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Intervista di Giovanni Giuliani

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INTERVISTA RILASCIATA NELL’APRILE DEL 2018 A GIOVANNI GIULIANI REDATTORE DI TELEUNIVERSO



Una vita legata al Partito Comunista Italiano ma, allo stesso tempo, scevro da ogni dogma. Lui che si definisce un Italo-Comunista senza partito, lui che è convinto che la Rivoluzione non sia esportabile e che abbia bisogno di una base nazionale. Anche per questo Angelino Loffredi nella manifestazioni del Pci voleva che la bandiera rossa fosse sempre accompagnata da quella tricolore.


D: L'APPROCCIO  ALLA POLITICA
Angelino Loffredi, da Ceccano, è stato Consigliere Comunale di Ceccano dal 1970 al 1994,sindaco della sua città dal 1981 al 1985; è stato dirigente provinciale e regionale del Pci, consigliere provinciale per oltre un decennio. Lui che ha vissuto le lotte sindacali, i governi del primo centro-sinistra, lui che può raccontare la storia di questa Provincia:

R. "Il mio primo contatto con il partito risale al 1945, avevo quattro anni. Mio padre che era stato a Ceccano tra i fondatori del Pci, nel luglio del 1944, mi portò nella sezione del partito che allora si trovava nei locali dove ora c’è l’Ufficio anagrafe( nella parte alta di Ceccano). Quando entrai mio padre mi indicò un quadro e mi disse: "Quello e’ baffone..." riferendosi a Stalin. Mancavano i quadri di Gramsci e Togliatti ma c’erano quelli di Marx e Lenin.
Nel 1958 aderisco alla Federazione Giovanile Comunista ma l’iscrizione al partito  a vviene nel 1968 a rimorchio di tanti avvenimenti: dall’assassinio di Ernesto "Che"  Guevara,il successo del Pci alle elezioni, con la  presa di posizione del partito in relazione ai gravi fatti di Praga. (C'è il tentativo di dar vita ad un"socialismo dal  volto umano" da parte del segretario del partito Comunista cecoslovacco, Alexander Dubcek: inizia un periodo di democratizzazione della vita pratica fino alla repressione con l’invasione dei carri armati ed il ritorno alle direttive sovietiche).
Decido di non esser solo un simpatizzante ma di interessarmi attivamente. Nel dicembre del 1968 entro a far parte del direttivo della sezione cittadina e partecipo al Congresso Provinciale. Un anno prima avevo sentito Enrico Berlinguer".


D. BERLINGUER A FROSINONE

R. "Enrico Berlinguer non ricercava amicizie particolari, non organizzava cene o salotti fra compagni faceva una vita molto riservata. Io l'ho conosciuto, da simpatizzante comunista, nel febbraio del 1967 presso la Saletta del Cinema Nestor di  Frosinone: era segretario regionale e responsabile della politica estera della Partito. Venne a Frosinone per illustrare il suo viaggio in Cina e nel Vietnam. Andai con alcuni amici a sentirlo. Per me quell’incontro ha rappresento un momento di grande orientamento. Berlinguer, incalzato su Guevara, per la sua proposta di "creare uno, dieci, cento Vietnam" replicò ricordando con dati alla mano che la politica dell’esportazione della rivoluzione, dove era stata praticata si era rivelata tragica e fallimentare ( Malesia, Birmania, Filippine). Le rivoluzioni - disse a Frosinone Berlinguer - devono avere una base nazionale, le rivoluzioni non sono esportabili".
" Berlinguer è poi tornato in Ciociaria nel 1968 durante la campagna elettorale, nel 1969 ed il 1 Maggio 1972 quando era segretario generale del Partito: quel giorno a Frosinone ci fu una grande manifestazione. Ricordo – dice Loffredi-  che da Ceccano partirono quasi 150 macchine per andare incontro a Berlinguer che veniva da Latina. La manifestazione si tenne in piazza VI Dicembre nel capoluogo ciociaro, nei pressi del Comune. Una piazza pienissima. Probabilmente ci fu più gente  rispetto a quella che si registrò, sempre a Frosinone, per l’arrivo di Palmiro Togliatti nel 1963. Noi che venivamo da Ceccano parcheggiammo su Via Ciamarra, passammo a fianco ai Piloni, e quando il segretario della Federazione provinciale del  Partito,Ignazio Mazzoli, invito’ i presenti a fare spazio alla delegazione ceccanese (400 persone )i compagni si spostarono per farci sistemare proprio sotto il palco. C’era un grande senso dell’autodisciplina".

D. EUROCOMUNISMO? NO GRAZIE.. ITALO-COMUNISMO

R. "Spesso si attribuisce questo termine ad Enrico Berlinguer. Io mi guardo bene dall’usare il termine Eurocomunismo. E’improprio, non veritiero, inventato dai media. Io parlo di Italocomunismo. Ed ancora oggi mi identifico in un italocomunista senza partito. Se il termine comunismo non lo sosteniamo con il concetto nazionale si rischia di entrare in una vera e propria Babilonia  di esperienze, alcune esaltanti ma tante negative. Il termine nazionale serve a mettere in evidenza le grandi differenze che sono esistite in un mondo, quello Comunista, che non è mai stato tutto uguale. Non ritengo infatti rivoluzionarie le esperienze che dopo la guerra nascono in Ungheria o Cecoslovacchia ecc. ecc. perché sono a rimorchio dell’Armata Rossa".Possono essere riconosciute vere rivoluzioni nazionali quelle realizzate a Cuba, Iugoslavia, Vietnam, Cina e Unione Sovietica "

D. IL CORDOGLIO CIOCIARO PER LA MORTE DI BERLINGUER

R. "Enrico Berlinguer muore 11 giugno 1984  in ospedale a Padova. Quattro giorni prima aveva avuto un malore mentre parlava in un comizio per le Elezioni Europee, in piazza delle erbe.
 I funerali si tennero a Roma: "In quei giorni si respirava un' aria molto triste. A Roma ci furono eccezionali momenti organizzativi. Da Ceccano partirono due autobus per i funerali nella capitale dove parteciparono oltre un milione di persone. Io, all'epoca ero sindaco di Ceccano -  fui presente con il Gonfalone del Comune e con la Fascia tricolore. Sono stato a ridosso del carro funebre lungo tutto il percorso fino in piazza San Giovanni. Il giorno delle esequie avvertii che un mondo stava finendo.
 Da lì a pochi anni il partito cambiò completamente ma già con Berlinguer si era aperta una lotta "correntizia": nascevano e si andavano organizzando gruppi che si rifacevano a Giorgio Napolitano, a Armando Cossutta e Pietro Ingrao.
Con la morte di Berlinguer le differenze, fino a quel momento sintetizzate tra le varie anime del Pci, esplodono in modo lacerante e dirompente".

D. DAGLI ANDREOTTIANI AI SOCIALISTI

R. "La figura di Giulio Andreotti è legata a doppio filo alla Ciociaria. Io  personalmente non l'ho mai conosciuto: ho combattuto ad armi non pari con gli andreottiani.
Fra i democristiani la persona politica più capace, più valente in Ciociaria secondo me è stato Francesco Battista, già sindaco di Ceccano.  Lui non  è diventato deputato o senatore ma ha avuto un ruolo superiore a quelli dei parlamentari quando ad esempio è stato  presidente dell’Area industriale di Frosinone(l'odierna Asi). Lui è stato  quello che ha coordinato e determinato, anche nel modo sbagliato, lo sviluppo industriale del territorio, gestendo eccezionali disponibilità economiche, entrando in contatto con uomini legati alla urbanistica e all’edilizia. E' stato secondo me più forte di altri personaggi come Augusto Fanelli( presidente della Provincia e sottosegretario ai Trasporti) o Emanuele Lisi, parlamentare di Alatri. Francesco Battista è stato l’uomo forte  democristiano che noi abbiamo combattuto mettendolo spesso sulla difensiva".

D. I RAPPORTI TRA COMUNISTI E DEMOCRISTIANI

R. "I rapporti tra comunisti e democristiani erano all'insegna della lotta permanente per l'egemonia ( in termini positivi) nei confronti del popolo di Ceccano.Era una gara permanente a chi era più bravo rispetto all’altro. Era una positiva competizione  tra noi. Per questo dico che in Battista abbiamo trovato un avversario che sapeva il fatto suo, che non aveva bisogno di insultare ma era in grado di dire ciò che bisognava fare perché aveva grande conoscenza dell’apparato amministrativo pubblico e privato. Quando parlava sapeva di difendere e rappresentare determinati interessi, non si abbandonava a forme propagandistiche.
Parlare di Battista significa parlare dell’Andreottismo, perché lo ha interpretato in pieno: lui e' stato il fedele esecutore delle politiche andreottiane.
Ma ho avuto buoni rapporti anche con colui che fu Presidente dell’amministrazione provinciale: Antonio Ferraro. Anche lui aveva dietro un esperienza importante, quella di sindaco di Cassino. Lo fu dal 1967 per ben cinque volte. Fu soprannominato il Sindaco della Ricostruzione. Fu presidente della Provincia di Frosinone nel 1975 e poi nel 1980. Era uno che non perdeva tempo, sapeva cogliere i rapporti di forza. Ha amministrato in Provincia nel momento di massimo fulgore del Pci. Io all'epoca ero capogruppo. Lui sapeva cosa io rappresentavo e come trattare. In quel periodo si sperimentò la cosiddetta programmazione.
Con i comunisti al governo della Regione Lazio, dopo il 1975, si spinse affinché l’Ente Provinciale assumesse il ruolo di Ente Intermedio fra Regione e Comuni e programmasse  gli investimenti da localizzare nei comuni per le reti fognanti, idriche e di edilizia scolastica. In tempi rapidi facemmo delle scelte precise il cui mediatore fu il Presidente Ferraro".



D. LA FIAT E LA QUESTIONE DELLE ABITAZIONI

R. "L’ arrivo della Fiat a Piedimonte San Germano lo si deve essenzialmente ad una scelta dell’azienda. È nel'69 che decide di venire in Ciociaria. Lo stabilimento si inaugura nel 1972.I dirigenti DC avevano garantito alla famiglia Agnelli tanti anni di "pace sociale" ovvero la mancata sindacalizzazione degli operai. Poi improvvisamente, solo dopo un anno,cogliendo tutti di sorpresa, all’indomani del colpo di stato in Cile, un anonimo operaio, Giovanni Candelaresi, accordatosi con il dirigente di zona comunista Franco Di Giorgio, organizzò una manifestazione di solidarietà con il popolo cileno, spianando così l’ingresso del sindacato in fabbrica.  

L'arrivo della Fiat portò grandi discussioni, ad iniziare dalle questioni delle abitazioni. Anzitutto il discorso era se si dovesse difendere il patrimonio demografico della Valcomino. Ci fu un periodo in cui alla Fiat avrebbero dovuto lavorare oltre 6000 persone. Il dilemma era se far spostare i nuclei  familiari a ridosso di  Piedimonte San Germano, così come voleva la Fiat, oppure chiedere una specifica  politica dei trasporti. Insomma se la DC aveva tutte le leve del potere e poteva decidere anche il PCI aveva un suo progetto, una ipotesi alternativa. Quelli del periodo di Ignazio Mazzoli rappresentano gli anni migliori per il PCI.
 I comunisti erano i fautori della difesa del territorio e volevano che si facessero le case economiche e popolari nei paesi di residenza e che si mettesse mano ai trasporti. Volevano una rete efficiente. La Valcomino era un area colpita dall’emigrazione, ci sarebbe stato un ulteriore spopolamento e impoverimento. In Consiglio Provinciale ne discutemmo tanto. Avemmo come alleati Mariano Fazio, il fratello del governatore della Banca d’Italia Antonio, e Volante, oltre che i socialisti.
La Dc, comunque, ha determinato ciò che abbiamo in Ciociaria, i comunisti volevano una industrializzazione legata all’agricoltura e all’industria di trasformazione ma anche l’università a Cassino.  Volevamo superare il monocentrismo dell'Università La Sapienza di Roma . Il nostro disegno riguardava quella della "Tuscia" a Viterbo e l'Università di  Cassino. Chiedevamo la bretella viaria Fiano-Valmontone e il mercato ortofrutticolo a Fondi
Spingevamo affinchè i comuni si dotassero dei piani regolatori ma non ottenemmo subito grossi risultati. La forza dominante nei comuni erano i geometri, i quali non avevano alcuna volontà di avere cittadine regolate ed erano i fautori di una edilizia diffusa e senza limiti. Quando ho fatto il sindaco ottenemmo tanti risultati: metanizzazione in pochi anni, autonomia delle fonti idriche, case per l’edilizia economica e popolare, Biblioteca, libri gratuiti per gli alunni della media, in comodato d’uso e tanti altri risultati ma l’unica cosa che non riuscimmo a realizzare fu l’approvazione del Piano Regolatore Generale. Tante furono le resistenze che trovammo. Un grande rammarico: se lo avessimo approvato successivamente avremmo  potuto fare anche i piani particolareggiati per il centro storico, trovare i finanziamenti per evitarne lo spopolamento e il decadimento.
Noi comunisti e le altre forze di sinistra siamo stati molto abili, attraverso la legge 167, a chiedere i finanziamenti per il piano di Edilizia popolare. A Ceccano abbiamo costruito un quartiere, il Di Vittorio, con quasi mille unità abitative, contenendo così i prezzi per le abitazioni.
Io ho amministrato quando era forte la presenza operaia e c’era un discreto potere economico delle famiglie. Gli edili che lavoravano a Roma avevano un contratto ben retribuito e nel fine settimana iniziavano a mettere su, pian piano,  le proprie abitazioni. Ma non c'era la cultura dell’ordine urbanistico. Io ho fronteggiato chi voleva l'edificazione diffusa: Ceccano adotterà il piano regolatore solo nel 1988".


D. LA MEMORIA CONDIVISA

R. "Il concetto di Memoria condivisa implica una consapevolezza e una volontà di sintetizzare momenti, racconti, storie che ancora oggi divergono:  è un auspicio. E' fondamentale costruire una memoria non di parte ma veritiera e che si basi sulla documentazione. La memoria è una ricchezza per il presente. Un paese che non ha memoria, che non ha dei punti di riferimento, anche nelle diversità, non ha un futuro".


D. DA LUIGI MASTROGIACOMO A .....LUIGI MASTROGIACOMO

R. Ed allora a proposito di memoria nella storia di Ceccano ci sono due uomini che sono passati alla storia:Luigi Mastrogiacomo e... Luigi Mastrogiacomo.

"Due personaggi legati dallo stesso nome e dallo stesso cognome: entrambi di Ceccano: due figure legate dalla morte cruenta.
Il primo Luigi Mastrogiacomo e’morto alle Fosse Ardeatine per adempiere ad un dovere, non ben riconosciuto, purtroppo, sia dalla famiglia che da ricercatori storici. Per tanti anni si è ritenuto essere caduto per caso in una retata.
( Era il 24 di marzo. Le truppe tedesche uccisero 335 tra civili e militari italiani come rappresaglia all’attentato di via Rasella compiuto dai Gruppi di Azione Patriottica. In quell’attentato morirono 33 soldati tedeschi. L’ordine dei tedeschi fu di uccidere dieci italiani per ogni militare alemanno deceduto a via Rasella)
Dati successivi riconoscono che Luigi Mastrogiacomo collaborava con il gruppo partigiano legato a Montezemolo e fu in grado di portare aiuto a quel tipo di Resistenza, detta impropriamente dei "badogliani"
(Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, di antica famiglia nobile, dopo la caduta del fascismo lavorò a  stretto contatto con il nuovo capo del Governo, il maresciallo Pietro Badoglio: un mese dopo la firma dell’Armistizio  divenne il Comandante del Fronte Militare Clandestino a Roma è una delle figure più importanti della Resistenza nonostante i conflitti con il Comitato Nazionale di Liberazione. Mori anche lui alla Fosse Ardeatine)

"Moglie e famiglia di Luigi Mastrogiacomo ritennero che si trattasse di un grande sbaglio. Ma quando scrissi il  libro " Ceccano ricorda" nel 1990, e raccontai delle Fosse Ardeatine, leggendo la graduatoria fatta da Herbert Kappler tra i prigionieri italiani da eliminare,sulla base della pericolosità, notai come il nome di Luigi Mastrogiacomo fosse in una posizione di grande responsabilità. Poi abbiamo saputo che Kappler si era avvalso della collaborazione di  Pietro Koch. Quando presero Luigi Mastrogiacomo, attorno ad una radiotrasmittente, sul barcone posto lungo il Tevere, andarono a colpo sicuro. Le considerazioni, fatte in questi ultimi periodi, anche grazie a libri sulla stessa banda Koch, ci dicono che Luigi Mastrogiacomo nella Resistenza non è stata una persona che ci è trovata per caso  ma  aveva un ruolo nella trasmissione di notizie, nei collegamenti via radio."
(Pietro Koch sul finire della seconda guerra mondiale, fu a capo di un reparto speciale di polizia della Repubblica sociale italiana, chiamata anche Banda Koch, che operò  a Roma e poi  anche a Milano. La Banda Koch si rese protagonista di torture ed omicidi efferati contro nemici  ed oppositori politici)


D. LUIGI MASTROGIACOMO ED IL SAPONIFICIO ANNUNZIATA

R. "La morte dell’altro Luigi Mastrogiacomo si inserisce, nel secondo dopo guerra, in un contesto di un’aspra lotta  tra ricchi e poveri. Siamo nel maggio del 1962 a Ceccano. Uno sciopero al Saponificio Annunziata per il premio di produzione che veniva chiesto sulla base degli utili avuti dallo stesso Annunziata nel 1961: Circa un miliardo. Gli operai volevano che una parte di quella ricchezza fosse ripartita. Fu uno sciopero ad oltranza  che si dilungò per quasi 50 giorni. Il culmine fu la sparatoria in cui morì Luigi Mastrogiacomo. Una sparatoria che non aveva motivazioni. Dopo le cariche e le manganellate- ricorda Loffredi - delle forze dell’ordine la Polizia inizia a sparare quando davanti alla fabbrica non c’e’ nessuno e quindi non potevano esserci pericoli di assaltarla, così come si provò ad affermare. Non esistono verbali su quel giorno. Non conosciamo nemmeno gli esiti dell’autopsia che poteva chiarire tanto. Il giorno dopo la morte l’esame fu fatto ma il verbale non è mai venuto alla luce. Potevamo ad esempio, sapere quale arma avesse sparato. Ed invece di certo vi e’ che al tramonto di quel 28 di maggio del 1962 Luigi Mastrogiacomo viene ucciso.
 Io all’ epoca avevo 21 anni. Ero un simpatizzante del Pci, fui presente a gran parte delle iniziative promosse dai sindacati. Nel giorno in cui avvenne l’omicidio io ero al campo sportivo di Ceccano, allenavo la società di Atletica Ceccano: ero con alcuni ragazzi. Sentiti i primi colpi, non mi resi conto  cosa stesse accadendo. Successivamente mentre mi dirigevo verso il Saponificio per tornare a casavidi un grande assembramento di persone nei pressi del CRAL, il centro ricreativo aziendale per i lavoratori.  La gran parte della gente stava dentro il CRAL perché la polizia stava lanciando i lacrimogeni. Ad ogni raffica si vedevano cadere foglie dagli alberi. Luigi Mastrogiacomo venne ucciso con un colpo diretto al petto, sotto un platano. Mori  a 44 anni lasciando la  moglie e due figlie.
Lavorava al saponificio Annunziata da un anno. Quel giorno altri dipendenti rimasero feriti con colpi d’arma da fuoco.
"Lo Stato, attraverso il Prefetto – ha scritto lo stesso Loffredi con la moglie Lucia Fabi nel  libro "Ceccano con gli operai del Saponificio
Annunziata"- tento’di piegare il Sindaco di Ceccano,  Vincenzo Bovieri, provando a convincerlo a tenere solo una cerimonia funebre privata.Il motivo era il solito, quello pretestuoso: l’ordine pubblico. Bovieri preferì resistere, senza cedere, e chiese al Prefetto che nessun poliziotto, nessun carabiniere fosse nelle strade di Ceccano. Sarebbero stati gli operai con le loro divise di lavoro, con un bracciale nero al braccio ad assicurare il servizio d’ordine. Parole dette cosi come si dice, a brutto muso.
Terminata la conversazione telefonica, Bovieri, al tramonto, dal palazzo comunale scese al Saponificio, e indossata la fascia tricolore davanti ai cancelli, entro’, consegnando ai guardiani l’ordinanza di requisizione del complesso industriale.
Un atto di giustizia, lo Stato finalmente dopo mesi di servilismo si riscatto’, attraverso la propria cellula fondamentale e il coraggio di un sindaco che dimostro’ di non essere vile e remissivo verso i forti.
Alle ore 10 del 30 maggio un lungo corteo accompagno’ la salma di Mastrogiacomo dalla casa, situata nella zona Pescara, alla chiesa di San Giovanni e poi al Cimitero. Finita la cerimonia religiosa, in Piazza 25 luglio parlarono l’Avv. De Sanctis, a nome dell’amministrazione comunale e il sindacalista Macario, segretario regionale della CISL. Quest’ultimo, fra le altre cose, chiese che la polizia non dovesse essere armata durante i conflitti di lavoro".



D. INDUSTRIALIZZAZIONE

R. "I fatti del Saponificio accadono nel periodo in cui sta per partire la fase dell’industrializzazione in Provincia, poco prima la costituzione del Nucleo di industrializzazione, ideato dal sindaco di Frosinone Armando Vona. I comuni aderenti furono Ceccano, Frosinone, Ferentino.
A Ceccano si vive una situazione particolare: in quel momento c’erano 600 operai al Saponificio Annunziata, centinaia di operai alla B.P.D. in zona Faito, altri occupati nel settore caseario  e poi tanti lavoratori che lavoravano nell’edilizia romana.  
Il treno, o meglio i treni, che trasportavano i mille pendolari rappresentavano il luogo ove si alimentava la lotta di classe.Sul treno si legge e si commenta il giornale " Paese sera " Si descrivono le assemblee che i sindacalisti tengono nei cantieri. Gli edili avevano una grande peso all’epoca. Sono  quelli  prima dei metalmeccanici (1963)  a strappare un  buon contratto. Sul treno, insomma si alimenta cultura di lotta e combattimento.
La prima realtà industriale in Provincia, però, e’ quella di Isola liri: il vero Avamposto della classe operaia.
Nel febbraio 1949 c’era stata l’occupazione delle Cartiere Meridionali per evitare il licenziamento di 300 operai. La tensione era altissima. Il paese intero si schierò con gli operai. Anche in quella occasione ci furono feriti ed un morto. La vittima fu un operaio, investito durante una carica da una  camionetta delle forze dell’ordine.  Aveva 25 anni: si chiamava Tommaso Iafrate.
Le centrali operaie forti sul territorio erano  Isola del Liri e Ceprano. Più a nord, in provincia di Roma, c’era la città di Colleferro, con migliaia di operai del comparto esplosivi.
Nella seconda parte degli anni sessanta progressivamente si sviluppa l’industrializzazione fino a toccare gli indici più alti alla fine degli anni settanta. Io già facevo attività politica. Dal 1970 ero  consigliere comunale e provinciale e segretario della sezione PCI di Ceccano.
I comunisti pur volendo uno sviluppo industriale  chiedevano che fosse collegato all’agricoltura e all’industria di trasformazione agricola. La nostra non era una posizione vincente perché il richiamo dell’industrializzazione era forte. L’industrializzazione senza regole rappresentava la Terra Promessa. Nel 1973 presso l’Amministrazione Provinciale, attraverso una linea concordata con il gruppo socialista e fra questi Cesare Natalizi, riuscimmo ad ottenere una riduzione della superficie prevista per l’industria a favore delle aree agricole, così come era ipotizzato invece dal Piano Regolatore dell’Area Industriale.


D. IL RAPPORTO CON I SOCIALISTI

R.
Dagli avversari ai "cugini" il passo è breve:
"Con i socialisti ho avuto sempre un buon rapporto sia aCeccano con Lellenzo Masi, Matteo Maura, Carlo spinelli, Robero Celenza, Romeo Barletta che in amministrazione  provinciale con Mario Coratti di Monte San Giovanni Campano, Salvatore Fiorini, già sindaco di Isola del Liri e poi vice presidente della Provincia, Massimo Struffi di Arpino, successivamente Presidente e senatore e Gerardo Vacana, ideatore del Premio letterario Valle  di Comino. Con i socialisti riuscimmo a fare una maggioranza di sinistra in Amministrazione Provinciale: fu un periodo breve tra il 1981 ed il 1982. Io creai le premesse dopo undici anni di buon vicinato con i socialisti ma nel momento in cui si determinarono le condizioni concrete venni mandato a fare il sindaco a Ceccano. Per me non era un obiettivo ambito. Accettai per disciplina di partito.Fu un’esperienza esaltante ma anche sofferta perché in quegli anni per i sindaci non esisteva l’aspettativa pagata. Il sindaco doveva seguitare a lavorare e poi trovare i ritagli di tempo per svolgere l’azione amministrativa. Era difficilissimo. Io  potevo avere un’arma: la convocazione della Giunta, anche tutti i giorni,per non andare  al lavoro. Io facevo l'insegnante di educazione fisica alla "Pietrobono" a Frosinone, non volli destabilizzare la scuola e nemmeno rovinare i buoni rapporti con colleghi e gli alunni che aspettavano sempre con gioia la mia presenza.
Tornando alla ripresa dei rapporti con i socialisti ricordo due eventi in particolare: la Festa della Liberazione e il 1 maggio del 1969 a Ceccano. Furono esperienza positive. Il 25 aprile 1969 rappresentò un momento di riappacificazione tra la sezioni comunista e socialista a Ceccano, dopo il grande freddo insorto nel agosto del'62, quando i socialisti lasciarono l'alleanza di sinistra per creare  al comune con la DC ( Francesco Battista sindaco) una delle prime formazioni di centrosinistra in Italia.
 Cosi tra comunisti e socialisti scende il "grande freddo" che terminò con l'iniziativa promossa da giovani comunisti e giovani socialisti in quel  1969. Con il senno del poi mi sento di dire che gli anni che vanno dal 62 al 69 rappresentano quelli dell’ isolamento e della marginalità della sezione comunista.
Nella sezione PCI ci furono divergenze sulle manifestazioni unitarie del 25 aprile e del 1 maggio.  Non piaceva a tutti il rapporto con i socialisti, considerati inaffidabili, altalenanti, ai quali con le iniziative unitarie avremmo ridato una immeritata "verginità". Il gruppo dirigente comunque riuscì a battere queste forme estreme di  settarismo e le manifestazioni si svolsero insieme e senza strascichi polemici.  Quella del 25 aprile, fu la prima che si teneva a Ceccano. Una manifestazione che partì da Piazza XXV Luglio. Depositammo un cuscino sulla lapide del martire Luigi Mastrogiacomo. Lo portò Ignazio Mazzoli, dirigente provinciale del Pci, che non era nemmeno di Ceccano.
Fu in quella occasione che decidemmo che le bandiere rosse dovessero essere sempre accompagnate dalla bandiera tricolore". Una settimana dopo tenemmo la Festa del Lavoro con un lungo corteo di trattori e cittadini che partiva dalla Borgata e risaliva verso il paese.

D. DAI SINDACI DEL PASSATO AL LOFFEDI DI OGGI

R. "Se debbo pensare ai sindaci del passato a Ceccano penso  a Vincenzo Bovieri, primo sindaco del dopoguerra: comunista, antifascista con parecchi ammonizioni da parte del regime. E’ la persona che più di tutte interpreta lo spirito unitario. Non si abbandona a vendette e apre la strada alla ripresa di un dialogo tra le parti.
E' lui che dà il via alla ricostruzione materiale e morale di Ceccano. E' il sindaco della ripresa delle lotte operaie che avevano come punto di riferimento l’istituzione. Fu sindaco in tre occasioni.
Poi il ricordo va ad Aldo Papetti che assicura il passaggio tra la vecchia generazione e la nuova. Con Papetti sperimentiamo il nuovo. Con le amministrazioni di sinistra basate su alleanza comunisti -socialisti avviamo una serie di servizi nelle campagne, le scuole materne la refezione scolastica, il trasporto scolastico e i libri scolatici gratuiti, in comodato d’uso. Inoltre non posso dimenticare il senatore Angelo Compagnoni un leone combattente".


D. CADE IL MURO MA IL PCI ERA GIA’ IN CRISI

R. "La caduta del Muro di Berlino ha esasperato in modo negativo le criticità già esistenti nella vita interna del partito. Già otto anni prima Berlinguer aveva detto che si era esaurita la fase propulsiva nata dalla Rivoluzione di Ottobre. Quelle in Unione Sovietica e negli altri paesi del socialismo realizzato non erano esperienze di crescita,sviluppo e speranza.
Il Pci non è mai stato solo un partito di lotte ma anche di governo: regioni, province e in migliaia di comuni.
Il socialismo realizzato nell’Est, dunque, è imploso, è fallito. L'impressione a quei tempi era che il capitalismo avesse vinto. Si, aveva vinto la battaglia rispetto all’esperienza sovietica. Oggi possiamo verificare che non ha vinto rispetto alle grandi questioni che riguardano la vita di miliardi di cittadini del mondo. Oggi le vicende mondiali non stanno offrendo qualcosa di meglio. Oggi il capitalismo è privo di egemonia, acquista sempre più tratti autoritari, determina  guerre nel mondo, non sa pacificare, minaccia l’ambiente e porta alla nascita di guerre civili è responsabile dello spostamento di milioni di esseri umani.
Il mondo diviso in due blocchi una cosa almeno l’ha garantita: la Pace. È vero che ad Est c’era poca libertà, però quella organizzazione economica arginava le pretese imperialistiche. La caduta di quel mondo ha dato il via libera al neo liberismo senza regole, all’affermazione di egoismi, ingiustizie, miseria e disuguaglianze. Il capitalismo attraverso  il pensiero unico ha scatenato guerre inutili in Afghanistan, Irak, Libia, Siria, Yemen, che oltre tutto non sa  vincere.
La fine del mondo comunista ha bisogno anche di questa altra lettura. Oggi di fronte alla crisi del capitalismo non c è il risorgere di una forza di sinistra. Vi sono esperienze positive Corbin, Malechon,Sanders, la Linke, la sinistra portoghese ma debbono ancora consolidarsi. Sono scomparsi i partiti socialdemocratici e i socialisti di Occidente. Forze che hanno costruito lo stato sociale e sono state un' alternativa al comunismo realizzato ma anche  al capitalismo sfrenato. Manca un'idea di sinistra perché  non si teorizza e pratica  il conflitto e la sua idea intesa come bisogno di crescita e benessere.
 I comunisti all’opposizione ed i democristiani al governo hanno dato a questa Italia, proprio attraverso il conflitto,il migliore stato sociale e la migliore sanità possibile. Oggi alle residuali forze politiche di un tempo manca proprio l'idea per difendere lo stato sociale, il lavoro e prospettare un nuovo mondo. Senza porre alla base della battaglia politica il conflitto sociale, la rappresentanza politica del lavoro, l’attuazione della Costituzione non ci sarà mai alcuna ripresa della sinistra. Le elezioni del 4 marzo lo dimostrano!
Quanto a me - dice Loffredi-  dal 1994 non faccio più parte del Consiglio Comunale di Ceccano. L’assenza da tale importante Istituzione non mi ha fatto precipitare nella rassegnazione,né all’estraneità dalle vicende pubbliche perché il mio impegno si è manifestato attraverso l’attività in varie associazioni:  Ceccano per Ceccano; La Rosa; Per l’Unità del centrosinistra.
Per otto anni sono stato Direttore del   giornale   Verso Il 2000, periodico che ha fotografato i cambiamenti. In questi ultimi anni sto sostenendo attivamente il Coordinamento dell’Acqua Pubblica e l’Associazione Vertenza Frusinate; faccio parte del Comitato Promotore per il sostegno alla proposta di legge regionale sul reddito minimo d’inserimento; sono membro del Direttivo cittadino dell’ANPI; animo con altri il Comitato Spontaneo per la Buona sanità e per la completa realizzazione della Casa della salute di Ceccano. Insomma non mi sono ritirato sotto la tenda come fece il  Pelide Achille.   Ho  scritto tanti  libri ma non ricordo quanti.  L’ultimo, che in queste settimane vado presentando, ha il titolo " Assalto alla salute/12 milioni
d’Italiani senza cura". E’ più che una fotografia delle condizioni esistenti nell’organizzazione sanitaria.
Negli ultimi diciotto anni ho collaborato prima con il giornale elettronico edicolaciociara.it  ed ora con  www.unoetre.it  di cui sono redattore.  Non aderisco a nessun partito e sto dimostrando che si può fare ugualmente politica. Da qualche anno ho realizzato con mia moglie, Lucia Fabi, il sito  www.loffredi.it ove sono pubblicati tutti i nostri libri, scritti sempre aggiornati e ben raccolti per argomento.  Inoltre, sullo stesso, possono essere visti  video e foto di grande interesse. E’ stato ideato non solo per raccogliere e ricordare ma anche per confrontare il passato con il presente. Può aiutare inoltre ad avere un corretto orientamento per chi è interessato alla battaglia delle idee e a quella politica".  


 
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