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SENZA GUINZAGLIO
Leggere un libro avente per oggetto tanti confronti su temi filosofici per quanto interessante non è mai semplice e nemmeno facile. Eppure il libro " Senza guinzaglio " scritto dalla dottoressa Maria Cristina Masi è comprensibile e nello stesso tempo essenziale. Da questo lavoro vengono fuori la familiarità e conoscenza dell’autrice con la filosofia e la capacità di saper cogliere i tratti fondamentali delle figure che di volta in volta appaiono sulla scena.
Come avviene molto spesso a chi si avventura a scrivere biografie anche la dottoressa Masi, così come riconosce, è rimasta "affascinata" dalla personalità e dal pensiero del professore Lucio Colletti. Ricostruendone la vita e il percorso intellettuale e politico ha esaltato aspetti che identificano il filosofo come una persona libera, autonoma e indipendente.
Mi sento di affermare che Maria Cristina Masi in questo libro dimostra di essere non solo una conoscitrice del dibattito filosofico, capace di mettere in evidenza, padroneggiandoli con competenza, ma si esprime in modo straordinario anche come giornalista e scrittrice.
La scelta del titolo " Senza guinzaglio" è un capolavoro di giornalismo perché attrae il potenziale lettore e lo incuriosisce evocando estesi spazi di libertà.
Personalmente non condivido le molteplici virtù del filosofo romano evidenziate nel libro come ad esempio quello di rimettersi in discussione e l’autocorrezione. Piuttosto ho visto nel Colletti un modo sbrigativo e superficiale di metabolizzare i motivi dei passaggi di campo politico e culturale, il repentino cambio di idee. Colgo anche un modo discutibile di giudicare gli altri. Lo stesso professor Pera, a veder bene viene ridimensionato, ridotto a una persona priva di carattere e di forza critica perché durante l’esperienza politica è in attesa di salire a nuove responsabilità, che Colletti edulcora con la formula " io non ho niente da chiedere al mio avvenire".
E’ probabile che dal 1967 l’autorevolezza del filosofo si sia affermata per essere stato sempre spalleggiato dalla cultura dominante capace di amplificare le capacità e il valore ogni qual volta potevano essere contrapposte alla politica culturale del PCI.
Non va dimenticato, inoltre, che Colletti è stato togliattiano e in polemica con lo stesso della Volpe, poi troskysteggiante, quindi nel 1968 movimentista, ancora e sempre in viaggio fu popperiano, riformistacraxiano, liberale, liberale deluso, infine leopardiano. Solo la lettura e le riflessioni sull’intellettuale di Recanati riescono a dargli serenità e conforto.
Tutti questi giri di valzer e le stesse differenti introduzioni a " Il Manifesto " del 1985 e del 1998 ne riconfermano la sua vocazione al nomadismo culturale e politico. Ma l’abilità di scrittrice della dottoressa Masi in queste e altre occasioni risiede proprio nella capacità di attutire l’impatto e rendendo tutte queste capovolte naturali, quasi ovvie.
Il lavoro della Masi ritengo essere ineccepibile. Colletti non poteva trovare una scrittice migliore, capace in ogni momento di far dimenticare o circoscrivere scelte indifendibili. Non so se l’autrice ritornerà sull’impegnativo tema ma se nel futuro dovesse farlo, mi permetto di sollecitarla a indagare e scavare in profondità negli archivi di " Rinascita", settimanale fondato da Togliatti. Su quelle pagine nel corso degli anni sessanta, si sviluppò un appassionato dibattito fra Galvano della Volpe e Luporini. Vi furono inoltre degli approfondimenti su Rousseu e Marx e sugli scritti giovanili di quest’ultimo, temi e argomenti, comunque, già presenti nel libro.
Inoltre la invito ad approfondire anche i risultati di un convegno promosso dall’assessore al comune di Roma, Gianni Borgna e da un numero monotematico di Micromega attorno appunto ai temi posti dalla Masi ed ai rapporti proprio fra Colletti e della Volpe. Il periodo di discussione e pubblicazione, pur se con qualche incertezza, potrebbe essere attorno al 2005.
Angelino Loffredi
2 Ottobre 2013