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I BIMBI AL NORD
Concludendo i lavori del V Congresso del PCI, il 6 gennaio 1946, Togliatti fece propria l’idea di far ospitare da famiglie dell’Italia settentrionale gruppi di bambini della provincia di Prosinone che si trovassero in particolari condizioni di bisogno, assicurando altresì alla Federazione ciociara il sostegno di tutto il partito.
A Frosinone si costituisce, così, un comitato provinciale che viene composto da membri della Federazione del PCI, della Prefettura e dell’Amministrazione Provinciale. Ne fa parte, inoltre, ma a titolo personale, un sacerdote di Frosinone, don Luigi Minotti, che rimane molto attivo per tutto il periodo nonostante il dichiarato disimpegno delle gerarchie ecclesiastiche.
A Ceccano per tutto il mese di gennaio, si lavora alacremente per la suddetta iniziativa. Si prendono contatti con le famiglie bisognose, si selezionano le richieste, si spiega il significato dell’iniziativa ed, infine, si rassicurano gli incerti.
Durante queste settimane l’opera del Segretario della sezione, Peppino Masi, e di altri attivisti, quali Lorenzino Angelini ed Umberto Loffredi, è assidua e quotidiana.
Poi finalmente, arriva il tanto atteso momento: il giorno della partenza.
È il 16 febbraio. A Ceccano c’è gran festa ed un sole stupendo, dopo tante giornate di pioggia battente, illumina questo sabato ricco di speranze per una vita migliore.
Tra i presenti c’è tanta frenesia unita a tanta eccitazione e gioia. Ai bambini di Ceccano che sono in procinto di partire, fin dalle prime luci dell’alba se ne sono aggiunti altri sette che provengono da Patrica.
Tutti i partenti sono facilmente riconoscibili in quanto indossano abiti e scarpe nuove messi a disposizione dal Comitato. Sul volto di quelli che restano si scorge, invece, una certa invidia ed una certa tristezza che in molti viene acuita dal fatto d’indossare ancora vestiti militari o di essere a piedi nudi.
I genitori, nei pressi del monumento ai caduti, danno ai parenti gli ultimi affettuosi consigli; un gruppo di Suore di Carità fa altrettanto con un gruppo di giovinette. La cerimonia di commiato raggiunge il culmine con l’incontro con il Sindaco Bovieri e con il suo Vice Mario Tiberia.
Mentre Angelo Bucciarelli si da un gran da fare con la sua macchina fotografica per immortalare quei momenti, don Peppino De Santis impartisce la benedizione a tutti i presenti. Lorenzino, infine, non senza prima aver fatto predisporre bene in ordine striscioni e cartelli inneggianti alle famiglie del Nord, impartisce il segnale di partenza per la stazione ferroviaria.
Si forma così un vero e proprio corteo che, attraversando tutto Ceccano, riceve lungo tutto il percorso applausi clamorosi. Su questa storica mattina vale la pena soffermarsi ancora per riportare anche alcuni episodi, naturalmente marginali, ma idonei a far comprendere quale fosse il costume politico dell’epoca.
Ad accompagnare i bambini, per tutto il viaggio, il Comitato di Ceccano aveva designato due signorine: Maria De Bernardis e Supplizia Speranzini. Una scelta questa che scontentò fortemente una signora che aveva fatto del tutto per farsi assegnare a tale compito: una certa Filomena conosciuta con il nomignolo di «Cavasassi». Costei, dotata di un carattere particolarmente collerico, alla notizia della sua esclusione dall’incarico manifestò delle durissime rimostranze ed, inoltre, dimostrando di non essere quella buona comunista che diceva di essere, cambiò anche partito. Quella mattina, poi, mentre il corteo transitava sotto la sua abitazione in via della Madonna della Pace, da una finestra iniziò a far sventolare, per protesta, un gran lenzuolo bianco. Per i tempi che correvano quel gesto era una vera e propria provocazione che avrebbe potuto scatenare chissà quali reazioni, ma per fortuna destò soltanto molta ilarità.
Non cambiò partito, invece, Mattia Staccone, che, dotato di ben altra personalità si comportò in modo totalmente differente.
Mattia, più volte ammonito, fermato ed arrestato durante il fascismo, non arrivò in tempo la mattina della partenza a prendere uno dei dieci bracciali rossi che la Federazione del PCI aveva consegnato per gli uomini del servizio d’ordine.
Il non avere, in una giornata come quella, quel segno di riconoscimento lo angustiò enormemente. Per lui, già consigliere comunale nel 1920 comunista da sempre, essere senza bracciale rosso in quel momento sapeva di declassificazione. Era contrariato da tutto questo, ma non si arrese.
Fece così ritorno nella sua bottega di sarto in via S. Giovanni per farsi un bracciale, naturalmente rosso e grande quanto l’intero braccio.
Poi, accorciando per Via S. Sebastiano, riuscì ad unirsi, all’altezza della Villa comunale, con gli altri, per arrivare uniti alla stazione ferroviaria.
Qui, a mezzogiorno in punto, arriva il treno proveniente da Cassino.
Al centro degli undici vagoni prendono posto con quelli di Ceprano i Ceccanesi, mentre alla testa del treno si accoderanno più tardi i Frusinati.
Complessivamente i bambini ceccanesi ospiti delle famiglie del nord furono 150, ripartiti in 5 scaglioni, e furono tutti presi in consegna da operai e braccianti. Abitarono in case calde e potettero usufruire di un pasto regolare, sicuro e caldo, ma soprattutto ricevettero affetto ed amore. Tutti vennero messi in condizione di frequentare la scuola. Quelle famiglie che una certa propaganda clericale definiva «diavoli», furono tanto rispettose dei sentimenti cristiani dei ragazzi da favorirne, in alcuni casi, anche l’accostamento alla prima comunione.
Qualche ragazzo rimase in quelle località per anni, altri vi costituirono una famiglia; tutti, comunque, anche oggi a quarant’anni di distanza ricordano ancora con commozione e riconoscenza il tempo trascorso tra quella gente del Nord.
(da II Picchio, febbraio 1986)