra e, almeno ufficialmente, la DC. A Ceccano il clero è però schierato dalla parte della monarchia. Negli ultimi giorni della campagna elettorale, merita di essere ricordato, appare un manifesto monarchico che furbescamente cerca di toccare le corde più profonde del sentimento familiare e patriottico: riporta una delle fotografie della famiglia di Umberto di Savoia, dall'aspetto sereno e rassicurante sotto la quale fa bella mostra di sé la scritta: «povera famiglia senza una patri a».
Nel momento in cui vanno a votare i cittadini hanno a disposizione due sched e: una per la scelta istituzionale, I'altra per ele g gere i membri dell' Assemblea Costituente, la camera cioè che dovrà preparare la Costituzione.
Con le elezioni del due giugno a Ceccano per la prima volta sono iscritte alle liste elettorali anche le donne. In altre realtà italiane le donne avevano già votato per la prima volta in occasione delle elezioni amministrative di marzo. I seggi elettorali sono tutti disposti nel centro del paes e, quindi si può immaginare il fermento e la concitazione di quei momenti. La partecipazione dei ceccanesi al voto è massiccia. Sin dalle prime luci del l'alba essi si sistemano ordinatamente davanti ai seggi elettorali, orgoglios i di esprimere la propria scelt a. Alla fine risulteranno aver votato 7.904 cittadini pari all'89,6%; tutto avviene con ordine, non ci sono incidenti, segno questo che esistono già consapevolezza di scelta e coscienza politic a.
Per quanto riguarda il Referendum istituzionale i ceccanes i assegnarono 5.390 voti alla repubblica e 1595 alla monarchi a.
Sui risultati di questa consultazio ne vale la pena fare qualche considerazione: con il 73,2% di percentuale Ceccano con Anagni risulterà essere la cittadina più favorevole in Provincia alla scelta repubblican a. La realtà ceccanese è però in netto contrasto con l' andamento elettorale del centro-
Un discorso a pane, ugualmente merita il risultato per l' elezione dell' Assemblea Costituente. Il Partito socialista risulta essere la prima forza politica con 2706 voti, seguito dalla DC con 2087, quindi dal PRI con 1016 voti. L'«Uomo Qualunque» ne ottiene 176. Il PCI perviene ad un risultato deludente: 527 voti, il che è lontano da ogni più scettica previsione.
Il fatto più sconcert ante è che i Comunisti pur essendo stati gli animatori della campagna elettor ale, prendono meno voti del numero dei propri tesserat i.
Anche questo è un dato anomalo, perché i risultati del PCI a Ceccano sono al di sotto di ogni media. In Italia, infatti, il PCI ottiene il 18 % dei voti, a Ceccano invece poco più del 7 %. C'è ancora di più: il risultato del PCI ottenuto con le libere elezioni del 2 giugno impallid isce rispetto a quello delle ele zioni del 1924, quando con i fascisti davanti e dentro i seggi e con un pesante cl i ma di prevaricazion i, i comunis ti presero 132 voti' pari al 7,2%. Per chi conosce bene questo partito, ce n'è abbastanza per discutere nella sezione comunist a, sulle cause che hanno portato ad un risultato così catastrof ico. Per anni ed anni ed ancora oggi i comunisti viventi, continuano a giustif icare lo scars o consenso otte nuto con la sottovalutazione del voto comunista per la Costi tuent e, poiché l'impegno fondamentale era rivolto a sostenere la scelta re-
A tanti anni di distan za è più diffici le anali zzare quali siano state le cause di un voto così deludent e, pur tutt avia mi permet to di mette re fra queste anche le vicende accadute a Ceccano nel mese di febbrai o. L'arresto dei partig iani, la violenta discussione dei comunisti con l'avv. Ambrosi per la formazione del la lista da presentare per l'elezioni Comunali, I'arrivo del Commissario Prefettiz io per moti vi di ordine pubbli co, e più in generale il fatto che ancora tante armi stessero in circolazione, non avevano permesso ai comunisti di presen tarsi agli eletto ri come forza di governo. A due anni dal passaggio della guerra i cittadini avevano bisogno di sicurezza e certamen te mal sopportavano colpi di pistola o raffiche di mitr a, espressione di anarchia e di precarietà e non del la volontà di costruzio ne di un nuovo ordine.
Ma a parte le vicende locali c'è da dire che la democraz ia fa un altro passo in avanti. E risolta con dodici milioni di voti la questione istit uzionale con la scelta repubblicana. Pur sconfitto, attor no all'istituto monarchico si erano raggruppate tutte le forze che temevano uno sviluppo della democrazia; il re, insomma, con gli oltre dieci milioni di voti ottenuti riusciva ancora a garantire vecchi interessi e ad essere in sé per sé un elemento di freno alle richieste che venivano dall ‘Italia uscita dalla Resistenz a.
Il 13 giugno Umberto di Savoia, il re di maggio, lasciava l'Italia per ritirarsi a Cascais, in Portogallo. L'Assemblea Costituente eletta a suffragio universale, prima di scrivere la nuova Costituzione elegge a capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola. Si dovrà preparare una Costituzione non concessa da un sovrano illuminato, ma strappata da grandi masse che si sono battute nel corso di una lunga battaglia antifascista, mettendo a repentaglio la propria libertà e rischiando la propria vita per la creazione di un nuovo ordine democratico. La Costituzione non può essere e' non sarà un atto preparato a tavolino da luminari della scienza giuridica e del diritto, sarà invece il portato di una grande lotta di popolo che ha visto protagonisti uomini e donne, fedi ed ideologie diverse. Proprio perché nasce dal corso della storia, ha avuto ed ha una validità che si è protratta nel tempo.
Capitolo XIV
LE VIE DI COMUNICAZIONE
Lo scalo ferroviario era stato fatto saltare dai tedeschi in ritirata qualche giorno prima dell'arrivo degli alleati.
Dopo l'esplosione delle mine collocate dai guastatori tedeschi, . la stazione si presenta agli occhi dei cittadini come un cumulo di rovine, con rotaie distrutte, divelte, attorcigliate. .
Alloro arrivo gli americani immediatamente provvedono a ripristinare la linea attraverso il Genio ferrovieri. I tempi di attuazione dei lavori sono relativamente rapidi, ma c'è da specificare che viene messo in funzione un solo binario, anziché due, per fa-
La linea ferroviaria serviva per trasportare mezzi e truppe verso nord ove la guerra era ancora in corso, pertanto, fino all'estate nel 1945 i civili non avevano a disposizione questo mezzo di trasporto, che oltre tutto non poteva fermarsi a Ceccano.
Le locomotive non erano di fabbricazione italiana perché venivano dagli Stati Uniti. Esse, passando, lanciavano un suono prolungato uguale a quello che sentiamo ogni volta che vediamo i films western.
Visto che c'era un solo binario gli americani usavano uno strano modo per le comunicazioni riguardanti il diritto di precedenza: il macchinista prendeva al volo presso la stazione ferroviaria il foglio, posto su un mezzo sopraelevato, con l'ordine di servizio.
Nel biglietto le indicazioni erano molto precise, ed evidenziavano le stazioni ove fermarsi per dare la precedenza di marcia al . treno che veniva dalla parte inversa.
Un discorso a parte va fatto sulla «centrale operativa». L'edificio della stazione raso completamente al suolo dai tedeschi, fu sostituito immediatamente da un vagone ferroviario e successivamente da una baracca in legno.
Questa, un paio di anni più tardi andrà distrutta per un incendio causato dal petrolio ivi custodito in bidoni per essere utilizzato sia per la segnaletica che per l'illuminazione.
Il capostazione di allora in servizio, Alessandro Apruzzese, con un atto veramente esemplare riuscì a salvare dall'incendio l'incasso della biglietteria consegnandolo poi all'autorità ferroviaria.
Durante il passaggio degli alleati venne costruita da loro una strada che si snodava lungo le pendici della montagna. Partiva da Castro dei Volsci, e dopo aver attraversato il territorio di Ceccano proseguiva in territorio di Giuliano di Roma, in prossimità della Palombara. Gli americani la fecero in pochi giorni ed attraverso la stessa evitavano di passare nel centro di Ceccano. Tale strada non è stata più utilizzata dalla 'fine del conflitto, pertanto è stata invasa dalla boscaglia. Ogni tanto si parla di qualche progetto redatto dalla Comunità Montana per risistemarla, ma penso che sia un bene che rimanga sepolta, altrimenti c'è il rischio che il suo ripristino incentivi un'attività edificatoria nell' unico posto del nostro territorio rimasto incontaminato.
Come già scritto, anche il ponte sul fiume Sacco era stato minato e fatto saltare in aria dai tedeschi in ritirata, per ostacolare il passaggio delle truppe alleate.
Era stato progettato dall'architetto Palazzi e costruito nel 1859, in coincidenza con la realizzazione della ferrovia Roma-
Il primo provvedimento che venne preso riguardò l'installazione di una zattera che da terra veniva trainata a mano trasversalmente al corso del fiume, per mezzo di funi.
Costituì un provvedimento momentaneo, sperimentato per qualche settimana, infatti, dalla zattera si passò ad una rudimentale «passerella» poggiata su barche. Questo mezzo di passaggio era senz'altro migliore del precedente, ma non permetteva il transito dei veicoli, anche perché esso non era stabilmente fissato. Questo accorgimento venne utilizzato per tutto il periodo autunnale e per l'inverno.
A questo provvisorio transito sulle barche è legato un tragico episodio che commosse profondamente tutti i cittadini ceccanesi. Il giorno 8 dicembre del '44, in occasione della festa dell'Immacolata Concezione una donna di Vallecorsa, Salutina Antonetti, madre di quattro figli morì annegata.
Quel giorno ella viene a vendere il pregiatissimo olio del suo paese a Ceccano. Dopo aver venduto non si sa bene quante bottiglie di olio ad alcuni suoi clienti abitanti presso la Borgata, passato da poco mezzogiorno, si immette sulla passerella per attraversare il fiume. La poveretta si avvii a percorrerla con la canestra sulla testa; il passo è spedito, quasi sicuro, forse anche lieto per il ricavato ottenuto dalla merce venduta. Ella non tiene nel dovuto conto che il fiume è in piena e che l'acqua fluttua minacciosa ai fianchi delle barche, facendo ondeggiare la passerella. E durante questi brevissimi momenti che la donna, nella vana ricerca di mantenere la canestra sulla testa, alza tutte e due le braccia; è questione di un attimo: un leggero movimento basta per farle perdere l' equilibrio, cadere in quelle acque minacciose e torbide da cui viene tra volta inesorabilmente.
Il corpo verrà ritrovato qualche giorno più tardi, dopo logoranti ricerche, proprio dove le acque del fosso Rovagno si uniscono a quelle del fiume.
Dopo qualche giorno, arriva una piena ancora più possente e tale da distruggere le barche e la passerella. È una vera maledizione perché ancora una volta le comunicazioni fra le due pani del territorio di Ceccano rimangono interrotte per alcuni giorni, rendendo così molto difficile il rifornimento della farina e degli altri generi alimentari, che si prelevano quotidianamente dal magazzino del Consorzio Agrario di Frosinone.
Si pensa allora di costruire qualcosa che abbia maggiore efficacia: viene approntata una passerella costituita di traverse ferroviarie tenute insieme ai fianchi da un pezzo di rotaia, e poggiante, proprio a metà del fiume su quella superficie di pietra, che ancor oggi visibilmente emerge dall'acqua, ultimo residuo del vecchio ponte di legno di un secolo prima. I lavori furono diretti da Nino di Pofi che tornato, in quegli anni, dagli Stati Uniti, per l'esperienza acquisita nel campo della viabilità, si riteneva potesse garantire rapidità nei lavori. Il passaggio realizzato, indubbiamente era migliore e più funzionale dei precedenti anche perché permetteva il transito degli automezzi leggeri, ma era pur sempre precario e insicuro.
Era più che mai necessaria la costruzione di un'opera definitiva, del ponte in muratura. Insistente allora sarà l'iniziativa del Sindaco e dei partiti nel prodigarsi a chiedere l'avvio dei lavori per la realizzazione di questo ponte che non solo avrebbe garantito il collegamento fra le due parti di Ceccano, ma ancor più avrebbe assicurato un benefico effetto sull'occupazione operaia, ancora asfittica e ridotta.
Durante la seconda parte del 1945 i lavori del ponte vennero assegnati dal Ministero dei Lavori Pubblici alla ditta Gubitosi e Nardone; impresa che ancora oggi opera nel napoletano, mentre la direzione dei lavori fu affidata alla sorveglianza della Commissione alleata. L'attività lavorativa dà una boccata di ossigeno all'economia ceccanese, perché
Attorno ai lavori del ponte merita di essere ricordato un episodio interessante. Nella primavera del 46, quando già tutte le vecchie arcate sono sistemate, rafforzate, collegate ed i lavori sono quasi completati, arrivano a Ceccano il Ministro dei Lavori Pubblici, Romira, ed un generale americano del Genio. Di fronte ad una folta platea che incuriosita si raduna per partecipare compiaciuta alla verifica dei lavori, il generale mostra immediatamente e senza mezzi termini la propria insoddisfazion e. Non accetta, infatti, che la larghezza rimanga la stessa del ponte precedente. Indubbiament e, il General e proveniente da un paese più avanzato intuisce che quella larghezza non sarebbe stata sufficiente, ed i fatti oggi gli danno ragione, a sostenere la futura viabilità.
Purtroppo per come sono stati impostati i lavori, cosa di cui egli si lamenta vivamente, il generale riuscirà a fare allargare la strada, così come noi ancora oggi la vediamo, di soli due metri.
Un po’ più lungimirante fu il progettista del ponte così detto dei «Francesi» , quello posto sulla ferrovia per intenderei, poiché, riuscendo a prevedere l'elettrificazione della strada ferrata trenta anni prima della sua realizzazione, progettò l'arcata del ponte più alta della precedente.
I lavori dei due ponti terminarono con grande soddisfazione di tutti i cittadini solo dopo il 1947. Fino al termine dei lavori del «Ponte dei Francesi» i cittadini passavano lungo una stradina che costeggia ancora oggi la proprietà Annunziata e dopo aver at traversato la ferrovia si inerpicavano su una ripida salitella, vera croce per i carrettieri, per immettersi sul viale che conduce alla stazione ferroviaria.
Capitolo XV
LE ELEZIONI DEL CONSIGLIO COMUNALE
Il risultato ottenuto nelle elezioni politiche del 2 giugno galvanizza i socialisti che acquistano fiducia. Esso rappresenta, inoltre, una grande soddisfazione, in particolar modo, se si tiene conto della sconfitta dei comunist i. La questione non risolta e ampia mente discussa durante i mesi di gennaio e febbraio, circa i modi con cui formare la lista unitaria di sinistra, resta aperta ma ora con un aspetto più chiaro e molto netto: i socialisti hanno alle spalle un elettorato di 2.700 voti, mentre i comunisti ne hanno uno di 527, un rapporto quindi di 5 a 1. In questo periodo nell'interno della sezione socialista viene alla luce con maggiore nettezza e si afferma una componente che negli anni successiv i verrà chiamata «autonomista», perché alla ricerca di un ruolo diverso rispetto a quello comunista.
In questa situazione si riapre la trattativa per la formazione della lista unitaria.
Antonio Micheli che successivamente sarà Vice Sindaco sia nel 1952 che nel 1962, è il portavoce socialista che detta le condizioni per la lista unitaria: potrebbero esserci solo tre comunisti, ma non debbono essere uomini troppo caratterizzanti. Tradotto in termini reali, come già sappiamo, vuol dire non candidare Vincenzo Bovieri, personalità ormai affermata e membro del Comitato Federale del PCI. La sua presenza nella lista infatti avrebbe significato la sua naturale candidatura a sindaco.
La trattativa questa volta non si trascina molto per le lunghe, anche perché i socialisti sono molto determinati e precisi nelle loro condizioni, in quanto si sentono sicuri di essere gli interpreti della volontà popolare. Alla fine di agosto è ormai chiaro per tutti che non esistono le condizioni per un accordo, e si va così alle elezioni con due liste di sinistra. Nella formazione della lista i socialisti, convinti sempre più di ottenere un successo, non candidano l' avv. Ambrosi e accompagnano questa decisione con un errore madornale: trascurano, infatti, che il voto socialista di giugno viene da un elettorato di campagna. La lista che i socialisti preparano non tiene sufficientemente conto di questo; essa è composta da un numero di candidati del centro urbano prevalente rispetto a quello dei candidati che vivono nelle campagne. In effetti la vecchia tradizione legata alle lotte contadine che aveva portato ad avere sindaci come Giovanni Funari, Pasquale Carlin i, Filippo Colapietro, si era confermata viva e vitale identificandosi a giugno con il voto socialista. C'è dunque il malcontento di, qualche persona che diventerà sempre più diffuso e più esteso. E a questo punto che dai comunisti viene fuori quello che i fatti hanno dimostrato essere una grande intuizione politica: farsi promotori di una lista di contadini che oltre a raccogliere le vecchie tradizioni di lott a, sappia rispondere anche alloro malcontento. Viene così preparata e presentata la lista della Lega dei contadini, integrata da alcuni iscritti del PCI. Fra gli accordi si conviene che futuro sindaco dovrà essere Pietro Colapietro, dirigente contadino sin dal 1912, fondatore dell'Università Popolare nel 1914, persona molto saggia e stimata, fratello di quel Filippo che era stato sindaco dal 1920 al 1923, eletto nella lista socialista. Bovieri non viene presentat o, con l'intesa che immediatamente dopo l'elezione degli organi avrebbe dovuto essere assunto come impiegato del comun e, per poter consigliare ed indiri zzare i futuri amministratori.
Le el ezioni si tengono il 13 ottobre. Le liste in competizione sono cinqu e, tutte composte da ventiquattro candidati: la Lega dei' contadini con il simbolo di falce, martello e vanga; il PRI 'con il simbolo dell'eder a, il Partito Socialista con il simbolo della falce, martello e libro; una lista di indipendenti di centro con il simbolo del grappolo di uva, infine la DC con lo scudo crociato.
I voti ottenuti dalle singole liste sono i seguent i: gli indipe n denti 140, il PRI 513, la DC 1.103, i socialisti e i comunisti prendono complessivamen te 3.580 voti. Ai lettori chiedo scusa, ma i risultati delle due liste non sono stato in grado di ric avarli. La stessa Prefettur a, forse già impaurita del «pericolo rosso » li assomma insieme nei dati ufficial i. Comunque pur non disponendo dei risultati delle due singole liste, è accertato che la lista della Lega è quella che ottiene il maggior numero dei voti mentre quella socialista si piazza al secondo posto. Sulla base della legge elet torale allora vi gente entrano in Consiglio Comunale tutti e ventiquattro i candidati della Lega e sei della lista socialist a, sulla base delle preferenze espresse. (1)
Come dato statistico oltre che politico va riportare che i sei consiglieri socialisti sono tutti abitanti del centro urbano.
Il risultato elettorale, secondo il costu me dell'epoca, viene festeggiato dalla Lega con un lungo corteo e grande presenza di popolo. Il futuro sindaco, Colapietro, al termi ne della manifestazione, parlando presso le Borgata, anticipa che l'attività della Giunta che si va a costituire dovrà essere come una casa di vetro; affermando così il valore universale della trasparenza amminist rati va.
Il Consiglio Comunale si tiene il 27 ottobre. E presieduto dal Commissario Prefettizio Francesc o Flores, il quale in modo preciso e particolareggiato presenta il rendicon to dei sei mesi della sua attivi tà. C'è un principio molto valido che afferma e che è opportuno riportare per intero «Non il potenz iam ento dei sussidi in denaro o in natura che abituano all'umi lian te e continua richiesta di aiuto, ma il potenziamento dell'affer maz ione del lavoro che liberi dal bisogno, dovranno essere in futuro la forza che solleva il popolo di Ceccano dall'attuale sofferen za».
La Lega ha vinto, ma i socialisti non sono affatto rassegnati, perché intendono rigorosamente contrastar e sin dal primo momento ogni atto dei vincitori. Già al primo punto dell' ordine del giorno, quello riguardante l'eleggibilità dei consig lieri comunal i, essi fanno delle opposizioni.
Per la Lega vengono eletti: Anelli Filippo, Canestrelli Felice, Cola Pietro, Gizzi Pietro, Catozi Giovanni, Olmetti Michel e, Pandolfi Alfredo; Di Vico Giuseppe, Compagnoni Angelo di Pietrontonio, Compagnoni Angelo di Antonio, Spagnoli Vincenzo, Cervoni Arcangelo, D'Annibale Salva tore, Mingarelli Giovanni, Spinelli Lorenzo, De Brocco Alessandro, Spinelli Angelo, Liburdi Agostino, Nicolia Francesco, D'Amico Orlando, Liburdi Pietro, Lucchetti Pasquale e Anelli Nino.Mentre i Consiglieri Social isti sono: Apruzzese Alessandro, Angeletti Domenic o, Micheli Antonio, Rispoli Giuseppe, Di Stefano Michelangelo, Cerroni Domenico.
Il socialista Domenico Angeletti chiede con sott ili argoment a zioni la decadenza di Liburdi Pietro e di Pandolfi Pietro poiché affini, in quanto suocero e genero. Can estrell i, a nome della maggioranz a, compie un tentativo di mediazione per evitare uno scontro frontale e saggiamente propone di non esamin are il ricorso, ma di inoltrarlo alla Giunta Provinciale Amministrativa, (un organo della Prefettura che fino alla nascita della Region e, ha controlla to l'attività dei Comuni), lasciando quindi alla stessa ogni decisione in mer ito.
La proposta non viene accolta, anzi a quel punto Antonio Michel i, consig liere socialist a, si alza per chiede re l'ineleggibilità di Can estrelli e di Spagnoli, anch'egli eletto fra le liste della Lega, poiché essendo dipendenti della Romana Elettricità, ente erogatore l'energia elettrica al Comun e, secondo lui non possono tut e lare il Comune stesso.
In verità si tratta di argomenti molto pretestuosi, corrispondenti solo ad uno stato d'animo tipico di tutti coloro che escono sconfitti dalle elezio ni.
Le due proposte socialiste vengono messe ai voti e come si può immaginare vengono respinte dalla maggio ranza. A quel punto, però, le questioni non sembrano chiudersi, anzi improvvisamente c'è un colpo di coda veramente imprev edibile.
Canestrel li si alza e chiede la ineleggi bili tà di Michelangelo Di Stefan o, consigliere socialista, in quanto figlio del capo guardia. Anche questo è un pretesto, non ha insomma nessuna base giuridica, è senz'altro una ritorsione ai fatti precedentemente sollev a ti; Solo che Canestrel li ha alle spalle la forza dei numeri ed il voto dei consiglieri comunal i. Di Stefano così viene privato del seggio conquistato con le elezioni ed è costretto ad uscire dal l'aul a.
I ventotto consiglieri comunali presenti in aula, assente Liburdi della maggioranza, passano così alla elezione del Sindaco ed anche in questa occasione non mancano le sorprese: Colapietro, meglio conosciuto come «Zi Pitrucc i», verrà eletto al l'unanimità con ventotto voti, socialisti compres i.
I consiglieri socialisti, infatt i, sin dal primo momento cercano con incitamenti e lusinghe varie di scardinare l'unità dei consigli eri della Leg a, non perdendo occasione per minarne la compattezza.
Le votazi oni successive per l'elezione degli asses sori effettivi e di quelli supplenti, mettono in evidenza che i 23 consiglieri della Lega non sono discipli nati in quanto ve ne sono alcuni che votano in libertà. Fra gli assessori effettivi vengono eletti Nino Anelli, Bicetto Canestrelli, Nino Catozi e Compagnoni Angelo ma costoro pur avendo a disposizione ventitre voti ne ottengono molto di meno. (2)
Fra color o che prendono voti non previst i,ma non vengono eletti c'è Di Vico che ne ottiene addirittura dodic i, il che vuol dire che oltre che dai cinque socialist i, ha ottenuto voti da sette consiglieri della maggioranz a.
Fra gli assessor i supplenti vengono el etti Olmetti e D'Annibal e, (3) ma anche in questa occasione mancano parecchi voti di consiglieri di maggioranz a.
Gli eventi sopra descritti mi auguro possano esser e ritenuti interessanti per la registrazione fattane, per aver tirato fuori una fotografi a ingiallit a e fors e dimenticata nel tempo. Ad alcuni più sensibil i, gli episodi meno edif icanti possono aver procurato fastid io e delusione se si tiene conto che essi avvengon o nel momento stess o in cui si raggiunge una tappa tanta affannosamente ricercat a, qual'é l'affermazione piena della democra zia.
Una democrazia conquistata oltre che con tanti sacrific i e privazioni anche con il sangue di 46.000 partigiani cadut i, 30.000 itali a ni caduti combattendo nei movimenti di liberazione in Grecia, Albani a, Jugoslavia, Francia, 33.000 militari morti nei lager tedeschi, 8.000 deportati politici uccisi dai nazisti nei campi di eliminazion e, 10.00 0 soldati italian i caduti combattendo a fianco degli alleat i. Un tributo, dunque, veramente alto.
(2) Vengono eleni assessor i effett ivi: Anelli Nino (20 voti), Cane suelli Bicene (19 voti),Catozi Nino (17 voti), Compagnoni Angelo (16 voti).Non vengono eleni ma prendono ugualmente voti: Di Vico Giuseppe (12 voti), Anelli Filippo (11 voti), Liburdi Agostino (9 voti), D'Annibale Felice (7 voti).
(3) Vengono eleni assessori supplenti: Dimeni Michel e(17 voti), D'Annibale Felice(16 voti). Non vengono eleni ma prendono voti: Di Vico Giuseppe (7 voti), Anelli Filippo (6 voti).
Mai nessun altro insediamento di Consigli o Comunal e, sia prima che dopo il fascismo , fu tanto tumultuoso e conflitt uale come quello del 1946.
Nello stesso te mpo merita di essere ricordato un fenomeno che caratterizza quel momento: le sofferenze e le privazioni della guerra erano state vissute da tutti ma ogni cittadino aveva risolto i propri problemi isolatamente, aguzzando il proprio ingegno e stimolando il proprio spirito di iniziativ a. Nel dopoguerra, invece, la formazione dei partiti ricompone tutte le frammentazioni della società ed i piccoli egoismi sulla base di programmi e di idee. I partiti sono in grado di assicurar e a tutti una speranza, un futuro e di ipotizzare perfino la costruzione di una società nuova.
I cittadini, pur se diversament e schierati , alimentano e sono compartecipi di questo «sentir e comune». Questo fecondo clima caratt e rizza la scena nazionale e quella cittadina; la solidarietà è un valore non solo proclamato a parole ma concretamente realizzato. Le vicende accadute dentro e fuori il Consiglio Comunale rappresentano un aspetto, forse marginale, dell'intera vicenda politica. I grandi interessi generali sono ancora prevalenti rispetto agli interessi personali o di gruppo.
Nell' epoca di cui stiamo scrivendo non esiste la degenerazione del sistema dei partiti come purtroppo avviene oggi.
Le vicende politiche anche nei momenti più alti della loro grandezza ed esemplarità purtroppo sono state accompagnate da piccinerie e zone d'ombra.
Non deve scandalizzare nessuno se è stato sempre così.
Pur in un clima di grande antagonismo fra forze politiche citt a dine, il quadro istituzionale ha compiuto un altro passo in avant i. L'Italia è già uno stato repubblicano e l'assemblea costituente sta già disegnando quella Costituzione che andrà in vigore dopo quattordici mesi. La democrazia si consolida, i partiti attraverso la propria attività la radicano fra i cittadini. Gli antagonism i, le polemiche, le rivalità fra gruppi cittadini continueranno a caratterizzare la nostra vit a. Il Consiglio Comunale dovrà portare avanti una eccezion a le mole di lavoro legato ai grandi temi della ricostruzione. Bovieri nella seduta consiliar e successiv a con 14 voti contrari e 13 favorevoli non verrà assunto come dipendente comunal e. È un fatto che vuol dire molte cos e e va interpretato in divers e maniere. E vero che non si onora un patto sottoscritto ma è anche espressione che la democrazia sprigiona nuove forze, nuove energie e se vogliamo anche nuove ambizioni personali. Si apre una fase in cui c'è la volontà ad affermarsi e a non accettare ipoteche personali e primogeniture. Siamo cioè di fronte all'altra faccia della politic a. Tutto questo non vuol dire sempre assicurare una stabilità alle istituzioni; il procedere, infatti, sarà alternato da antagonismi e realizzazioni, incertezze e val i di atti deliberativ i. Con questo incedere spesso incerto e nell'ultimo periodo senza una base di appoggio, la Giunta andrà avanti fino all'aprile del 1950, quando la maggioranza dei consiglieri si dimetterà facendo arrivare il Commissario Prefettizio. La Giunta diretta da Colapietro lavora per quasi quattro anni attraversati da grandi eventi quali la rottura del l'unità nazionale all'inizio del 1947 e dalle elezioni del 18 aprile del 1948: momenti senz'altro significativi e che meritano approfondimenti non precipitosi e che qualche altro, sollecitato da questa pubblicazione mi auguro, vorrà fare.
FONTI ORALI
Le seguenti persone attraverso i loro ricordi hanno permesso la realizzazione del libro:
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FONTI SCRITTE
Battaglia Garritano Breve storia della resistenza
Domenico Tortolano I cannoni di Cassino
Robert Katz Morte a Roma
AA.VV. Storia D’Italia
Gioacchino Giammaria Dati sulla resistenza in ciociaria
Arturo D’Innocenzo Ritratto di una Repubblica
AA. VV. Ceccano nel tempo
Michelangelo Sindici Ceccano l’antica Fabrateria
Carlo Cristofanilli La chiesa abaziale di San Nicola
Tommaso Bartoli Azione Cattolica
AA. VV. Quaderni di ricerca su Ceccano
AA. VV. Due secoli di gloria nella Badia di Ceccano
Serie "Il Popolano"
Registro deliberazioni comunali di Ceccano