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L’ECCIDIO DI COLLECARINO
Oggi rinnoviamo il ricordo e la necessaria riflessione su un tragico avvenimento accaduto ottanta anni fa. Lo facciamo con animo e trepidazione diversi dal passato poiché avvertiamo sempre più che venti di guerra ricominciano a soffiare minacciosamente in Europa e nel Mediterraneo.
Intendo incominciare questo intervento dal giorno 13 ottobre del 1943 quando l’Italia, o meglio quello che veniva chiamato il Regno del sud, perché esercitava la sua autorità solo in alcune regioni meridionali, dichiara guerra alla Germania affiancandosi cosi alle truppe alleate. Era un necessario tentativo per provare a riparare l’infausta alleanza nazifascista ed evitare ancor più dolorose ritorsioni da parte anglo-
Fu chiamata cobelligeranza. L’osservazione da fare riguarda il fatto che viene dichiarata guerra prima che sia in attività un esercito. Pur tuttavia, anche se lentamente e con la poca convinzione dei nostri alleati angloamericani, il nuovo esercito in poco tempo comincia a formarsi, ad ingrossarsi e trovare anche momenti di valore nei campi di battaglia. Il primo scontro al quale partecipò, in quel momento denominato Raggruppamento, fu la battaglia di Montelungo, proprio sul confine tra la Campania ed il Lazio. Era l’8 dicembre del 1943. In quella occasione, a causa della scarsa coordinazione degli americani e della mancanza di informazioni precise sull’effettiva consistenza delle difese naziste, oltre che di un’adeguata copertura dell’artiglieria americano, il nostro esercito pagò un prezzo altissimo: 32 morti, 40 feriti 12 dispersi. Potremmo definirlo un disastro ma furono gli stessi americani a riconoscere le loro gravi responsabilità. La battaglia comunque proseguì, venne migliorata la coordinazione e garantito l’appoggio dell’artiglieria americana pertanto alcuni giorni dopo, il 16 dicembre il Raggruppamento italiano, seppur con tante perdite, riuscì a conquistare Montelungo. Un successo apprezzato dagli alleati che espressero a tale riguardo positivi giudizi sul nostro comportamento.
Dal gennaio del 1944 5.000 soldati Italiani combattono sulla linea Gustav. Nel marzo del 1944 la formazione è notevolmente cresciuta ed è formata di 22 mila uomini. In tale periodo assume il nome di Corpo Italiano di Liberazione, composto da due Divisioni: la Limiti e la Nembo.
Della Nembo va ricordato che è composta da paracadutisti. Nell’interno della divisione nel marzo 1944 fu creato lo " Squadrone da ricognizione F" dalla lettera iniziale di Folgore.
E’ necessario precisare inoltre che nel mese di Aprile quello che è diventato il Regio Esercito non combatte più con la V Armata a guida americana ma confluisce, insieme ai Polacchi, nell’VIII Armata a direzione Brittannica.
Mi sembra opportuno esaminare anche quando accade in campo di combattimento fra l’esercito tedesco. Sinteticamente ricordo che durante i primi mesi del 1944 avvengono le tre battaglie di Cassino, su cui per motivi di tempo non mi dilungherò ma nello stesso tempo mi sembra necessario ricordare che nel corso della terza battaglia, avvenuta fra il 15 e 21 marzo, i tedeschi appartenenti alla 1° Divisione paracadutisti combatterono valorosamente casa per casa a ridosso della stazione ferroviaria di Cassino.
Il 22 marzo l’offensiva alleata fu fermata e il generale americano Marshall affermò "i ripetuti tentativi di conquistare la città fallirono di fronte all’accanita resistenza di unità tedesche di prim’ordine e precisamente la 1° Divisione paracadutisti"
L’11 maggio del 1944 inizia la quarta ed ultima battaglia di Cassino, il 12 le truppe francesi riescono ad aggirare il fronte sul Garigliano prima, per poi avanzare lungo la direttrice nord-
Lo scenario di guerra che merita di essere rappresentato riguarda il fatto che il Corpo francese, posizionato nella parte ovest del fronte è composto oltre che da soldati della Legione straniera, in gran parte da Marocchini, Algerini, Tunisini e di altre nazionalità. Costoro combattono ferocemente, vincono, avanzano, spostano sempre più a nord il fronte e nello stesso tempo stuprano e creano scene di tragica violenza. Nella parte est del fronte, quella in cui è impegnata l’VIII Armata e in questa gli Italiani, si combatte di meno e la ritirata tedesca è sempre composta ed ordinata.
Il 28 maggio le truppe della 4 Divisione marocchina di Montagna avanzano verso Carpineto, sono prossime ad entrare sulla strada Casilina e quindi a pochi chilometri da Roma. Questi militari costituiscono la punta più avanzata di tutto lo schieramento alleato.
Per completare la situazione di quanto avviene negli stessi giorni, più a sud, nelle vicinanze di Arpino, provo a fare un quadro:
Il 27 maggio 1944 nella località Ponte dell’olmo, nei pressi della strada Statale 82, fra Sora ed Isola del Liri, due tedeschi obbligano i coniugi La Posta a fornire loro prima un pasto abbondante e poi cercano di violentare le due giovani figlie. Di fronte alla reazione del padre Giuseppe La Posta, armato solo di una roncola, i tedeschi uccidono lui, la moglie Giulia Gemmiti e le figlie Elena di 18 anni e Maria Grazia di 16. Proprio nelle stesse ore, alle ore 21, il ricostruito esercito, quello denominato Corpo Italiano di Liberazione, libera San Biagio Saracinisco.
Il giorno 29, sempre gli stessi militari, liberano Villa Latina e Picinisco. Lo stesso giorno, mentre i soldati neozelandesi stanno entrando ad Atina, paracadutisti italiani liberano Arpino. Ad Arpino si fronteggiano i paracadutisti italiani della Folgore e paracadutisti tedeschi. Purtroppo non si conoscono i particolari dello scontro, si ipotizza solamente la morte di un soldato tedesco. Quello che finora si conosce è che i tedeschi arretrano. La città dunque è liberata, al loro arrivo i cittadini scendono in piazza, le campane suonano a festa, si respira aria di libertà. Nella frazione di Collecarino, purtroppo, i nazisti sono ancora presenti. Come dicevo sono paracadutisti ed appartengono alla 1° Divisione.
Costoro già il giorno prima avevano ucciso Ugo Rosati. Forse frustrati dal suono delle campane e dalla gioia della popolazione, sparano e falciano con raffiche di mitra chiunque si trovi a transitare lungo le strette stradine di Collecarino. E’ una carneficina, uno dopo l’altro cadono vittime di tanto furore altre dieci inermi persone: Menchella Mariangela, Giuseppe Pozzuoli, Dante Rea, Loreta Rea, Enrico Pantanella, Alfonso Mastroianni, Giacinto Quaglieri, Lino Iafrate e due sfollati di Villa Latina non identificati.
A uccidere sono gli stessi paracadutisti tedeschi che hanno combattuto valorosamente fra le rovine di Cassino durante la terza battaglia, ancora oggi celebrati ed omaggiati, anzi qualche anno fa a Cassino qualcuno provò ad innalzare un monumento in loro ricordo. Pochi però sapevano ed ancor oggi sanno che già in altre occasioni si erano fatti conoscere per le loro ruberie e per la durezza manifestata verso la popolazione civile. Per sottolineare la loro spietatezza va ricordato, inoltre, che costoro avevano già massacrato a Limmari di Pietransieri, in Abruzzo, il 21 novembre 1943, ben 112 persone, fra cui 31 bambini.
L’eccidio di Collecarino fu una svista, un’occasione unica, qualcosa di sfuggito alla linea di comando? No. Amiche ed amici c’è molto di più qui si ripropone un eccidio già sperimentato in altri luoghi: due a Vallerotonda, due a Vallemaio, e poi a Viticuso, S. Andrea del Garigliano, le diciassette fucilazioni fuori dal forte di Paliano, e quelli di Boville Ernica e Ripi. Queste non sono le uniche uccisioni perché esistono tante altre disseminate e disperse in altri comuni della provincia. C’è un filo nero che unisce tutte queste uccisioni: si tratta prevalentemente di contadini che hanno il torto di difendere il loro bestiame o i loro averi, quali generi alimentari,foraggio o attrezzi agricoli. Il noto ricercatore Tommaso Baris nella nostra provincia ne ipotizza 300.
Ci troviamo di fronte una realtà non conosciuta e da approfondire; una realtà completamente diversa rispetto al tanto mitizzato "buon tedesco", considerato altresì che si sono verificati, fortunatamente pochi, anche tentativi ed atti di violenza sessuale, sempre da parte nazista. Accanto a massacri e violenze di vario genere è necessario in una giornata come questa tener conto anche della vasta depredazione di impianti artigianali ed industriali, fra questi mi limito a ricordare quelli del polverificio di Fontana Liri, della fabbrica di munizioni di Ceccano, delle cartiere di Isola Liri". Nessuno ha mai contabilizzato quanta sia stata la ricchezza derubataci e portata in Germania o nel nord Italia
Ad analizzare bene ci accorgiamo che le uccisioni non rappresentavano un contrasto o una difesa ad attacchi partigiani ma avevano una funzione "preventiva". Concordo con quanto scrive sempre Tommaso Baris: "i nazisti colpivano e uccidevano per affermare un dominio sulle cose e sulle persone. L’uccisione rappresentava una ritorsione perché si sentivano isolati, non amati, privi di sostegno concreto da parte dei cittadini". Alcuni dati lo confermano:
"Ci sono 2.000 prigionieri alleati fuggiti dai campi di prigionia nei territori circostanti che vengono ospitati o aiutati a passare il fronte proprio dai contadini.
Su 6.960 cittadini preventivati per il lavoro obbligatorio, addetti a sostenere i tedeschi nella costruzione della linea Gustav o di altre opere difensive, solo 765 si rendono disponibili.
Ma ancora di più pesa quest’ultimo dato: su 8.000 giovani scritti alla leva, tra i nati nel 1923, nel 1924 e nei primi mesi del 1925, solo 400 aderiscono all’esercito della Repubblica Sociale Italiana e 100 alla Guardia Nazionale Repubblicana. Sono dati eloquenti, significativi, in grado di dimostrare che i cittadini anche se non prendevano le armi contri i tedeschi comunque vivevano per aspettare la fine della guerra e delle tante privazioni".
Purtroppo rispetto a questi feroci assassinii nella nostra popolazione è prevalso l’oblio, a volte il desiderio di dimenticare i dolori e le sofferenze. Pochissime sono le realtà comunali ove si trovano lapidi, monumenti, sacrari in loro ricordo. Come dunque non rendere merito, in occasioni come queste, alle persone ed alle istituzioni ed intendo fare riferimento al prof. Massimo Struffi ed al comune di Arpino che quaranta anni fa hanno rotto il muro di gomma del silenzio ed hanno eretto un monumento, opera del grande scultore Umberto Mastroianni.
E’ a costoro che in una giornata come questa ricordandoli doverosamente le vittime deve andare un riconoscimento non solo perché oggi possiamo ricordare ma anche perché possiamo avere l’opportunità di chiedere alto e forte che si rispetti l’articolo 11 della Costituzione, quello in cui si afferma che l’Italia ripudia la guerra e che la stessa venga fermata e pertanto vanno fermati i conflitti in Ucraina e in Palestina. Al più presto.
Angelino Loffredi
Arpino, 1 Giugno 2024, in occasione dell’80° dell’eccidio di Collecarino organizzato dal Comune di Arpino e Associazione Culturale Collecarino.